di Andrea Ferretti
Non ci sono novità sulla brutale aggressione subìta lo scorso 30 ottobre da un giovane di 23 anni a Pagliare del Tronto. Con il volto ancora tumefatto, dopo alcuni giorni, i primi due passati in osservazione al Pronto Soccorso dell’ospedale “Mazzoni” di Ascoli, il ragazzo si è recato nella caserma dei Carabinieri di Monsampolo del Tronto – nella cui giurisdizione c’è anche il territorio comunale di Spinetoli, dove è avvenuto il fatto – per presentare la denuncia di quanto avvenuto qualche giorno prima.
Lui e la sua famiglia si sono ovviamente affidati ad un legale (di Ascoli) e sono in attesa di sapere se ci sono novità sulla “caccia” ai due giovani che a bordo di una moto di colore nero lo affiancarono intorno alle ore 13 di lunedì 30 ottobre – diciannove giorni fa – poco dopo che era sceso dal pullman con cui era tornato a Pagliare da Castel di Lama, dopo una mattina di lavoro.
Un agguato in piena regola che poteva finire molto peggio di come è andata. Il 23enne ha comunque riportato profonde lesioni alla testa per essere stato colpito da uno dei due aggressori, quello seduto dietro al conducente della moto, probabilmente “armato” da un corpo contundente, come confermato anche dai medici che gli hanno prestato le cure in ospedale.
A trasportarlo al “Mazzoni” furono i sanitari giunti sul posto a bordo di un’ambulanza del 118. Ad accorrere, insieme ad altre persone che si trovavano nei paraggi (alcuni avevano anche assistito alla scena) fu anche il padre, che il ragazzo benchè ferito e sanguinante, riuscì a chiamare al telefono. La sua abitazione è poco distante da dove è avvenuto il fattaccio.
Quello che lascia quantomeno perplessi è che non sembrano esserci misteri sul conducente e proprietario della moto, ma ancora non trapela nulla. Le indagini, condotte dai Carabinieri, sono nelle mani della Procura della Repubblica di Ascoli che ha aperto un fascicolo in cui si configura il reato di “lesioni gravi”.
Ma quella moto ancora gira nella zona. Nei classici film polizieschi, quando avvengono episodi di questo tipo, la persona di solito viene fermata e sentita. Poi, magari messa alle strette, ammette le proprie responsabilità e saltano fuori nome e volto, come in questo caso, del complice. E’ questa la speranza del 23enne rimasto ferito nell’aggressione e dei suoi familiari.
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