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Vallevenere, il comitato denuncia: «Vogliono costruire al posto del verde»

ASCOLI - I rappresentanti del neonato ente sono preoccupati: «Esiste un progetto di cosiddetta edilizia compensativa obbligatoria che prevede che tutte le case di Via Po danneggiate dalla frana e poi dal terremoto siano ricostruite in una zona agricola, esattamente di fronte al nostro meraviglioso borgo immerso nel verde». Presto l'incontro col sindaco Fioravanti
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di Luca Capponi 

 

«Abbiamo certezza che esiste un progetto di cosiddetta edilizia compensativa obbligatoria che prevede che tutte le case di Via Po danneggiate dalla frana e poi dal terremoto siano ricostruite in una zona agricola, esattamente di fronte al nostro meraviglioso e tranquillo borgo immerso nel verde».

 

Esordiscono così ad Ascoli i rappresentanti del neonato Comitato di difesa Vallevenere, appena formatosi per scongiurare una presunta edificazione nella frazione situata a pochi chilometri dalla città, in piena campagna. A farne parte, diversi residenti della zona ma anche cittadini sensibili ai temi ambientali. L’intento è di sottoporre al sindaco Marco Fioravanti, a cui il comitato ha chiesto un incontro urgente, una serie di problematiche. E di avere i necessari chiarimenti.

Il terreno al centro della polemica con le abitazioni di Vallevenere sullo sfondo

 

«Nel Piano regolatore tutto questo territorio è zona agricola – spiegano dal comitato – e come potrebbe essere diversamente, visto che lo attraversa un fosso con un torrente e c’è una pendenza di un certo rilievo? Per arrivare qui si sale proprio da Via Po, nel quartiere di Porta Tufilla; a destra, lungo tutta la strada, si snodano casette a due piani non abitate da molti anni, la maggior parte da ben prima del terremoto, perché il terreno sul torrente Chiaro, su cui sono edificate, è franoso. Diverse appartengono a persone decedute, i cui eredi non si sono mai interessati a una loro ristrutturazione. Lo scorso settembre abbiamo appreso che le famiglie proprietarie di queste abitazioni intendono far valere il loro diritto, in quanto terremotati, di avere una sistemazione in una zona di prossimità che sarebbe già stata trovata».

 

«Abbiamo poi avuto certezza che esiste un progetto di cosiddetta edilizia compensativa obbligatoria che ha individuato un terreno esattamente di fronte al nostro piccolo borgo – è la prosecuzione – fermo restando il diritto delle famiglie che hanno perso la loro casa (e che oggi usufruiscono dei fondi del terremoto) di rientrare in possesso di una abitazione in prossimità del luogo in cui vivevano, si chiede come mai per risolvere questo problema l’unica soluzione trovata è la trasformazione di un terreno agricolo in uno edificabile, con conseguente consumo di suolo? Perché si tratta con certezza di consumo di suolo, in quanto quando le case saranno abbattute il terreno su cui poggiavano non sarà trasformato in terreno agricolo e pertanto non si può parlare di edilizia compensativa».

Stessa visuale ma dall’angolazione opposta

 

«Come mai – continuano i rappresentanti del comitato – non sono stati presi in considerazione altri terreni vicini come ad esempio quelli edificabili a fianco dello svincolo della strada che porta alla scuola Cantalamessa? Sono terreni in piano, assai più adatti all’edificabilità. Il costo probabilmente sarebbe maggiore ma i fondi per il terremoto sono cospicui e i vantaggi sarebbero molteplici: nessun consumo di suolo, la salvaguardia degli interessi dei cittadini di Via Po ma anche di quelli di Vallevenere, che sarebbero molto penalizzati dalla realizzazione di un villaggio di 20 famiglie laddove ci sono terreni verdi, fino a tre anni fa coltivati. E molto silenziosi».

Il terreno è stato delimitato

 

«Una delocalizzazione richiede analisi approfondite relative a dove ricostruire – affermano ancoraè possibile che non si siano presi in considerazione altri siti, sia in possesso del Comune, sia in condizioni di degrado e quindi da valorizzare, realizzando un duplice vantaggio? Citiamo solo a titolo di esempio (ma ce ne sono molti altre) la zona di Porta Cappuccina, vicino alla chiesa di San Bartolomeo, in cui c’è un grande orto in mezzo a edifici di sei piani. E poi, visto che molti degli aventi diritto alla casa non sono più residenti in zona da tempo o sono eredi, quindi non interessati alla delocalizzazione, è stata esplorata la possibilità di ristorare queste persone a livello economico e fornire l’abitazione solo a coloro veramente interessati ad averla?».

 

«Come si può anche solo lontanamente immaginare di effettuare un consumo di suolo, fenomeno ormai considerato una bestemmia da tutti coloro che hanno una minima cultura ambientalista, in una città in cui il crollo demografico è ormai inarrestabile, visto che oggi siamo a poco più di 45.000 abitanti quando solo nel 2010 superavamo i 51.000? – è la conclusione del comitato – Come mai è stato scelto per la realizzazione del progetto proprio un terreno di proprietà di un costruttore? Siamo certi che il sindaco Fioravanti saprà rispondere a tutte le nostre domande. Del resto, la sua cultura ambientalista è esplicitata nel suo libro “Noi siamo l’ambiente”, in cui è scritto: “Dobbiamo tornare a vivere e ad apprezzare i benefici del verde, anche all’interno del contesto urbano”. Noi di Vallevenere abbiamo questo privilegio, e lo difenderemo con determinazione. Chiunque vuole può contattarci alla mail comitatodifesavallevenere@gmail.com».


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