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Non le concedono l’aspettativa, si licenzia: la scelta di un’infermiera del Piceno tra lavoro e famiglia

UNA STORIA come tante, ma emblematica di come richiede più coraggio il farsi da parte, piuttosto che rincorrere a tutti i costi le proprie ambizioni. Ma questo non desta scalpore, come le dimissioni del primario di Ortopedia Remo Di Matteo, confermate dal primo aprile. Sulla professionista, Pelosi (Nursind): «Una vicenda che invece merita una riflessione»
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di Maria Nerina Galiè

 

Un 8 marzo “amaro” per un’infermiera dell’Ast picena che ha deciso di licenziarsi per necessità familiari.

Con contratto a tempo indeterminato, in un’azienda dove in molti che erano in fila per un posto di lavoro stabile ed hanno esultato di fronte alle recenti assunzioni, c’è stato chi, su due piedi, ha lasciato tutto.

L’infermiera non aveva scelta, per essere arrivata a tanto e non a cuor leggero, di fronte ad esigenze che le si sono create per la gestione di un figlio di poco più di un anno.

La donna a fine 2023 aveva chiesto l’aspettativa senza remunerazione per 12 mesi per motivi familiari. L’azienda non gliel’ha concessa come del resto era nelle sue facoltà. Tuttavia ha provato ad andare incontro alle esigenze della dipendente, offrendole un contratto part time.

Ma per l’infermiera questa non era una strada percorribile e risolutiva.

Ha riprovato con la domanda di aspettativa per “educazione e assistenza dei figli fino al sesto anno di età”. Anche questo è uno strumento previsto dalla normativa, può arrivare fino a 170 giorni, ma l’accettazione è sempre a discrezione del datore di lavoro.

Al secondo “no” (la lecita motivazione del diniego è stata per “esigenze di servizio“), l’infermiera ha dato le dimissioni.

Maurizio Pelosi

«Quanto accaduto merita una riflessione – afferma Maurizio Pelosi, segretario territoriale del sindacato Nursind, al quale la donna si è rivolta nelle varie fasi, per capire come uscire dall’impasse – proprio nel giorno della Festa della donna e in un’azienda dove le donne, molte delle quali mamme, ricoprono la maggior parte dei ruoli, compresi quelli apicali.

Avrei potuto capire se l’Ast, potendolo fare, si fosse data come linea guida quella di non concedere aspettative. Nel 2023 invece ne ha invece permesse circa venti a infermieri, oss, ostetriche e dirigenti medici. Diverse richieste, accontentate, erano state fatte proprio per motivi familiari.

Stavolta invece non c’è stato verso per l’infermiera in questione. Non c’è stato nemmeno il tentativo di contrattare un periodo minore, anche di pochi mesi. Nel frattempo magari lei trovava una soluzione alle sue esigenze».

Quindi l’infermiera si è licenziata.

Remo Di Matteo

La sua storia è una storia come tante e che non farà scalpore.

Però, nel giorno della Festa della donna, è emblematica di come a volte è necessario guardare “nella mischia” e non solo verso chi ha centrato l’obiettivo più alto.

Difficile pensare che per la mamma infermiera si muoveranno politica e comitati cittadini come accaduto per il dottor Remo Di Matteo (tanto per restare in ambito sanitario), direttore di Ortopedia dell’ospedale “Madonna del Soccorso” di San Benedetto, che il 2 gennaio ha dato molto di cui parlare e “profetizzare”, annunciando le dimissioni, confermate a partire dal primo aprile.

Le motivazioni alla base di simili decisioni sono sempre personali, insindacabili e da rispettare.

Inoltre, non è da farne una questione di disparità tra uomini e donne, come nemmeno occasione per additare la Sanità locale, che in tanti aspettano al varco ad ogni mossa o sbagliata.

E’ più una diversa percezione dell’importanza dei ruoli: vuoi mettere un’infermiera con un primario? Poi da pochi giorni di infermieri ne sono stati stabilizzati 52. Si potrebbe quindi dire: “Uno in più o uno in meno, poco cambia, vai a trovarli invece 50 medici, e di spessore, di questi tempi”.

Eppure, sono proprio gli infermieri a mandare avanti la Sanità, come gli operai la grande azienda, i commessi il supermercato. Non sono numeri, ma il loro turn over non crea scompiglio.

In tanti sono donne che hanno preferito carriere meno brillanti per dare più spazio ai figli. E, sì, hanno esigenze diverse degli uomini. Ma non per questo sono meno efficaci o necessarie nella catena produttiva.

Si vuole celebrare la donna, l’8 marzo? Ebbene, si parta guardando le loro “piccole” esigenze, le guerre che combattono ogni giorno, i passi indietro preferiti ai balzi in avanti, le scelte che fanno per amore e non per ambizione, carriera o soldi.

Il coraggio, a volte, sta proprio nel mettersi da parte.


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