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Bocciato in prima elementare, la sentenza del Tar arriva dopo il diploma: risarcito

DALLE MARCHE – Nel 2010 un bambino di Civitanova aveva perso l’anno, i genitori avevano fatto ricorso e avevano ottenuto la sospensiva del Tar che ha consentito la prosecuzione degli studi. Ma la sentenza definitiva è arrivata 13 anni dopo. Da qui il ricorso in Corte d’Appello (assistito dalle avvocate Letizia Murri e Valeria Piantoni). Gli sono stati riconosciuti 6.000 euro per irragionevole durata del processo
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L’avvocata Letizia Murri

di Gianluca Ginella

 

Bocciato in prima elementare, prosegue gli studi grazie alla sospensione del Tar che 13 anni più tardi, quando il ragazzo è ormai diplomato, emette la sentenza di cessazione della materia del contendere. Il giovane, un civitanovese, ha fatto ricorso alla Corte d’appello e ha ottenuto un risarcimento di 6.000 euro per l’irragionevole durata del processo. Tutto era cominciato nel 2010 quando il ragazzo era stato bocciato in prima elementare.

 

I genitori, assistiti dagli avvocati Letizia Murri e Luisella Cellini, avevano fatto ricorso al Tar che aveva fatto un provvedimento cautelare di sospensione della non ammissione alla classe successiva. Proprio grazie a questo il bambino aveva continuato gli studi (con l’incertezza della pronuncia definitiva del Tar). E mentre lui era impegnano con i libri al Tar nulla si muoveva nonostante le istanze delle avvocatesse dei genitori. E così anno dopo anno il bambino è cresciuto, ha finito le elementari, poi le medie, si è iscritto alle superiori e alla fine si è diplomato. Il tutto mentre per la sua vicenda il tempo della giustizia è rimasto praticamente fermo al 2010 quando c’era stata la sospensiva (salvo un’udienza intermedia nel 2017 o 2018 in cui si chiedeva se fossero interessati alla pronuncia di merito.

 

Le lancette hanno ripreso a girare nel 2023 quando a dicembre il Tar si è pronunciato con una sentenza che «non poteva che essere di cessazione della materia del contendere», dice l’avvocata Letizia Murri. Il ragazzo, ormai ventenne, ha poi deciso di fare ricorso, assistito dalle avvocate Letizia Murri e Valeria Piantoni, alla Corte d’appello di Ancona perché gli fosse riconosciuto un equo indennizzo per l’irragionevole durata del processo. Questo in base alla legge Pinto che prevede che i giudizi di primo grado dovrebbero esaurirsi in un tempo non superiore ai tre anni. Lunedì scorso la Corte d’appello di Ancona ha ritenuto ammissibile la richiesta del giovane (anche alla luce delle istanze che negli anni avevano fatto i genitori al Tar).

 

Alla fine la Corte d’appello ha deciso per un risarcimento di 6.000 euro per il giovane, calcolando 600 euro per ogni anno di ritardo «oltre alla refusione delle spese di lite, con ingiunzione di pagamento a carico del ministero dell’Economia e delle Finanze – dice l’avvocato Murri -. Il Tar Marche aveva reso giustizia alla famiglia nel 2010, sospendendo l’efficacia di una bocciatura abnorme, in prima elementare, di cui ravvisava l’illegittimità, consentendo così all’alunno di iscriversi alla classe successiva e di proseguire regolarmente nel suo percorso di studi. Poi per anni la spiacevole ed ansiogena incertezza circa l’esito del procedimento, risolto solo nel dicembre scorso».


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