Roberto Diabolik Angelini
di Walter Luzi
Fra i miti più popolari dell’estate sambenedettese figura, di diritto, anche quello di Diabolik. Un mito lungo cinquant’anni. Roberto Angelini all’anagrafe, un nome che a molti può dire anche poco, è da vent’anni il bagnino del Medusa. Non solo smart lunch e hosting di spiaggia, sushi e serate eleganti, Medusa è il top. Lo chalet più bello e fotografato della riviera delle Palme. Una location così prestigiosa non poteva avere che lui, leggenda vivente di bellezza e fascino sempreverdi nonostante lo scorrere delle tante estati, fra i suoi grandi ombrelloni bianchi e i suoi maxilettini con il baldacchino. In principio, da ragazzino, fu soprannominato dagli amici Ciombè, come il famoso primo ministro congolese degli anni Sessanta, perché, stando sempre al sole, era nero come lui per quasi tutto l’anno. Crescendo poi, maturando, l’attaccatura stempiata dei capelli neri sempre tenuti cortissimi, il taglio degli occhi dal raro colore, il fisico imponente, lo resero praticamente identico all’implacabile personaggio dei fumetti creato dalle sorelle Giussani nel 1962. Diabolik.
Una delle prime copertine del fumetto Diabolik
Un soprannome che si porterà cucito addosso per sempre. Che lo renderà unico e inconfondibile. Furono le ragazze del tempo a ribattezzarlo così. Perdutamente affascinate da questo sosia del criminale spietato e inafferrabile dei giornaletti, materializzatosi sulla riviera sambenedettese in un bellissimo giovanotto, dall’animo semplice, e sempre gentile. Persino timido. Nonostante lo sguardo magnetico. Il volto da star del cinema naturalmente predisposto al sorriso, alla discreta socializzazione che presto diventa confidenziale. E, quasi sempre, caldo feeling. Inconsapevole, o meglio, quasi indifferente, al successo crescente che riscuote per le sue doti, fisiche sì, ma, soprattutto, umane, fra il gentil sesso.
Negli anni Settanta è già nato il suo mito nella San Benedetto, beach ma anche night, di quell’epoca fantastica e irripetibile. Frotte di donne di ogni età che lo fermano sul bagnasciuga solo per poterlo conoscere di persona, salutare con calore, o per poter scattare in bella posa al suo fianco una foto ricordo. Non si chiamava ancora selfie, rito narcisistico ed abusato dei giorni nostri ad uso e consumo bulimico dei social, la si poteva guardare solo dopo averla stampata su carta, magari settimane dopo, ma si custodiva con la gelosia riservata ai segreti più cari, e si riguardava con la stessa nostalgia per una vita intera. Spesso il ricordo più bello delle vacanze passate in questa tranquilla cittadina di mare, dove si tornava sempre volentieri. Anche per ritrovare, ogni estate, il sorriso irresistibile di quegli occhi verdi fra gli ombrelloni.
Quattro fratelli e quattro sorelle
Roberto è nato in Sicilia, a Messina, e anche questo avrà influito di certo sulla già evidentemente felice congiunzione astrale, ma torna nel Piceno a neppure un anno di vita. Quarto di otto figli. I suoi genitori, Pasquale e Fernanda Colletta, entrambi originari di Castel di Lama, si sono trasferiti lì per il lavoro del papà nelle Ferrovie dello Stato. Fernanda è la figlia di Francesco, lu Schì, valente sarto e rappresentante delle macchine per cucire della Singer. Famiglia numerosa e felice quella in cui cresce Roberto. Pasquale, che se ne va troppo giovane, e Fernanda infatti, non fanno passare mai più di un anno e mezzo fra l’arrivo di una cicogna e l’altro. Nascono così, nell’ordine, Emidio, Maria Grazia, Rossana, Roberto, il futuro Diabolik, nel marzo del 1956, e poi Paolo, (che si trasferirà presto per lavoro nel Veneto, ma prezioso ad aiutarci nel riportare alla luce tanti ricordi condivisi con il fratello maggiore) Loriana, Lucetta e Massimo. Legami di sangue che resteranno forti per sempre. Infanzie e adolescenze vissute nel calore di tanti affetti autentici e inestinguibili. La famiglia Angelini va a stabilirsi subito a San Benedetto, dove ancora oggi è nota e stimata, che in quegli anni sta cominciando a votarsi decisamente al turismo di massa. Roberto, che per gli studi non è davvero portato, li molla subito. La licenza Media riuscirà a prenderla solo anni dopo, durante il servizio militare di leva. Farà, in compenso, mille lavori. Tutti pesanti. Dove può esaltare la forza del suo fisico, già notevole, incisa nel proprio dna.
Roberto alias Diabolik da giovane
Facchino di ogni tipo di merce, mobili compresi, operaio in una ditta tessile che confeziona jeans iconici, autista di automezzi pesanti. Per la locale industria del freddo Marconi scarica dai camion verso le celle frigorifere quarti di bue congelati portandoseli sulle spalle. Da ferraiolo in edilizia andrà a costruire autostrade persino in Arabia Saudita. Diciotto mesi di servizio militare, prestato in Marina a Roma, gli apriranno la visione metropolitana del mondo e della dolce vita nella capitale. Neanche maggiorenne, a San Benedetto, per tutti, era già diventato, inequivocabilmente, Diabolik.
Diabolik senza la maschera
Playboy suo malgrado
La prima esperienza di bagnino la fa, poco più che ragazzino, allo chalet La Siesta. Quindi, negli anni successivi, lascerà la sua impronta anche Da Andrea, al Federico e al Kontiki. In autunno e in inverno lavora come autista di camion e facchino per i relativi carichi e scarichi, ma ai primi tepori primaverili lo trovi puntualmente già al mare, a prepararsi per la nuova stagione balneare. Sorriso ammaliatore, suo malgrado, sempre smagliante. Fisico, dono generoso di madre natura, già abbronzato. Rinvigorito non da noiose sedute di allenamento in palestra, ma dalle dure fatiche lavorative invernali. Ma ora è arrivata l’estate. La sua stagione preferita. Gli chalet, come gli alberghi e il centro, tornano a riempirsi di villeggianti. Quattro mesi di fuoco lo aspettano in una attività frenetica che ti concede poche pause. Ma a lui questa vita, pur stancante, piace tantissimo. Non è mai stato un ragazzo che passa inosservato. Tutt’altro. Le donne, si sa, in questi casi hanno l’occhio lungo. E fiuto. A lui, poi, piacciono molto. E lui piace a loro. Ma di più.
«Anche se può non sembrare – confessa Diabolik – io sono stato, e sono ancora, molto timido. Anche quando ero giovane non sono mai andato a rompere le scatole a nessuna donna, non mi sono mai proposto, o vantato mai di niente. L’abbordaggio in piena regola, il primo passo per passare un dopo cena insieme, lo facevano sempre loro, le villeggianti. Penso proprio di essere stato sempre io la preda da… conquistare, e mai …il cacciatore».
Negli anni Ottanta
Al largo sul pattino
Paolo, di solo un anno più giovane, meno bello, ma certamente non meno brillante del più famoso e celebrato fratello, conferma tutto: «Quando da ragazzi passeggiavamo insieme sulla battigia – ricorda – lui camminava sempre a testa bassa. Era timidissimo, ma le ragazze accorrevano in gruppetti dalle loro sdraio sotto gli ombrelloni per poter conoscere di persona il mitico Diabolik. In quei bellissimi anni della nostra gioventù – ricorda – sulla nostra riviera scendevano tantissimi gruppi di turiste dalla Germania, dall’Austria e da tutto il nord Europa. Bellissime, libere sotto tutti gli aspetti, anche dai tabù, e con tanta voglia di divertirsi nella loro, a lungo attesa e sognata, vacanza italiana. Quando c’erano molte “richieste” per lui spesso era difficile… gestire il traffico, e così, molte volte, mi toccava dargli una mano…».
Insieme con Diabolik hanno così avuto la fortuna di vivere, da protagonisti, e dal vero, le scene di commedie all’italiana di successo viste al cinema o in tv. Le uscite in pattìno per arrivare al largo, dove, per gli stessi motivi, c’era, in verità, un gran traffico, pur di sfuggire, lontano, a sguardi indiscreti. Ai binocoli spianati, anche, degli immancabili guardoni pettegoli delle prime file. Prime volte consumate con chi ne sa più di te di queste cose, e ti aiuta a superare timidezza, e le vistose imbranataggini da palese inesperienza. Sapore di sale, e attimi inebrianti di intimità rubati sulla via di una emancipazione, anche sessuale, ancora di là da venire alle nostre latitudini. Che sconcerta, per primi, anche questi giovanottelli provincialotti ancora all’antica. Abituati, fino a pochi mesi prima, a divertirsi in spiaggia giocando con la corsa delle biglie di vetro sulle piste scavate nella sabbia. Abili con le cerbottane a scagliare i missiletti confezionati con la carta e la saliva. Gelosi dei loro “bicchieretti” metallici delle bibite schiacciati con cui giocare, delle loro raccolte di figurine Panini, e ora insidiati da bellissime disinibite, sfrontatamente noncuranti anche dei commenti più velenosi dei benpensanti. I tormentoni musicali estivi che si succedono, anno dopo anno, e che accompagnano giornate e nottate indimenticabili. Fantastiche. Irripetibili. Vamos alla playa. La pazza idea di signore nordiste annoiate in cerca di una tintarella di luna da non dimenticare facilmente. Che a una settimana di relax al mare non chiedono solo bagni, tuffi e abbronzatura. Che mettono a nanna presto, la sera, figli piccoli e suocere al seguito per regalarsi qualche ora di sana trasgressione. Pomeriggi lunghi e sempre azzurri. Batticuore, accoccolati ad ascoltare il mare, che ti fanno sentire davvero come figli delle stelle.
Con il fratello al Medusa oggi
La capitolazione
Alle soglie del mezzo secolo di vita arriva la capitolazione. Diabolik prende moglie a cinquant’anni. In famiglia era rimasto l’unico a non essersi ancora sposato. L’ultimo ad non aver ancora trovato la donna della vita. E dire che il ventaglio della scelta di una eventuale, potenziale, anima gemella era sempre stato, in ogni tempo, amplissimo. Le “candidature” avanzate per diventare la signora Angelini, meglio sarebbe dire la lady Diabolik, per assumere l’impegnativo ruolo della Eva Kant della Riviera delle Palme, innumerevoli. Anche le pressioni dei tanti famigliari, soprattutto della sua mamma, in questo senso, non erano mai mancate.
«Sei la pecora nera della nostra famiglia – lo rimproverava l’anziana madre – ti decidi o no a sistemarti anche tu con una brava donna?…».
I fratelli e le sorelle di Diabolik riuniti per la festa dei 90 anni della mamma
Ma lui, innamorato principalmente della propria libertà, aveva sempre tenuto duro. Resistito stoicamente ad ogni proposta di relazione sentimentale “ufficiale”, seria, come si dice. Forse anche scettico di poter diventare, un giorno, un compagno fedele, certo di non sentire prepotente dentro di sè, indispensabile in questi casi, la vocazione di marito. Almeno fino a quando nella sua vita non arriva Rita.
La scintilla
In quel periodo fa il buttafuori allo chalet Da Andrea con un carnet di appuntamenti galanti, tanto per cambiare, particolarmente ingolfato. «L’ho conosciuta all’ingresso di quel locale – ricorda Diabolik – presentati da una amica comune che l’aveva già ben messa in guardia sulla mia fama e consigliandole, per il suo bene, di starmi lontano. Lei le aveva risposto di non preoccuparsi per questo, in fondo voleva solo conoscermi, e niente di più. Ciao. Ciao. In effetti sembrava proprio finita lì. Invece mesi dopo, ci siamo risentiti. E poi rivisti. Una volta, poi un’altra, e poi un’altra ancora. Con lei, per la prima volta nella mia vita, era scattata la scintilla…».
Temeraria questa donna, che sfida in campo aperto il primo dei maschi alfa della città, re riconosciuto degli scapoli più impenitenti e navigati, ben sapendo di rischiare grosso. Ma in amore, se vale davvero la pena, certi rischi vanno sempre corsi. E Rita riesce, alla fine, dove tutte le altre avevano fallito. Si sposano, dopo cinque anni di frequentazione, ormai quasi vent’anni fa.
Diabolik con la moglie Rita
«Mia moglie è una donna meravigliosa, e di grande intelligenza – commenta sincero Diabolik – lei è una impiegata amministrativa scolastica, e non ha mai messo paletti alle mie attività lavorative. D’altronde, a condizioni diverse, forse non mi sarei mai sposato. E’ gelosa ovviamente, come ogni donna, ma non mi ha mai imposto out out. In quasi venticinque anni di relazione non abbiamo mai litigato. Non è cosa da poco di questi tempi».
Hanno rinunciato ad avere figli per scelta.
«Ho fatto per tanti anni il buttafuori – confessa – e ne ho visti troppi di giovani e giovanissime sballati nei locali. Sono vecchio, e ho smesso pochi anni fa, ma il mondo è cambiato. I giovani di oggi, ragazzine comprese, rispetto al passato, sono molto più irrispettosi, maleducati e, soprattutto, violenti. Ho detto basta».
Bagnino e gentiluomo
Quella che non viene mai meno invece, nonostante il susseguirsi delle stagioni, è la sua fama di antico conquistatore, di bello irresistibile. Invidiato da legioni di brutti senza rimedio, e modello inarrivabile per le folte schiere di eterni sfigati, di inappetibili senza speranza che non sono mai riusciti a rimorchiarne una in vita loro. Perchè la classe, anche in questo campo, non è acqua. Fighi si nasce. Ma lui, Diabolik, il Califfo del Piceno che ha salvato l’onore di tutti i bagnini marchigiani contro lo stereotipato strapotere romagnolo nel settore, ci fa coraggio.
Diabolik oggi
«Con le donne – ci rincuora – più che la bellezza contano la bontà d’animo e la gentilezza. Il rispetto e la simpatia. La sincerità soprattutto. Mai giocato con i sentimenti di nessuna. Mai mentito a nessuna sulla natura delle relazioni che si andavano instaurando. Fieri, anche da giovanissimi, di una etica che doveva preservare tutti dall’insorgere di sentimenti che non avrebbero potuto mai, per forza di cose, avere sbocchi».
È il destino di quasi tutti i flirt di una estate. Passioni che divampano per desiderio smanioso di cogliere quel delizioso attimo fuggente, o, magari, anche solo per capriccio. Sfizio di una vacanza, follia di una notte, che non possono permettersi il lusso di avere anche un futuro, oltre al dolce ricordo, che spesso può accompagnarti per una vita intera. Quando i tantissimi vecchi amici si fermano a salutarlo al Medusa, e decantano ai più giovani il suo passato di latin lover, le gesta della sua gloriosa epopea, lui si schermisce. Diabolik svicola. Glissa. E arrossisce ancora. Come davanti ai primi complimenti delle donne di cinquant’anni fa.
Sulla sua spiaggia dello chalet Medusa
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