di Maria Nerina Galiè
Diritti e doveri ha ricordato la dg di Ast Ascoli Nicoletta Natalini, parlando del ricorso presentato dall’avvocato Alessandro Angelozzi per conto di Germana Messina, che in un solo colpo si è vista negare il lavoro agile, di cui usufruiva per accudire il figlio affidatario disabile, e assegnare ad altra direzione dopo 24 anni di servizio come assistente sociale ospedaliera.
A decidere le sorti della professionista, la decadenza della legge sullo smart working e la nuova organizzazione aziendale che ha istituito (in ragione del Pnrr) le Centrali operative territoriali ed il Punto unico di accesso alle strutture sanitarie, che fanno capo al Distretto di Ascoli e gestiscono dimissioni difficili e situazioni di rilievo socio-sanitario.
Ora, se le richieste di Germana Messina sono legittime (per la legge 104), saranno i tavoli preposti a stabilirlo, visto che ormai la vicenda ha preso la via legale.
Ma il punto è un altro: per 16 anni il lavoro non è stato ostacolo del ruolo di caregiver per Germana Messina e viceversa. La professionista ha portato avanti il suo impegno lavorativo ricevendo anche degli encomi dai suoi superiori. «Ed ora viene messo tutto in discussione: è questo che mi fa stare male – le parole di Germana Messina – io non mi sono mai sottratta al dovere e, potendolo fare, ho usufruito delle “agevolazioni” proprio per non assentarmi, per essere sempre presente per chi ne avesse bisogno. E, nello stesso tempo, ho potuto occuparmi di mio figlio Elia».
LA STORIA DI ELIA – Elia è nato nel 2008 all’ospedale “Mazzoni” di Ascoli, da genitori cinesi. Fin da subito è apparso chiaro che la sua vita non sarebbe stata facile: aveva importanti deficit fisici e mentali e già si sapeva che sarebbero state tante le cure per un’aspettativa di vita incerta. I suoi genitori non lo hanno riconosciuto, lasciandolo solo nel reparto materno infantile. In questo caso, come in tanti altri, il sistema sanitario italiano si è attivato con l’assistente sociale, Germana Messina appunto, che si è prodigata in tutti i modi per assicurargli una famiglia che se ne prendesse cura con amore.
«Più volte sembrava cosa fatta – racconta la Messina – ma sul dunque i potenziali genitori si sono tirati indietro. Più passava il tempo più mi affezionavo a quel piccolo che nessuno voleva. Sarebbe morto senza un’adeguata assistenza.
L’idea di prenderlo io è diventata concreta, come in un percorso naturale. E da allora non l’ho più lasciato».
Una storia che ha destato commozione all’epoca, tanto che nella festa di benvenuto del piccolo, nella nuova famiglia, una scrittrice sambenedettese ne è stata ispirata per scrivere una poesia.
IL NUOVO “LAVORO” – Oltre alla perdita del lavoro in smart, nella nuova assegnazione alla Cot, rispetto alla Dmo, le si chiede di stare al front office, di recarsi nelle case dei pazienti e nelle Rsa, dislocate anche a diversi chilometri di distanza.
«Per la patologia di Elia che si è aggravata nel tempo – spiega la Messina – io non posso stare a contatto diretto con le persone, è immunodepresso adesso e potrei arrecargli danno. Io e lui viviamo da soli, in un’altra abitazione, seppure io sia coniugata ed ho un’altra figlia».
Nella risposta al ricordo dell’avvocato Angelozzi, l’Ast afferma di non ravvisare illegittimità né cambio di mansioni, assegnando l’assistente sociale ad altra direzione.
«Ma questo non è vero – precisa la Messina – le mansioni cambiano da servizio a servizio».
La dg Natalini, parlando dell’assistente sociale, ha affermato di riconoscere in lei un grande cuore, nell’essersi presa cura del bambino. «Ho sempre messo il cuore oltre che le competenze nel mio lavoro – tiene a sottolineare Germana Messina – lavoro che amo e nel quale ho dato e so di poter ancora dare molto. Invece, adesso, vedo svilita la mia figura professionale, come se tutto quello fatto prima non contasse più nulla.
Il nuovo ordine di servizio mi è arrivato quando ero a Roma, per l’ultimo intervento di Elia, quando ha rischiato la vita. Nemmeno la delicatezza di aspettare che le cose migliorassero.
Anni di impegno, dedizione, amore per il lavoro, ridotti a norme e direttive aziendali.
Non contano più nulla competenze, esperienza e attaccamento al lavoro».
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