di Luca Capponi
Esistono oceani silenziosi di dolore che nessuno conosce, nessuno immagina, con cui nessuno prova neanche lontanamente a empatizzare. Perché certe cose sono scomode, dure, faticose. Meglio riempirsi la bocca di parole, allora. Spesa minima e resa all’apparenza massima. Ma chi nuota in quell’oceano resta comunque solo con le sue voragini.
Lo sfogo che ci giunge oggi è di quelli per certi versi drammatici, a cui non possiamo non dare il giusto spazio ed il giusto risalto. Arriva da una famiglia ascolana, dove vivono due bambine autistiche. Al centro della questione, il fatto che da qualche tempo i bimbi con disabilità non possono posticipare il loro ingresso alla scuola elementare come si faceva fino a pochi mesi fa (previo parere dei terapisti e richiesta dei genitori ) e trascorrere un anno in più alla scuola dell’infanzia: è arrivata una legge nazionale, infatti, che lo impedisce.
«Accettare la disabilità di un figlio è già un dramma, a cui si susseguono visite, preoccupazioni, burocrazia, istituzioni assenti, liste di attesa, terapie di cui molte sono a pagamento: è un’odissea senza fine, nessuno ci supporta in questo sistema che non tutela le persone fragili», è l’amara considerazione iniziale.
«Molti sanno che a scuola ci sono i bimbi col “sostegno”, pochissimi sono a conoscenza del travaglio che i bimbi e le famiglie sono costretti a subire- continuano i genitori delle due bimbe -. Un esempio palese è che fino allo scorso anno si potevano fermare alla scuola dell’infanzia i bimbi con disabilità; un anno in più per crescere, raggiungere gli obiettivi che i compagni hanno già raggiunto senza problemi, un anno in più di speranza per le famiglie».
Conseguenze: sbattere contro un muro di gomma, lottare e venire rimbalzati all’infinito fino a perdere voce e speranza.
«La scorsa estate hanno deciso che questo non si può più fare – è la prosecuzione -. Quello che per molti può sembrare una piccolezza è devastante per le famiglie e depriva i ragazzi del diritto di crescere con i loro tempi che hanno tutti, in special modo i bambini con disabilità. La scuola e l’azienda ospedaliera fanno muro di fronte ad un bisogno fondamentale perché lo dice la legge e i genitori sono soldatini con le armi spuntate che non sanno più a che santo votarsi».
«Resta solo il dolore, il senso di inadeguatezza e ingiustizia al pensiero che un bimbo possa restare in corridoio o in una stanzetta con l’insegnante di sostegno mentre gli altri fanno lezione. Questa non è inclusione», concludono i genitori. Gli stessi che a forza nuotare in quell’oceano, iniziano ad accusare fatica e scoramento.
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