“Lanterne Archivistiche”, sulle tracce dei Promessi Sposi

ASCOLI - Penultimo appuntamento del ciclo di incontri dell'Archivio di Stato incentrato sul rapporto tra io filoso Carneade e il popolare romanzo di Manzoni. In cattedra monsignor Federico Gallo, canonico del Duomo e direttore della Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano
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di Filippo Ferretti 

 

Un appuntamento per sottolineare l’importanza degli archivi storici, non come semplici depositi di documenti ma soprattutto custodi silenziosi di storie, identità e riflessioni sul nostro passato. Con queste premesse, si è dato vita al penultimo appuntamento del ciclo di incontri denominato “Lanterne Archivistiche”, che ha visto affrontare presso la sede dell’Archivio di Stato un tema molto interessante, incentrato sulla presenza di un filosofo greco del III secolo a.C., tra le pagine de “I Promessi Sposi”.

La conferenza

 

L’incontro, che ha visto come relatore monsignor Federico Gallo, canonico del Duomo e direttore della Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano, ha permesso di invitare i presenti ad avere consapevolezza di come la memoria documentale possa avere un peso importante nel prosieguo della nostra vita, sino a diventare il confine tra ieri e oggi. Un’occasione per scoprire come il passato possa plasmare il futuro e che il vissuto delle persone e i vari frammenti della cultura siano destinati ad intrecciarsi.

 

Lo studioso e ricercatore milanese ha posto la sua attenzione sulla frase che apre l’ottavo capitolo dell’opera di Alessandro Manzoni, “Carneade: chi era costui?” pronunciata da Don Abbondio mentre ha un libro tra le mani e attende l’arrivo di Renzo e Lucia. Durante la sua relazione Monsignor Federico Gallo, prima si è interrogato sulla relazione tra la pagina manzoniana, in particolare la figura di don Abbondio e la figura del filosofo greco.

 

Poi, ha posto l’importanza della custodia e sullo studio intorno alle pubblicazioni conservate nelle biblioteche già ai tempi della Milano seicentesca. Don Abbondio, mentre legge un panegirico in onore di San Carlo Borromeo, dove il santo è paragonato a Carneade, mette in rilievo la sua ignoranza e la sua difficoltà a comprendere il mondo intellettuale e storico: un universo custodito, tramandato, perpetrato nei secoli.

 

L’incontro ascolano, nel quale ha partecipato un pubblico numeroso e attento, ha permesso non solo di ascoltare l’analisi del prestigioso relatore ma anche di vivere direttamente il dialogo con i documenti narrati.

 

«Questa pagina de “I Promessi Sposi” serve a confermare che quel libriccino è stato usato da Manzoni in maniera documentale per scrivere il suo romanzo e per dimostrare che si arriva a certi risultati solo mediante un lungo lavoro di ricerca», ha detto Gallo a proposito del tema affrontato, occasione per riflettere su come la letteratura abiti gli archivi, per volgere l’attenzione sull’immortalità di ciò che rimane scritto.


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