Marco Barelli
di Leonardo Giorgi
“Caro amico ti scrivo, perché solo con le parole al meglio mi esprimo: sono un uomo migliore da quando rimo”. È nella sua passione più grande, il rap, e con il nome d’arte Tetris che il 31enne Marco Barelli di Recanati ha sempre raccontato chi è. Lo ha fatto con testi sinceri e con basi musicali mai banali. A breve avrebbe dovuto pubblicare quello che considerava il “capolavoro che pomperà nelle vostre casse”, se solo la sua storia non si fosse interrotta questa mattina lungo l’autostrada (leggi l’articolo).
È sua la Fiat Punto bianca che, all’alba, giaceva ribaltata sull’asfaltato dell’A14, all’altezza di Montemarciano, dopo aver urtato il guardrail. L’allarme è stato lanciato immediatamente dagli automobilisti testimoni dell’incidente, ma la scena a cui hanno assistito lasciava pochi dubbi: i soccorritori non hanno potuto far altro che constatare la morte del ragazzo. Sarà la procura a dare nei prossimi giorni il nullaosta per i funerali.
Marco Barelli
Marco lascia i genitori (viveva con la mamma Simona) e il fratello Andrea, direttore sportivo dell’Aries Trodica, società che si è stretta attorno al dolore del suo tesserato. Viveva a Recanati con la mamma, al quale era molto legato. A casa sua, uno spazio era stato dedicato alla passione della musica: uno studio fai da te, un po’ spartano, però funzionale. “Avrei voluto dire addio a modo mio – dice in una delle sue ultime canzoni – mi guardo allo specchio e non so se sono io”. Per riconoscere chi era, Marco si specchiava nella musica, che per lui – nonostante i testi a tratti cupi e densi di dolore, ma anche di tanta voglia di riscatto – era condivisione assoluta, oltre tutto ciò che è materiale (“Preferisco essere umile, regalarti una rosa invece che diamanti, fatti avanti”).
«Mi ricordo che una volta sono andato a casa sua, perché mi aveva chiesto di suonare il clarinetto in un suo pezzo rap – racconta il polistrumentista recanatese Mattia Buonaventura De Minicis, punto di riferimento musicale nel territorio – e rimasi stupito dalla sensibilità che aveva. Uscì fuori una cosa molto carina. Essendo anch’io sensibile, sono sempre stato un appassionato di chi è appassionato veramente nella vita, come lui.
Mi mandava ogni tanto i suoi brani. Uno di questi, purtroppo, non lo ascolterò mai perché è rimasto nella chat persa, il più recente, ancora inascoltato. L’avevo incontrato casualmente qualche sera fa dopo diverso tempo. Mi dispiace davvero tanto. Marco, era una persona sensibilissima con una vera passione per la musica».
Se è vero, come rappa Marco in “La mia storia”, che a volte ci si può esprimere solo scrivendo una canzone, sono proprio le sue barre a restituire la sua voce, nonostante il tempo sembri essere scaduto. Lo cantava proprio lui, in uno dei suoi ultimi brani: “Non rispetterò il tempo, ma almeno quello che scrivo ha un senso”.
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