Il cardinale Zuppi
di Walter Luzi
Matteo Zuppi è uno di quei religiosi che, solo a starlo a sentire, ti fanno riconciliare con la vita e con Dio. Interviene a Monticelli, gigantesco quartiere popolare alle porte di Ascoli, come ospite d’onore al gran finale del Meeting nazionale dei giornalisti, edizione numero undici, dal tema attuale ed ispirato. “Disarmare le parole”. E chi meglio di lui, il cardinale romano Zuppi, per perorare la nobile causa rilanciata fin dal suo esordio dal nuovo Papa, Leone XIV?
Chi meglio del filo-putiniano inviato di Francesco, a dialogare con il diavolo fatto uomo. E per questo oltraggiato dai governi di mezzo mondo, con il prezioso ausilio dell’esercito, pressoché compatto, proprio di giornalisti, trombettieri asserviti al Potere bellicista, al seguito. E lui arriva in perfetto orario, nella sala parrocchiale della chiesa dei santi Simone e Giuda. Proscenio umile, vicino alla gente, ma che, forse, predilige più dei grandi studi televisivi che spesso lo ospitano, più delle ribalte politiche e mediatiche internazionali che lo hanno visto protagonista.
Strada facendo si è fermato per una lunga visita nel supercarcere di Marino del Tronto. Fra gli ultimissimi. A riempire di significato vero, di racconti di storie vissute, e di vite, spesso giovani, da riscattare, il tema dell’ultimo confronto del meeting. La Speranza. E il carcere è, spesso, il posto più adatto per perdere anche quella. Interloquisce con la giovane direttrice della casa circondariale ascolana, Daniela Valentini, nel dibattito moderato dalla vicecapo redattrice del TG1 Susanna Lemma.
Papa Francesco ritorna spesso nel parlare di Zuppi. «Lui parlava ai carcerati – racconta – sentendosi, nel profondo, uno di loro. Senza alzare steccati, mantenere distanze. Entrare in un carcere sgonfia le presunzioni, annulla ogni presunta superiorità. Ho parlato con un ragazzo di ventidue anni, che ci è entrato quando ne aveva solo diciassette. Mi ha detto che adesso ha capito, che si è messo a studiare d’impegno, che ha imparato, con orgoglio, a fare il cuoco lì dentro. Che gli piacerebbe fare quel mestiere quando, fra poco, uscirà».
Ma quelli come lui, che vivono una funzione rieducativa della pena, costituzionalmente riconosciuta, sono solo il 25% della popolazione carceraria. «Dobbiamo fare i conti – sottolinea la direttrice – con le carenze di risorse e di personale di sezione. Ma anche di supporto educativo, e psicologico. Sarebbe bello poter giovarsi di un rapporto, magari, personale/detenuti, di uno a uno. Quella dei suicidi è una problematica che ci attanaglia. Per noi equivale sempre ad una sconfitta, perché quel gesto estremo testimonia l’abbandono di ogni speranza».
Speranze di vita, speranze di pace. Zuppi, il cardinale che sa solo sorridere, è chiaro, come sempre. «La Speranza non ti fa chiudere gli occhi dinanzi alle difficoltà – spiega – anzi, al contrario. Te le fa vedere meglio. Il dialogo non è mai facile, anzi è sempre complicatissimo. Richiede pazienza, insistenza, comprensione, e determinazione. Non cancella le responsabilità. Avvia solo alla pacifica soluzione dei conflitti. Il male non può chiamare male. Le parole devono essere sempre le prime ad essere disarmate».
Pochi sanno che in Mozambico lo hanno fatto cittadino onorario. Zuppi fu fra gli artefici, infatti, per ventisette mesi di fila, delle trattative fra le opposte fazioni di una guerra civile che stava dilaniando il Paese, culminate poi con gli accordi di pace firmati a Roma nel 1992. Quando parla di pace, e di guerra, sa di che cosa parla. È stato anche criticato, nella Curia Romana, per alcune sue posizioni ritenute troppo progressiste. Nel 2022 ha celebrato i funerali di Stato del suo amico, fin dai tempi del liceo, David Sassoli.
L’ultimo illuminato presidente del Consiglio europeo prima dell’avvento di una leadership di lobbisti e irresponsabili guerrafondai che, negli ultimi anni, ne hanno presto azzerato la statura e il prestigio, calpestandone i nobili principi fondanti. «Siamo tornati indietro – commenta – di ottant’anni. Ci stanno negando quella pace costata prezzi terribili ai nostri nonni. Con queste guerre che non finiscono mai, perché la logica del riarmo, della esasperazione dei conflitti, chiama altra guerra».
E il pensiero va alla mattanza, agli orrori e alla vergogna infinite di Gaza. In mattinata il meeting si era collegato proprio con quella terra senza pace e senza giustizia, per una testimonianza di Padre Gabriel Romanelli. Poi sul palco si erano succeduti politici ed economisti, giornalisti e avvocati, commercialisti e conduttori radiofonici. A parlare di massimi sistemi in un Paese al 49° posto nel mondo per libertà di informazione.
Sa essere anche ironico, brillante il cardinale Zuppi. Anche di fronte ai tempi più inquietanti non perde mai il sorriso. Piace alla gente anche per questo. «Lo Spirito Santo è il migliore algoritmo – sostiene – la tradizione è importante, va amata, rispettata, difesa. Ma la conservazione non deve essere ibernazione. La tradizione va portata avanti. Dobbiamo esserle fedeli, ma saperla vivere nel presente». Cita Don Primo Mazzolari, il prete interventista divenuto pacifista: «…Speranza è riuscire a vedere anche nelle fitte nebbie di ottobre le messi mature di giugno…».
Al termine la gente gli fa ressa intorno. Per stringergli la mano, incoraggiarlo. Lui non si sottrae, continua a sorridere, disponibile, aperto anche alla battuta. Qualcuno ha dei doni per lui. Fra gli altri la dottoressa Maria Rosaria Sarcina, presidentessa della Fondazione “Mauro Crocetta”. Gli consegna un volume dal titolo eloquente. Il sentimento del dolore. Contiene poesie, e foto di sculture dell’artista pugliese ma ascolano di adozione. Versi che risalgono al 1991, scritti sotto l’onda emotiva della prima guerra del golfo. Angosce dell’artista quasi profetiche, tornate di stretta attualità oggi, ma cresciute, progressivamente, negli anni, da allora. Alimentate dall’interesse economico di pochi, dalla complice e dissennata inettitudine politica di molti governi, e coperte da una narrazione mediatica quasi sempre distorta.
Matteo Zuppi compirà settant’anni il prossimo ottobre. È stato fra i papabili nell’ultimo conclave. Qualcuno gli dice: «Eminenza, abbiamo, noi tutti, tanto sperato di vedere lei affacciarsi, vestito di bianco, a quel balcone su Piazza San Pietro l’otto maggio scorso…». Lui sorride ancora, divertito. E risponde «Io no…».
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