Ceci day, una passione lunga settant’anni

ASCOLI - Domani festa grande alla Ceci Moto&Bike. Una famiglia di campioni. Di sport e di umanità. Un traguardo che premia la tenacia ed il valore dimostrati in campo commerciale, ma, ancor più, l’impegno e i tanti successi mietuti in campo sportivo. La storia di Alfonso, il grande padre fondatore, fino alla maglia iridata di campione del mondo paralimpico di Francesco
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Alfonso Ceci

 

di Walter Luzi

 

Settant’anni di vita sono sempre un gran bel traguardo. Soprattutto quando li compie una attività a gestione famigliare con una lunga storia, e una, altrettanto grande, passione, alle spalle. È il caso della ditta Ceci di Ascoli, che cominciò la sua attività nell’ormai lontano 1955. Una storia che ci piace raccontare perché a fondarla fu un ragazzo capace ed orgoglioso, brillante ed intraprendente. Con quella voglia di fare, e fare bene, che apparteneva un po’ a tutti, all’epoca, ma che avrebbe reso unici solo certi personaggi dalle qualità straordinarie. Quelli con una marcia in più rispetto a tutti gli altri. Alfonso Ceci, il fondatore, il grande capo, è stato uno di questi. Anche se a Brecciarolo, la piccola frazione lungo la Salaria detta lu vass’ per distinzione di campanile, da Poggio di Bretta, lu puoie, adagiato sulla collina sovrastante, quelli furono anni prolifici di fenomeni.

A Brecciarolo

 

Pochi mesi prima, infatti, a poche centinaia di metri di distanza, vi nasceva anche Giuseppe Mascetti. Meriterebbero, entrambi, un monumento, a Brecciarolo. Per quanto sono stati capaci di fare e di dare, disinteressatamente, allo sport ascolano. Al ciclismo Alfonso, e al calcio Pippo, nel corso delle loro vite. Per la smisurata passione che ci hanno messo, e che hanno saputo trasmettere a quelli che hanno avuto il privilegio di conoscerli. Per quello che sono riusciti a costruire, e lasciarlo in eredità alla loro città. Ma questo è il giorno di Alfonso Ceci, lu polacch’, il polacco, come lo chiamavano tutti da sempre. È anche la sua festa. Soprattutto la sua.

 

Anche se ne è andato sei anni fa, il suo spirito non ha mai abbandonato la sua officina, che poi è stata sempre anche la sua casa, la grande rivendita di moto e bici del Battente. La più grande e prestigiosa della provincia. Le due ruote, con o senza motore, hanno sempre riempito la sua vita. E la sua grande passione, scritta nei geni del dna, l’ha trasmessa, naturalmente, ai figli, e poi ai nipoti. È la festa di tre generazioni, dunque, domani, alla Ceci Moto and Bike di Via dell’Aspo. Anche se, a voler essere precisi, sarebbero quattro, con l’arrivo, il 30 maggio scorso, dei primi pronipoti di Alfonso, i gemelli Beatrice e Alessandro. Quarta generazione di Ceci, opera di Davide e della sua compagna Jessica. Auguri. Ma forse sarà meglio andare con ordine.

Alfonso Ceci da ragazzo a Brecciarolo in sella a una delle prime motociclette in circolazione

 

Lu polacch’

 

Quelli con i capelli bianchi come noi lo hanno conosciuto bene Alfonso Ceci. Lu polacch’. Un soprannome che si portava dietro fin da bambino perché era alto, biondo, e pure con gli occhi azzurri. Come, appunto, i militari del battaglione polacco, tutti uguali, quasi fatti con lo stampo, a lungo di stanza in Ascoli dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Nasce a Brecciarolo, lu vass’, come detto, il 30 Giugno 1933. Quarto, e ultimo, figlio, dopo Eraldo, Liana ed Ezio, di un carabiniere, Vincenzo, detto Tra-Tra, e di Palma Taffora. Palma, invece, era soprannominata Palmina la longa, a causa della sua notevole statura, non comune all’epoca per una donna.

 

A pesca a mani nude al Tronto

Era stata lei a crescere da sola, con tanti comprensibili sacrifici in tempi di fame, paura e pidocchi, i suoi quattro figli, negli ultimi, difficili, anni di guerra, subito dopo la firma dell’armistizio, l’otto settembre 1943. Le ultime notizie che Vincenzo era riuscito a dare di sé provenivano da Carsoli, nell’aquilano.

 

Ma, come di tanti altri militari italiani, allo sbando dopo l’ambigua uscita dal conflitto dell’Italia, stretti nella morsa delle truppe alleate che stavano risalendo la nostra penisola, e i tedeschi in nervosa ritirata, di lui non si era saputo più nulla. Vincenzo riuscirà a portare la pelle a casa, per fortuna, e, dopo la fine della guerra, troverà un impiego al Distretto Militare di Ascoli. Il suo primogenito Eraldo entrerà in Marina Militare, Liana inizierà la sua lunga attività di magliaia, mentre Ezio e Alfonso, i più piccoli, si iscriveranno alla scuola di Avviamento Industriali. Senza trascurare, per questo, anche il lavoro. Qualunque tipo di lavoro. Anche il più duro, pur di essere di aiuto alla sua famiglia, riuscire a portare in casa qualche soldo. «Ho spaccato pure le pietre giù al fiume Tronto, io…», amava ricordare spesso Alfonso. A dirla tutta infatti, pur intelligentissimo, la scuola proprio non fa per lui. È affascinato, invece, da moto e motori. A quattordici anni ha già nel sangue quella passione che lo animerà per tutta la vita. Vuole imparare il mestiere. Quel mestiere. Vuole fare il meccanico.

 

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La tessera di allievo ciclista Alfonso Ceci nel 1952

Il maestro Pierannunzi

 

La Pierannunzi è una fabbrica artigianale di biciclette. Lo mettono subito a saldare i telai. Alla sera torna spesso a casa con la pelle delle mani bruciacchiata, ma non è per questo che passa presto a lavorare, come apprendista meccanico, da Rirì, al secolo Enrico Angelini Marinucci. Il suo nome si legherà in seguito ad un fornito negozio di articoli sportivi, tuttora esistente, ma, all’epoca, siamo sul finire degli anni Quaranta, concessionario di motociclette. Tratta le migliori marche sul mercato, italiane ed europee. La moto è il mezzo di trasporto più amato da milioni di italiani, all’alba di quel boom economico portatore di una ventata di benessere, dopo gli anni bui e cupi della guerra, anche fra le classi meno abbienti. A Pasqua e a Natale non sono i datori di lavoro a fare regali ai dipendenti, ma, con rispettosa deferenza, il contrario. Altri tempi davvero.

 

Intanto, già nella categoria “Allievi”, nel 1952, Alfonso inizia a correre con le biciclette. Sono gli anni della rivalità fra i campionissimi Coppi e Bartali. Il ciclismo in quegli anni è lo sport più amato e seguito. Anche il Piceno ha i suoi eroi del pedale, a cominciare, fra i tanti altri, da Luigi, “Gigi”, Ferretti, i fratelli Mancini, e De Vecchis. Ad Alfonso Ceci resterà sempre il rammarico di non aver vinto mai una corsa, nella sua carriera di ciclista agonista, con tanti piazzamenti, molti secondi posti, ma mai un alloro. Una foratura, un errore di percorso mal segnalato, una scorrettezza degli avversari, ogni volta c’era stato qualcosa a precludergli il gradino più alto del podio. Glielo aveva predetto, amava raccontare, anche una zingara, una volta, leggendogli le carte: “…non alzerai mai le braccia al cielo sotto uno striscione di arrivo… solo nel lavoro troverai il successo… ma sarà il tuo sangue, un giorno, a dare molte gioie alla tua passione…”. Lui ne rise, scettico già prima ancora di starla a sentire, ma quella zingara aveva saputo leggere bene il suo futuro. Quando Rirì rinuncia a vendere le motociclette, per votarsi al business degli articoli sportivi, Alfonso torna a lavorare da Pierannunzi, il suo vecchio, primo maestro, a cui si sente molto legato, e riconoscente, per avergli insegnato il mestiere. Insieme lavorano alla messa a punto di una Parilla da competizione per permettere ad Alfonso, provetto e spericolato motociclista, di partecipare al Giro Motociclistico d’Italia del 1955.

Da ragazzino già in sella ad una moto

 

Quando il suo titolare però perde improvvisamente la vita a Porta Romana, in un incidente stradale mentre sta provando proprio una moto, Alfonso, molto addolorato da questo lutto, decide di rilevare lui la sua attività. Ha solo ventidue anni. È il 1955. Giusto settant’anni fa.

 

Ave, la prima motociclista ascolana

 

Gli anni Cinquanta sono gli stessi che lo vedono impegnato Alfonso Ceci, sportivo a tutto tondo, anche a sostegno della Brettense, la squadra di calcio del suo paesino, nella dirigenza della quale figurano anche il fratello Eraldo, Pippo Mascetti, Baldassarre Capriotti ed Alfredo Santori. Sport e lavoro. Stessa passione, stesse soddisfazioni.

 

Con la maglia della Brettense

Nel 1955 allo Squarcia con la Brettense

 

L’Officina meccanica Alfonso Ceci, fresca di apertura, sta in centro, dietro al bar Ideal, nella rua intitolata ai Marcolini. Lavora, insieme ai suoi collaboratori, sette giorni su sette, senza risparmiarsi. Perché il lavoro non gli manca di certo, e il boom economico degli anni Sessanta comincia a far decollare anche il mercato delle moto. Benelli, Laverda, Guzzi, Gilera le principali marche che comincia a trattare. Gli affari vanno a gonfie vele e, nei proprio nei primi anni Sessanta Alfonso, lu polacch’, trasferisce officina e rivendita in Corso Vittorio Emanuele, proprio davanti alla sede della Del Duca Ascoli, nei locali dove oggi c’è la Bristot.

 

Gimkana sulla moto a Poggio di Bretta

1955: Alfonso sulla moto davanti a Langià a Brecciarolo

 

Con l’aumento dei volumi fa entrare nella sua società anche i due fratelli maggiori. Eraldo, sottufficiale di Marina congedato anzitempo per motivi di salute, prende in mano l’amministrazione. Ezio, bello e prestante come un attore di Hollywood, va, invece, a gestire il nuovo reparto elettrodomestici. Alfonso aveva già intuito, con lungimiranza, infatti, il rapido diffondersi nelle case di nuovi elettrodomestici, come lavatrici, televisori, frigoriferi, stufe, oltre alle tradizionali bombole a gas. Un brillante e carismatico imprenditore, lu polacch’, dunque, non solo un ottimo meccanico, che riusciva a “…far di conto…” come si diceva una volta con una facilità e velocità impressionanti, grazie ad una mente naturalmente predisposta per la matematica, le percentuali, gli sconti, e i ricarichi. Tutto a mente, senza ausilio di calcolatrici elettroniche e altri marchingegni moderni. Nel 1959 Alfonso sposa Ave Maria Vagnoni, conosciuta a Poggio di Bretta, dove lui sale a corteggiarla fra le invidie e lo scorno dei giovanotti locali, in sella alla sua moto fiammante, come Dedda d’ Franchì.

 

Ave Vagnoni in Ceci una delle prime donne motocicliste della città

Nel 1957 a San Gabriele

Gruppo motociclisti di Poggio di Bretta

 

La bellissima Ave Maria sarà una delle prime donne motociliste della regione. Due gran fighi davvero per l’epoca, che partono per la loro luna di miele in Toscana, proprio in sella ad una moto, da Poggio di Bretta, fra due ali di amici e parenti festanti. Dal loro matrimonio nasceranno tre figli. Claudio nel 1960, Nadia nel 1962 e Vincenzo nel 1964.

 

La partenza per il viaggio di nozze in motocicletta

In viaggio di nozze con le valigie dietro

 

Nel corso di quei fantastici anni Sessanta, i tre fratelli Ceci aggiungono alle moto e agli scooter, con Lambretta marchio leader, e al florido settore degli elettrodomestici, anche la concessionaria di tre marchi automobilistici prestigiosi come Citroen, Autobianchi, e Triumph. L’euforia per una crescita verticale li spinge ad un passo impegnativo, che richiede coraggio, e un pizzico di sana, entusiastica, incoscienza giovanile. Nel 1969 la ditta Ceci trasloca ancora, in via Bologna stavolta, la traversa di Viale Indipendenza, proprio davanti alle grandi autorimesse dei pullman dell’Int. Si ampliano così la sala mostre del commerciale, la nuova officina auto e moto con annessa carrozzeria e un fornitissimo magazzino ricambi. L’offerta, e il servizio, sono completi ora per l’intero settore della mobilità. Auto, moto, scooter e, non da ultimo, biciclette, con il ritorno di Alfonso alla sua vecchia passione con la concessione e distribuzione del marchio italiano per eccellenza, ovvero la Bianchi.

 

Dietro al bancone dei pezzi di ricambio

Assistenza tecnica al motogiro del 1957

 

La bicicletta un amore che non muore mai

 

Gli anni passano e i figli crescono. Ricalcando le passioni di Alfonso i suoi due figli maschi iniziano presto a gareggiare nel ciclismo. Nella categoria Giovanissimi, da sei a tredici anni, insieme ad altri coetanei di Poggio di Bretta, con la U.S. Acli di Gino Vallesi, Ermenegildo Lelli e Vinicio Polini.

 

Alfonso Ceci con i suoi pupilli a una corsa nel 1976

I giovanissimi fratelli Vincenzo e Claudio Ceci

 

Proprio nel suo paese, nel 1972, Alfonso Ceci organizza la sua prima corsa. Claudio e Vincenzo vincono entrambi nelle rispettive categorie. Un successo incoraggiante. Nasce quel giorno il grande sogno di Alfonso Ceci, e comincia una epopea. Nel 1976 fonda il G.S. Ceci Piaggio Gilera, la scuderia ciclistica di famiglia, poi divenuto Bianchi, e quindi, fino ai giorni nostri, il Team Ceci Dream Bike. Che promuoverà la pratica sportiva ciclistica come poche altre realtà nella nostra regione, varerà, con buoni risultati, anche una squadra femminile, vincerà vagonate di titoli italiani nelle diverse discipline e categorie, sfornerà campioni del mondo, azzurri olimpici e paralimpici. Nessun’altro sodalizio sportivo piceno può vantare il suo ricco palmares, fatto di 68 Titoli Italiani, 7 medaglie fra europee e mondiali, 2 titoli mondiali e oltre 400 gare organizzate in cinquant’anni di frenetica attività. Un impegno incondizionato, e successi, che gli varranno il conferimento, oltre al Cavalierato del Lavoro, anche della Stella al Merito del Coni, e della Medaglia al merito della Federazione Ciclistica Italiana.

 

Una delle prime squadre agonistiche del G.S. Ceci

Alfonso Ceci con i suoi ragazzi dopo una premiazione

 

I campioni

 

I tre nipoti di Alfonso, Luca, classe 1988, Francesco, 1989, Davide, 1993, hanno regalato tante soddisfazioni al nonno, collezionando, da soli, il grosso dei sessantanove allori tricolori su pista in bacheca, conquistati nelle varie categorie e specialità. Il record lo stabiliscono nel 2011. Nello stesso giorno, in tre, portano a casa otto titoli italiani, nelle specialità velocità, keirin, chilometro da fermo e velocità a squadre). Davide quattro su quattro fra gli Juniores, Francesco tre su quattro fra gli Elite, e Luca uno fra gli Esordienti. Vincenzo, invece, il più piccolo dei figli di Alfonso, dopo gli inizi su strada, fra i pistards è arrivato a guadagnarsi anche la finale olimpica di Los Angeles 1984.

 

Claudio Ceci fra i suoi due figli campioni d’Italia nello stesso giorno nel 2011

Vincenzo Ceci campione d’Italia, 1984

 

Sull’onda dei suoi successi, l’anno prima, il Comune di Ascoli aveva inaugurato il velodromo, a Monticelli, per permettergli di allenarsi vicino casa senza sobbarcarsi lunghe e costose trasferte. Lo demoliranno nel 2021 per fare più spazio al calcio. Il nuovo, più volte annunciato, faraonico progetto di un centro ciclistico a Campolungo è ancora fermo sulla carta. Praticamente un sogno. Come quello delle Olimpiadi, rimasto, almeno fino ad oggi, stregato, invece, per Francesco, il nipote di Alfonso. Il plurititolato sprinter a cui una pur fulgidissima carriera professionistica ha finito per riservare troppe amarezze e pochissime gioie. Già qualificato, infatti, per le Olimpiadi di Rio 2016 è la geopolitica mondiale dello sport a lasciare a casa gli italiani favorendo, all’ultimo momento, i giapponesi al loro posto.

 

I fratelli Ceci in pista

Francesco Ceci in azione

 

Ai Giochi successivi, quelli di Tokyo 2020, ci pensano, invece, il Covid, e un brutto infortunio alla clavicola, dopo una caduta durante una gara in Francia, a metterlo ancora fuori gioco. L’anno dopo, a sorpresa, da imbattuto campione italiano in carica, viene estromesso dalla Nazionale e dal suo gruppo sportivo militare, le Fiamme Azzurre della Polizia Penitenzaria. Un colpo basso che stenderebbe tutti, ma non lui. Continua ad allenarsi in proprio. E a vincere con i colori della squadra di famiglia, la Piceno Cycling Team Ceci. Lo chiamano nella nazionale paralimpica a fare da guida nel tandem all’atleta ipovedente comasco Stefano Meroni. Insieme, solo con pochi mesi di allenamento e affiatamento, conquisteranno l’argento ai mondiali di Glasgow, e l’oro ai successivi di Rio.

 

L’ultimo titolo tricolore 2021

I due fratelli Ceci insieme sul podio

 

Non male per un atleta dato per finito a 32 anni e maglia iridata a 34. La partecipazione alle imminenti Olimpiadi di Parigi 2024 stavolta sembrano sicure. E invece la Federazione, che in base ai punteggi acquisiti può portare solo otto atleti, preferisce puntare in Francia sugli stradisti, sacrificando i pistards. E così, a trentacinque anni, per lui sfuma anche la terza olimpiade, paralimpica stavolta, consecutiva. Ma non molla. Come sempre. Ora si guarda a Los Angeles 2028. Francesco avrà 39 anni. Quarantaquattro anni dopo lo zio Vincenzo a cinque cerchi in terra americana. I Ceci non mollano mai. Lui ci crede. E noi con lui.

 

L’era moderna

 

Nel 1979 entra in azienda, Claudio, il figlio primogenito di Alfonso, seguito poco dopo, nel 1981, dalla secondogenita Nadia, entrambi neo-ragionieri. Nello stesso periodo anche i quattro figli di Eraldo, Stefano, Cinzia, Massimo e Fabio. Il boom dei prodotti Piaggio, che aveva acquisito nel frattempo anche il marchio Lambretta, con la Vespa Px, il Si, il Bravo, il Ciao consolidano il ruolo leader provinciale dell’azienda Ceci sia nel settore due ruote che in quello auto con i modelli Citroen Dyane, Ami, DS, CX. cx) collocandolo alla pari dei già famosi concessionari automobilistici storici della città. Ciccarelli, Federici, e Capretti fra gli altri.

 

Claudio Ceci con il padre assistenza corse

Claudio Ceci con i suoi due figli da bambini

 

Nel 1987 l’ulteriore espansione della ditta Ceci porta all’inaugurazione della nuova sede in via dell’Aspo in località Battente con la costruzione di un immobile di quasi 6.000 metri quadrati, per rispondere alle moderne esigenze di visibilità e funzionalità richieste dalle stesse case Citroen e Piaggio. L’inaugurazione della nuova sede, il 13 marzo 1987, sarà anche l’inizio della consapevolezza di dover dividere il settore auto da quello moto&bici. La separazione in armonia delle competenze tra le nuove generazioni dei due nuclei familiari di Alfonso, con Claudio e Nadia, mentre Vincenzo è ancora impegnato nella sua carriera di ciclista professionista, ed Eraldo, con i suoi figli Stefano, Massimo, Cinzia e Fabio. Alla fine proprio di quel 1987 Alfonso con i figli torna al settore due ruote nella vecchia sede di Via Bologna. Ma è sempre lui, Alfonso, il vecchio leone, nel 1996, a dimostrare ancora quel coraggio e intraprendenza che lo hanno sempre contraddistinto nella sua vita, a scommettere ancora sul futuro e sulle capacità della sua famiglia che guida.

 

Claudio Ceci con i figli Francesco e Davide

 

Amplia la gamma dei marchi di moto, scooter e bici trattati, ed inaugura la nuova sede, sempre in via dell’Aspo del Battente costruita su un terreno acquistato, tanti anni prima, dal Conte Alvitreti. Non solo. Nel 2004 la ditta Ceci apre un nuovo punto vendita e assistenza, il terzo all’epoca, anche a Porto d’Ascoli. La profonda crisi del settore, patita duramente nel biennio 2007-2008, obbligheranno poi il ridimensionamento dell’azienda, e il concentramento di tutte le attività presso la sede centrale del Battente. Claudio e Nadia, che ne hanno ormai in mano le redini, non si perdono d’animo e con tenacia e resilienza, e forti anche del cognome che portano, una garanzia nell’ambiente, riescono a conservare la concessione dei marchi più prestigiosi. In azienda, nel 2019, con Davide e Francesco, i campioni di casa, entra anche la terza generazione. Ma quello è anche l’anno del dolore più grande. A ottantasei anni taglia infatti l’ultimo, triste, traguardo, che aspetta tutti noi, Alfonso Ceci. La sua Dedda lo aveva preceduto in Cielo troppo presto, nel 2003. Sorrideranno sicuramente, insieme, da Lassù. Alla grande festa di domani, 15 giugno, per i 70 anni della Ceci Moto&Bike, i primi ad essere ricordati saranno, soprattutto, loro.

 

 

 


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