Dino Ferrari, la reunion degli allievi storici

ASCOLI - Gli ex della Scuola del Palazzetto Longobardo, guidata dal grande pittore dal 1958 al 1969, hanno reso un commosso omaggio al loro grande maestro. I ricordi, le testimonianze di affetto, l’impegno della famiglia, per continuare a vivacizzare il dibattito intorno ad uno degli artisti più completi del Novecento   
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Ferrari con alcuni dei suoi allievi, siamo nei primi anni ’60

 

di Walter Luzi

 

Dino Ferrari, talento, e personaggio, sempre vivi. Si consuma nello storico salone delle feste del Circolo Cittadino la commossa reunion degli ultimi discepoli superstiti della Scuola dal Vero al Palazzetto Longobardo. Quella sorta di bottega rinascimentale nella quale Dino Ferrari, uno dei più grandi artisti del Novecento, dal 1958 al 1969, ha dispensato insegnamenti preziosi a tanti giovani allievi che, poi, nell’arte, hanno trovato ispirazioni feconde in più campi dell’Arte, e, in molti casi anche sostentamento economico. Lui, invece, il maestro riconosciuto, affermato, sotto molti aspetti geniale, si mise a loro disposizione gratis. Dedicando, con piacere ma senza compenso, a quei ragazzi appassionati e squattrinati il suo tempo prezioso, strappato alla produzione artistica nella sua Galleriola di piazza Sant’Agostino.

Un momento dell’evento al Circolo Cittadino (foto di Sveno Spalvieri)

 

Hanno organizzato tutto Valentino, unico figlio, e Marco, unico nipote, di Dino Ferrari. Se lo ripromettevano da tempo, e avevano ragione. È stato bello per tutti essere qui, a ricordare il maestro. Luigi Morganti è il moderatore, a tratti commosso, designato. Zeno Rossi porta il saluto da parte della locale Frida Art Academy. Daniele De Angelis ne ripercorre le tappe salienti del percorso artistico. Marco Ferrari fa il punto, come riportiamo più avanti. Poi il microfono passa a loro. Agli ultimi sopravvissuti del secondo e ultimo corso di quella scuola dal vero tenuto al Palazzetto Longobardo.

 

Un laboratorio vivo, in cui si doveva essere accettati, di cui si doveva essere, e restare, degni, e in cui non era ammesso pensarla, artisticamente parlando, diversamente da lui. Dal maestro Dino Ferrari. Con il suo caratteraccio ruvido, i suoi eccessi, la sua intolleranza, ma anche con la sua generosità, la passione, e, soprattutto, il genio, con cui gratificava tutti i suoi allievi.

 

Con quell’amore per il disegno, e poi la pittura, per i quei canoni classici vissuti come una fede, che pure ha saputo evolvere in linguaggi più moderni. Per quell’amore, vero, disinteressato, generalizzato, per l’Arte nella sua accezione più nobile. Sono tutti commossi quei ragazzi del Palazzetto Longobardo, oggi ultraottantenni o giù di lì.

 

Tutti, o quasi, ci tengono a raccontare i loro ricordi più vivi, esprimere cosa abbia rappresentato per loro Dino Ferrari. Sono unanimi, ancora oggi, i loro giudizi, i commenti, la riconoscenza, l’affetto. Mai venuti meno, a distanza di quasi settant’anni dal realizzarsi di quel sogno per i giovani più sensibili, figli di una città bella, ancora semisconosciuta ai più, ma anonima, lontanissima dai grandi fermenti culturali.

 

Pochi mezzi, ma tanto entusiasmo. Cavalletti e treppiedi realizzati da un falegname amico che collabora, accontentandosi di poche lire per costruirli. Fogli di carta scura, sporca e ruvida, per favorire colpi di luce e mezzi toni, carboncini di fusaggine che si può spolverare. Nell’aria puzza di benzina, usata per diluire i colori più economici reperibili, ma che ti resta addosso anche quando esci. Come, dentro, ogni parola del maestro.

 

 

Qualcuno, come Marcolini e Di Flavio, veniva dal Seminario, dove disegnare era persino vietato. De Bellis era poco più di un bambino. Un maestro bravo fa allievi bravi. Predicava la caratterizzazione Ferrari, non la somiglianza. Anime che trasparissero dai tratti. Raccomandava loro equilibrio, e proporzioni nella composizione. Correggendoti in diretta, cercava di trasmetterti tutto il suo furore creativo. Occhi sempre alle tele, con un pennello magari retto, come suo costume, stringendo il braccio, sotto l’ascella, o fra i denti, con un altro in mano. Ringraziano loro per essere stati invitati a rivivere quelle emozioni, rendono merito ai discendenti del loro maestro. Che hanno l’onore, ma anche l’onere, di tenerne vivo il ricordo, non smarrirne l’entità della statura.

 

Per Marco Ferrari tramandare la figura del nonno è diventata una missione di vita. Dal 2000, anno della scomparsa di Dino Ferrari, a oggi ha cercato di mettere ordine nella sua sterminata e dilatata, nonché evoluta negli anni, produzione, di questo grande artista del ‘900. Proteggere, valorizzare, diffonderne la valenza. Perché Dino Ferrari non è stato un artista locale. Negli anni Sessanta la sua fama ha meritatamente raggiunto, infatti, caratura nazionale.

«Questo non ce lo dobbiamo scordare – ammonisce Marco Ferrari in apertura di incontro – la città di Ascoli non se la deve scordare. È propria questa la nostra mission, che vogliamo ribadire oggi con questa reunion fortemente voluta da mio padre, Valentino».

 

Un impegno costante che ha visto nel 2008 la realizzazione di un apposito sito Internet. Una operazione molto laboriosa per i tempi, come lo è stata, grazie alla perizia dell’autore, Daniele De Angelis, la scrittura di una accurata biografia sull’artista, nel 2014. Un’opera titanica la sua, così la definisce Marco Ferrari, che ha rimesso ordine nell’immensa mole di documenti, articoli di giornali, lettere, fotografie, recensioni, attestati, gelosamente archiviati e conservati dalla famiglia dopo la scomparsa dell’artista, ormai un quarto di secolo fa.

«In occasione della presentazione di quel libro – ricorda sempre Marco – organizzammo un convegno presso la sala della Vittoria della civica Pinacoteca patrocinata dalla Presidenza della Repubblica. Due anni dopo, riuscimmo a far intitolare alla memoria del nonno l’ex Largo Giardini d’infanzia grazie al contributo determinante dell’allora giovane presidente del consiglio comunale, Marco Fioravanti».

 

E anche l’oggi sindaco, appena evocato, arriva a materializzarsi fugacemente in sala di lì a poco, per portare il saluto dell’amministrazione comunale. L’opera di valorizzazione del grande artista ascolano prosegue oggi, grazie a Marco e Valentino, anche attraverso i canali social Facebook e Instagram.

«Abbiamo scelto anche questi mezzi di comunicazione – sottolinea ancora Marco Ferrari – per continuare a veicolare, vivacizzare il dibattito culturale intorno alle opere di Dino. Un dibattito che non si deve mai sopire, ma che va, anzi, continuamente rilanciato, per tenerlo sempre vivo. Abbiamo, ovviamente, dei validi collaboratori che ci supportano in questo compito, che sentiamo, nel profondo, nostro».

Di pari passo prosegue la catalogazione delle numerosissime opere dell’artista che vengono continuamente loro segnalate un po’ da tutta Italia.  «Mio padre, Valentino – rivela sempre Marco – ha affinato le sue doti di autenticatore, e sa riconoscere a prima vista se un quadro non firmato sia attribuibile al nonno o meno».

 

Da ultimo la chicca del giorno. «Ho il piacere di condividere con voi, in questa occasione, una interessante notizia – dice ancora Marco Ferrari in chiusura del suo breve saluto – stiamo concludendo, infatti la non tanto difficile, ma certamente lunga, istruttoria, per l’inserimento di Dino Ferrari nel catalogo mondiale degli artisti autori di opere con rilevanza museale. Altre iniziative di rilievo sono già in cantiere, ma gli scongiuri, al momento, ancora d’obbligo, come la grande mostra personale che la sua città dovrebbe, finalmente, dedicargli a breve».

 


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