L’esperto meteo Fazzini sul nubifragio sambenedettese: «Nulla di eccezionale, basta con le scuse»

SAN BENEDETTO - Secondo il docente universitario, l’intensità della pioggia caduta nella tarda mattinata del 28 luglio si era già ripetuta altre volte in passato: «Sono stanco. Occorrono studi seri per risolvere problemi di cui sento parlare da 8 amministrazioni comunali che dicono di non avere soldi»
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di Marco Braccetti

 

«Non è vero che questa volta la pioggia è stata più intensa di altre volte». E’ davvero esasperato il professor Massimiliano Fazzini. Meteorologo e climatologo (docente universitario di cambiamento climatico ed effetti sull’ambiente fisico costiero e marino), lui è originario di San Benedetto ma gira l’Italia ed il mondo per la sua professione.

 

Cronache Picene lo ha sentito mentre era all’estero, durante un incontro di carattere europeo e Fazzini ha consultato rapidamente le carte meteo per tracciare un primo bilancio dell’ondata di maltempo che ha travolto la città delle Palme durante la giornata del 28 luglio.

Analizzati anche i precedenti, l’esperto traccia la sua linea: «Nessun evento mai registrato prima. Perché 30 millimetri su 30 minuti è sicuramente un nubifragio forte, ma che negli ultimi 6 o 7 anni, a livello di intensità, si è registrato almeno altre 4 o 5 volte a San Benedetto.

Come frequenza, tali fenomeni stanno aumentando, ma a livello di quantità, ripeto, non è un fatto mai accaduto prima. C’è già stato e c’è già stato più volte».

 

Massimiliano Fazzini

Con questa premessa fondamentale, Fazzini rompe gli argini: «Sono stanco. Ogni volta si dice che ci troviamo davanti ad un evento meteo mai visto prima. Ogni volta si cercano scuse. La verità è che, purtroppo, la nostra zona presenta dei limiti tecnici e forse anche a livello di competenze specifiche affinché si possa fare qualcosa. Da quando sono climatologo e meteorologo sento parlare di queste problematiche. Sono passate non so quante amministrazioni comunali, probabilmente 8 e le scusa è sempre la stessa: non ci sono soldi.

Bisogna fare studi seri, da chi sa della materia. Metto da parte la mia esperienza, ma ci sono tanti altri miei colleghi che in giro per il mondo hanno affrontato e risolto problematiche ben più gravi e difficili di quello che succede a San Benedetto. Perché qui da noi non si riesce a combinare mai nulla? Mi dispiace dirlo, ma penso che non si riesca ad affrontare questo problema per la mentalità del sambenedettese, istituzione o cittadino che sia».

 

Fazzini aveva affrontato questo spinoso tema giusto pochi mesi fa, proprio in Riviera, durante un convegno pubblico organizzato dall’Auser, gruppo impegnato nell’invecchiamento attivo: «L’intensità media delle piogge è aumentata del 20% circa, ma ciò comunque non giustifica del tutto le sempre più frequenti problematiche di allagamento presenti in città, dovute principalmente all’elevata urbanizzazione, amplificata anche negli ultimi anni».

Che fare, dunque? «Occorre una pratica di adattamento molto puntuale e, purtroppo, da questo punto di vista, San Benedetto non sta affatto messa bene» rispose l’esporto, bocciando senz’appello il Paesc. Si tratta del “Piano d’azione per l’energia sostenibile e il clima” che la città delle Palme ha realizzato insieme con Grottammare, Cupra e Monteprandone. Secondo il professor Fazzini, nell’elaborato manca uno studio climatico-applicativo, finalizzato all’adattamento del territorio ai vari rischi legati al tempo. «Tutto il rispetto per Offida, questo borgo ha una programmazione molto più puntuale di San Benedetto, per non parlare di Ascoli o Fermo».

 

Intanto, è rimasto solo nel mondo delle promesse quel “Piano straordinario di disostruzione e lavatura dei tombini”, più volte annunciato dalla precedente amministrazione. Obiettivo del Piano: contribuire ad abbassare nettamente il rischio allagamenti, visto e considerato che caditoie e chiusini rappresentano la prima linea di difesa in caso di pioggia. Un Piano pensato per intervenire più volte sugli oltre 9.000 tombini della città ma poi accantonato a causa dei costi, particolarmente elevati. Certo, riprendere un ragionamento in tal senso sarebbe auspicabile, considerando i costi (in termine di disagio e di danni) che la città deve affrontare tutte le volte che si allaga.

 

 

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