L’introduzione dei dazi al 15% degli Stati Uniti d’America resta un colpo durissimo per l’economia del Piceno, costretta a subire ripercussioni molto pesanti sul fronte export, tenendo anche conto dell’apprezzamento degli ultimi mesi dell’euro sul dollaro di quasi il 15%.
Francesco Balloni e Arianna Trillini
La Cna di Ascoli Piceno esprime preoccupazione sulle sorti delle esportazioni delle piccole imprese, fiore all’occhiello di un saper fare conosciuto e apprezzato ben oltre i confini nazionali, che da agosto in poi dovrà fare i conti con una tassa estremamente penalizzante per chi produce e chi acquista dall’estero.
Dopo Francia e Germania, infatti, gli Usa sono il terzo Paese di riferimento dell’export marchigiano. In particolare, secondo l’elaborazione del Centro studi Cna Marche a partire dai dati Istat, nel 2024 la provincia di Ascoli ha esportato negli Stati Uniti beni per 365 milioni di euro, di cui 247 in articoli farmaceutici e chimico-medicali, 15 milioni di euro in prodotti in gomma e materie plastiche e quasi 19 milioni in prodotti tessili, calzature, abbigliamento, pelli e accessori.
È evidente come i nuovi dazi porteranno con sé delle ripercussioni estremamente negative sul sistema della piccola impresa, già messo a dura prova dall’inevitabile svantaggio rispetto ai competitor industriali nel confrontarsi con partner internazionali.
Dal punto di vista CNA l’intesa raggiunta tra l’amministrazione degli Stati Uniti e la Commissione Ue non può essere giudicata soddisfacente, anche alla luce dei notevoli flussi indiretti generati dall’export negli Stati Uniti, in larga parte rappresentati da beni intermedi nei settori della meccanica e nella moda, dove l’apporto delle Pmi è determinante.
«Tenendo anche conto della svalutazione del dollaro, il 15% annunciato è in realtà un 30% a tutti gli effetti – dichiarano la presidente CNA Ascoli Piceno Arianna Trillini e il direttore Francesco Balloni – Siamo preoccupati per il Made in Italy e, in particolare, per il Made in Marche, per via di una tassa sproporzionata che penalizza i produttori del territorio e i consumatori statunitensi, estimatori del nostro saper fare in tutti i settori, che ora potrebbero virare su alternative a costi più competitivi.
Sono necessari sostegni e compensazioni e, come evidenziato dall’associazione anche a livello nazionale, ci attendiamo a breve la riattivazione del tavolo sull’export a Palazzo Chigi per un confronto su strumenti e criteri per mettere a disposizione del sistema delle imprese i 25 miliardi assicurati dal Governo».
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