di Luca Capponi
In Riviera, da anni, la scena è sempre la stessa: il mare blu che brilla, la sabbia calda, famiglie distese sotto gli ombrelloni. A ben guardare, però, c’è qualcosa di diverso: un cartello piantato nella sabbia. “Vietato giocare a pallone”. Un avviso che, a guardarlo bene, racconta molto dell’estate degli anni ’20.
Un tempo, col clou tra il 14 e il 15 agosto, le spiagge diventavano un enorme campo da gioco: partite infinite con un Super Santos, risate, gare di tuffi, fazzoletto, serate in spiaggia al suono della chitarra e tutto ciò che la fantasia era in grado di concepire. Oggi, invece, le ordinanze hanno messo paletti ovunque: niente pallone, niente falò, niente musica oltre un certo orario. L’idea è quella di garantire sicurezza e tranquillità.
Eppure, ogni anno, il giorno dopo Ferragosto (e non solo), le cronache del Piceno (e non solo) raccontano storie che vanno in tutt’altra direzione: adolescenti ubriachi portati in ospedale, risse improvvise, incidenti, spiagge (le poche fruibili in orario non diurno) ridotte come discariche a cielo aperto, vandalismi e tutta una serie di comportamenti che nulla hanno a che vedere con la spensieratezza di un tempo. Una contraddizione evidente: le restrizioni aumentano (spesso a ragione), ma gli eccessi restano. Anzi, sembrano aumentare. Com’è possibile?
Allora forse non è questione di chi impone divieti, né di chi li aggira. Forse è il segnale di qualcosa di più profondo: la perdita di un certo equilibrio. Dalla socialità all’asocialità. Ai ragazzi di oggi, cresciuti tra regole e controlli, sembra mancare proprio quell’educazione alla libertà che un tempo si imparava anche con una partita sulla sabbia.
Così, in questa estate ordinata ma piena di fratture, il cartello “Vietato giocare a pallone” diventa una metafora amara: togliamo spazi e occasioni per vivere il mare in modo sano e collettivo, ma la maleducazione e l’inciviltà, ben radicate, trovano altre strade, spesso più pericolose.
Forse, a pensarci, un bel cartello tanto di ammonimento educativo ci vorrebbe dentro le case, più che fuori.
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