di Walter Luzi
Ascoli contro Sambenedettese. Ma l’amicizia può essere più forte. Lo dimostrano, fra i tanti, anche Luca e Sergio. Entrambi tifosissimi delle rispettive squadre, quella bianconera il primo, quella rossoblù il secondo. Anche loro in fremente attesa del derby più acceso del Piceno che ritorna dopo ben trentanove anni.
Una febbre per l’atteso evento che sale, è ovvio, anche per loro, ma senza, per questo, provocare deliri, o bieche farneticazioni. Tanto meno raffreddare il loro feeling che dura dai tempi dell’Istituto Professionale Alberghiero “Buscemi”. Studenti entrambi nel corso di sala-bar. Luca Luciani, classe 1971, e Sergio Filipponi, classe 1972, si incontrano grazie ad una precedente bocciatura dell’ascolano.
Sono già assidui frequentatori degli spalti dei due stadi delle loro città, dove li hanno portati i rispettivi genitori. Antonio Luciani, bancario dell’allora Cassa di Risparmio, originario di Cossignano e ascolano di adozione. Nazzareno Filipponi, conducente di betoniere nell’impresa di Costantino Rozzi, originario di Castignano trapiantato a San Benedetto. Loro due non ci sono più. Ma quando si dice di una fede trasmessa di padre in figlio è vero. È proprio così. Di padre in figlio. Come recita l’orgoglio di ogni colore. Nella nostra provincia più che altrove. Ma è un vanto questo, legittimo e sacrosanto, che deve accomunare, non dividere.
«La prima volta che ho assistito a un derby – ricorda Luca – fu al “Ballarin”. Mio padre mi portò a vedere il nuovo acquisto dell’Ascoli Adelio Moro, appena arrivato dall’Inter (era domenica 14 novembre 1976, ndr). Fu, quella, una partita molto emozionante, che proprio grazie a Moro, su rigore, riuscimmo a pareggiare nel finale».
Sergio, invece, ricorda tutte quelle domeniche al “Ballarin”, da bambino, con i panini nella borsa.«In inverno – ricorda – con l’inizio delle partite alle 14,30, non c’era il tempo per pranzare. Mia madre allora preparava i panini per tutta la famiglia, e li mangiavamo lì, sulle gradinate, aspettando il calcio d’inizio».
Luca e Sergio c’erano anche nell’unico derby disputato allo stadio “Riviera delle Palme”, inaugurato solo pochi mesi prima. Sergio a fare il raccattapalle il campo.
«Ho fatto tutta la trafila nelle squadre giovanili della Samb – ricorda con una punta di emozione – e la domenica ci permettevano di fare i raccattapalle. Sono stato anche convocato tre volte in prima squadra. Tre panchine senza riuscire ad esordire in serie C2, con Rumignani come allenatore l’anno della promozione in C1». Era il 5 gennaio 1986. Botta e risposta, a Barbuti risponde Fattori, nel breve volgere di pochi minuti nella ripresa. Un pari che fa tutti contenti.
Serie C 1967-68 Del Duca Ascoli- Sambenedettese Paolo Beni e Carlo Mazzone prima del derby finito 3-3
Così come, sempre da sponde opposte, hanno tifato al ritorno. Solo che, quella volta, i contenti per un altro pareggio furono solo i sambenedettesi. Primo giugno 1986. Terz’ultima del campionato di serie B. Lo 0-0 in quell’ultimo derby disputato mantiene, infatti, accese le speranze di salvezza della Samb, che poi conquisterà grazie a due vittorie nelle due ultime gare.
«Io c’ero. La vidi dal settore Distinti – ricorda Sergio – sempre insieme ai miei genitori che furono ben contenti di accompagnarmi in quella breve e attesa trasferta. Fu un punto che alimentò la nostra speranza di salvezza, poi effettivamente conquistata con quattro punti nelle ultime due giornate di campionato».
Nello stesso settore Distinti ad assistere a quel derby c’è, sulla sponda bianconera, anche il suo futuro amico Luca. Si conosceranno solo qualche mese dopo al “Buscemi”. «Di solito andavo in curva Nord – ricorda l’ascolano – ma in quella occasione preferii gustarmi lo spettacolo delle due tifoserie contrapposte da un’angolazione privilegiata».
Il pareggio finale a reti bianche garantisce anche, matematicamente, all’Ascoli di Boskov e Sensibile la terza promozione in Serie A della sua storia. Ma al “Del Duca”, quel giorno, non si festeggia e non si brinda. Tutt’altro. La squadra bianconera resta a lungo assediata negli spogliatoi sotto la feroce contestazione dei propri tifosi, nel giorno meno adatto, quello del trionfo, per la mancata vittoria sulla Samb.
Luca e Sergio se li ricordano ancora bene quei giorni. La vita e il lavoro li hanno poi divisi. L’ascolano ha girato il mondo facendo il cameriere. Quando è morto il papà poi, cinque anni fa, Luca ha smesso di lavorare all’estero. Ha preferito restare a vivere accanto alla sua mamma. A San Benedetto, dove, pur da ascolano purosangue, ha sempre preferito risiedere. E dove è rimasto anche sempre Sergio, lavorando, anche lui, da barman e cameriere. Si ritrovano spesso, con grandissimo e reciproco piacere. Il calcio, l’Ascoli, la Samb, sono rimaste le loro passioni più grandi. Il tempo trascorso, alla pari della loro amicizia, non le ha cancellate. Anzi.
Il derby, trentanove anni dopo, lo guarderanno ancora da curve opposte. In mezzo alle coreografie più spettacolari, le bandiere più numerose, i cori di incitamento più incessanti e potenti, a sostenere le proprie squadre. Perché è solo così che si misura il cuore di un popolo. Il suo attaccamento a una fede cieca. La supremazia sportiva non passa dall’odio, oggi amplificato a dismisura anche dai social. O dagli insulti più beceri scritti sugli striscioni, oppure dai toni minacciosi e deliranti diffusi via meme. Ma dal reciproco, obiettivo, riconoscimento di meriti fuori dal comune.
Un villaggio di pescatori di neanche sedicimila abitanti che porta il Piceno per la prima volta in Serie B, dove resta, con le buone, e anche con le cattive, per nove anni filati; una cittadina di provincia che potrebbe entrare tutta intera nel suo stadio, che porta per la prima volta le Marche in Serie A, e che, nelle massime serie professionistiche, ci milita, quasi ininterrottamente, per quarantatré anni, si meritano, entrambe, rispetto. Meritano entrambe rispetto per la loro storia, per la grande tradizione, per l’amore, viscerale, che le loro genti hanno sempre avuto, nella buona e nella cattiva sorte, per i propri colori.
Anche se, oggi più che mai, la parola pace, in questo mondo tutto alla rovescia, non ha più cittadinanza. E, ben più tragiche e dolorose vicende dei nostri giorni lo dimostrano, guerra e intolleranza sono preferite, stoltamente, a pacificazione e dialogo.
«La foto insieme a Luca – rivela Sergio – che ho pubblicato su Facebook, e sul nostro gruppo di tifosi e vecchie glorie “Fratelli rossoblù”, ha riscosso pochi like. Credo che anche sul versante ascolano sia stata accolta negli ambienti ultras con la stessa freddezza. Peccato davvero».
Molti dei tifosi che non vedono l’ora di insultarsi, almeno quello, di urlarsi le peggio cose da curva a curva, al derby Ascoli-Samb, non ne hanno mai visto uno in vita loro. Però gli è stato insegnato l’odio. E quello lo hanno imparato bene tutti. Ma la supremazia di un blasone glorioso non passa dal menar le mani dei loro sostenitori, dalle cariche dei reparti antisommossa della Polizia, da lacrimogeni e vandalismi. Sergio e Luca possono insegnarcelo. Per quanto attesa ed emozionante, rimane solo una partita di pallone. E come in ogni sport, che vinca sempre il migliore.
Comunque vada, alla fine, scambiamoci le sciarpe, perché questo sarà un giorno da ricordare. E, dopo, andiamo a farci una birra insieme.
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