Mimmo Picco durante una delle sue esibizioni
di Walter Luzi
Se ne è andato all’improvviso, a neanche sessant’anni, Mimmo Picco. Lo ha tradito il suo cuore, in nottata, a Roma. Il malore subito dopo cena, consumata in compagnia di amici. La corsa, inutile, in ospedale. La fine in nottata.
Con Domenico “Mimmo” Picco se ne va una persona buona, un animo gentile. E un musicista eccelso. Se ne va, con la sua chitarra a tracolla, lasciando ancora attoniti i tantissimi che gli volevano bene. Soprattutto loro, gli amici di una vita, i componenti di ogni epoca della leggendaria Kugghia Bros Band, il complesso dove si era fatto sempre apprezzare per le sue doti umane, prima ancora di quelle, pure immense, artistiche.
Mimmo Picco
«È stato, di sicuro, il più grande chitarrista ritmico, almeno delle Marche». Ci dice con la voce rotta dalla commozione Massimo Speri, il frontman dei Kugghia. Originario della Puglia, aveva lavorato come tecnico elettricista a Pomezia, e vissuto a lungo a Roma, prima di trasferirsi in Ascoli nei primi anni Novanta, dove aveva sposato Rossella. Qui, fra alterne vicende occupazionali, che l’avevano visto anche in veste di magazziniere, non aveva mai abbandonato la sua grande passione per la musica, per la chitarra.
All’inizio degli anni 2000 aveva iniziato a collaborare con la scuola di musica di Andrea Luzi e Caterina Tancredi, l’attuale Music House. Un maestro d’eccezione per tanti giovani allievi che si sono avvicinati allo studio di questo strumento proprio grazie a lui. Molto conosciuto e molto amato in Ascoli, Mimmo si trovava a Roma, insieme alla moglie, per stare un po’ vicino a Francesca, l’unica figlia, studentessa universitaria nella capitale.
Tranquillo, cordiale, Mimmo Picco ha sempre saputo farsi apprezzare, e benvolere. «Ricordare lui, e la lunghissima amicizia nata nel nostro gruppo – continua Massimo Speri – in poche parole, non è facile. Lo dicevamo poco fa anche con Gigi Bembo. Trentacinque anni senza mai sentirgli dire una parola fuori posto, o un accordo sbagliato uscire dalla sua chitarra».
La voce che si rompe in gola, le parole che non si trovano più. Perché il dolore, improvviso, è troppo grande. Perché quella della Kugghia Bros Band è stata, per tutti i suoi componenti, così come per Mimmo, una sola, grande, accogliente seconda famiglia. Fra entrate e uscite, addìi e ritorni, cambi di sonorità e generi musicali, e le trasmutazioni, abituali e irriverenti, dei testi originali anglosassoni in vernacolo ascolano, la band non ha perso mai la sua umanità profonda, il piacere di ritrovarsi, di attaccare insieme qualche vecchio cavallo di battaglia. Gli amici prendevano bonariamente in giro Mimmo per il suo accento vagamente romanesco, nonostante fosse nato a Bari da padre pugliese e mamma, pare, con origini nell’Amatriciano.
Mimmo Picco lascia, oltre alle due donne della sua famiglia, la mamma 92enne e la sorella Ortensia.
Con gli amici della band avrebbero dovuto parlare di diverse cose al suo rientro da Roma. Musica e canzoni, come sempre. Le scalette dei pezzi da suonare nei prossimi concerti in programma, e le nuove magliette, griffate con il logo della Kugghia Bros Band, da rifare. Magari anche le felpe, che a tarda ora, all’aperto, a una certa età, cominciano a volerci per tutti. Ne avevano riso insieme, come sempre. Torno giovedì, aveva detto Mimmo.
Tra i tanti messaggi di cordoglio per l’inestimabile perdita, spicca quello dell’amico fraterno di Mimmo Picco, Elio Anastasi, altro componente della storica band: «Addio fratello Mimmo. Non posso ancora capacitarmi che non potrò più divertirmi con te ai nostri concerti. Con te se ne va il più grande chitarrista ritmico e funky che abbiamo nella nostra regione. Ma per noi se ne va un amico vero, una persona speciale per questi tempi: un uomo mite, gentile, appassionato e compassionevole.
Una rarità! Ed anche un grande romanista!
Noi non suoneremo più senza di te, ma ti ricorderemo sempre.
Un abbraccio a Rosella e alla Picchettina.
La famigghia Kugghia».
L’ultimo saluto a Mimmo Picco è in programma per sabato, 4 ottobre, alle ore 14.30 presso la chiesa dei Santi Filippo e Giacomo di Ascoli.
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