Uncem Marche contro la soglia dei 600 metri, il presidente Amici: «La montagna non si misura in quota»

LETTERA al ministro Calderoli e alla Regione: «Serve equità per l’Appennino, non algoritmi che escludono i nostri Comuni»
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I monti Sibillini

 

L’Uncem Marche (Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani) alza la voce contro i nuovi criteri di classificazione dei Comuni montani introdotti dalla Legge 131/2025, che fissa la soglia di “montanità” a 600 metri di altitudine. Una misura che, secondo l’associazione, rischia di escludere gran parte delle comunità appenniniche marchigiane dai benefici e dalle politiche di sostegno dedicate alle aree interne.

Con una lettera indirizzata al ministro per gli Affari regionali e le Autonomie Roberto Calderoli, ai parlamentari marchigiani, al presidente della Regione Francesco Acquaroli e alle istituzioni regionali, Uncem Marche denuncia l’iniquità di un sistema che “riduce la montagna a una quota altimetrica”.

 

Il presidente di UNCEM Marche Giuseppe Amici

«Gli Appennini non sono le Alpiafferma il presidente Giuseppe Amici, riconfermato alla guida dell’ente durante l’Assemblea congressuale del 31 ottobre Le nostre montagne vivono condizioni di isolamento, spopolamento e fragilità economica che non si misurano in metri sul livello del mare. Una quota non può decidere il destino di interi territori».

 

Il nuovo criterio, basato su parametri altimetrici e di pendenza, taglierebbe fuori decine di Comuni oggi classificati come montani. Nelle Marche, dove l’Appennino si sviluppa con rilievi più dolci rispetto alle Alpi, molti centri si trovano tra i 400 e i 600 metri: aree che rappresentano l’ossatura dell’entroterra regionale, ma che rischiano di perdere fondi, agevolazioni e opportunità di sviluppo.

Esempi concreti arrivano da tutto il territorio. Nel Pesarese, Frontone (412 metri) e Isola del Piano (210 metri) condividono le stesse difficoltà dei comuni più elevati. Nell’Anconetano, Sassoferrato (380 metri) e le frazioni di Fabriano (come Serradica, a 450 metri) testimoniano come la montanità si misuri nella resilienza delle comunità, non nell’altitudine. Nel Maceratese, Sarnano (539 m) e San Ginesio (680 m) affrontano le stesse sfide di spopolamento e isolamento.

Più a sud, Amandola (500 m), nel cuore dell’Unione Montana dei Sibillini, è un centro che ha vissuto le ferite del sisma e lavora per ricostruire un tessuto sociale ed economico pienamente montano.

E nell’Ascolano, Comunanza (448 m), nell’Unione Montana del Tronto e Valfluvione, rappresenta un presidio produttivo e comunitario essenziale, ma rischierebbe anch’essa l’esclusione dalle politiche dedicate alla montagna. 

 

La delegazione regionale di Uncem ha espresso forte preoccupazione anche per la composizione del gruppo tecnico ministeriale incaricato di definire i nuovi parametri, da cui sarebbe stata esclusa l’Uncem nazionale. Un’assenza che, secondo l’associazione, potrebbe portare a una riduzione drastica dei Comuni riconosciuti come montani, con effetti pesanti per le aree interne.

Per questo, Uncem Marche rivolge un appello alla Regione affinché, in sede di Conferenza Stato-Regioni, neghi l’intesa su qualsiasi decreto che penalizzi i territori appenninici marchigiani, e invita a una mobilitazione istituzionale congiunta – Regione, Province, Unioni Montane e Comuni – per chiedere una revisione dei criteri.

«La legge segna un cambio di paradigma: non più assistenza, ma pari dignità – conclude Amici – Ma questa dignità deve valere per tutti i territori montani, anche per quelli che non superano una soglia altimetrica arbitraria. La montagna non è un numero, è una condizione di vita. E nelle Marche, ogni borgo dell’Appennino merita di essere riconosciuto e sostenuto come tale».


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