Curti contro la nuova soglia dei comuni montani: «Non basta l’altitudine, serve misurare la vita reale»

MONTAGNA - L’onorevole piceno del Pd interviene sulla recente riclassificazione introdotta dal Governo, con soglia altimetrica fissata a 600 metri: «Se la legge riduce tutto a una rappresentazione topografica, non sta certificando la realtà ma la manipola. In questo modo, intere vallate e complessi collinari caratterizzati da mobilità difficile e servizi rarefatti, perdono tutele e certezze»
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L’onorevole piceno Augusto Curti (Pd) interviene sulla recente riclassificazione dei comuni montani, introdotta dal Governo, con soglia altimetrica fissata a 600 metri.

Augusto Curti

 

«Se la legge riduce tutto a una rappresentazione topografica, non sta certificando la realtà ma la manipola. In questo modo, intere vallate e complessi collinari caratterizzati da mobilità difficile e servizi rarefatti, perdono tutele e certezze. Nelle Marche, in particolare, stiamo pagando il conto salato di una dinamica demografica sfavorevole», avverte il deputato dem.

 

«Crollano gli under 25 (-53%), crescono gli over 80 (+63,6%), mentre le ultime proiezioni ci dicono che nei prossimi 25 anni perderemo 140.000 abitanti. Sanità territoriale, scuola e trasporti rischiano un ulteriore arretramento proprio dove servono di più. Se si sottraggono canali dedicati e deroghe scolastiche ai comuni “sotto quota”, non si persegue efficienza ma si favorisce l’abbandono».

 

Per questo Curti chiede di fermare i decreti attuativi e ricalibrare i criteri: «Serve un cambio radicale di visione, per arrestare il declino delle aree più fragili». Al centro c’è un cambio di metrica, che il deputato illustra nel dettaglio: «L’architrave della proposta è individuato in un indice composito di “vulnerabilità”, che integri la soglia altimetrica con un parametro di accessibilità reale ai servizi. Si tratta di un indicatore unico, trasparente e aggiornabile, costruito su pochi parametri oggettivi: il tempo necessario per raggiungere i servizi essenziali (ambulatori, scuola, sportello pubblico) o il posto di lavoro, la densità demografica e l’andamento della popolazione, la continuità dei collegamenti stradali e del trasporto pubblico, il grado di digital divide, il costo standard per erogare quei servizi in aree poco abitate».

 

«Ognuno di questi fattori pesa con una quota definita e, di conseguenza, il risultato finale produce una classificazione altrettanto oggettiva ma assolutamente più rappresentativa – conclude Curti -. Se un Comune supera una certa soglia di difficoltà, è “montagna” a tutti gli effetti, anche senza attestarsi oltre i 600 metri di altitudine. L’indice funziona come una proxy di accessibilità: non considera la quota, ma quanto è complicato vivere, curarsi, studiare e lavorare in quel luogo. È sviluppato come una sorta di cruscotto open data, ricalcolato ogni anno e utilizzato quale criterio automatico per attivare misure e risorse: Lep dedicati, deroghe scolastiche, premialità fiscali, priorità nei bandi. In questo modo i diritti non dipendono da una curva di livello, ma da condizioni documentate e misurabili. La legge, cioè, riconosce ciò che la vita quotidiana dimostra: dove l’accesso ai servizi è più oneroso, lì lo Stato interviene in maniera puntuale e incisiva».


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