“A piedi da Ascoli al Ceppo”, una guida per “ritrovare” la Laga 

ASCOLI - Un’opera completa quella pensata e realizzata, con competenza e passione, da Domenico Cornacchia, Narciso Galiè e il nostro Gabriele Vecchioni. Anche Qrcode per agevolare le escursioni sugli antichi sentieri riscoperti e non ancora segnalati
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La presentazione del libro del 7 dicembre ad Ascoli

 

 

di Walter Luzi

Quattrocentoquarantatrè pagine di amore per un territorio. Sono quelle che hanno scritto, a sei mani, Domenico Cornacchia, Narciso Galiè e Gabriele Vecchioni nella loro ultima pubblicazione di recente uscita. “A piedi da Ascoli a Ceppo, diario di un territorio”.

Un libro che tratta, a trecentosessanta gradi, quel meraviglioso angolo di mondo, ancora selvaggio, in parte quasi intatto, che sono i nostri Monti della Laga.

Una trattazione completa, sotto ogni angolazione, naturalistica, geologica, archeologica, storico-culturale, e, non da ultimo, sociale.

Sì, perché tornare a riconnettere le aree urbane e costiere con quelle montane interne, resta l’obiettivo principale degli autori. E molti residenti e operatori nell’ultima vera wilderness italiana sono stati coinvolti nella pubblicazione, con i loro pensieri e le loro testimonianze.

 

L’itinerario riscoperto, di una quarantina di chilometri suddivisi in quattro tappe da Ascoli verso il Ceppo, diventa così l’occasione per poter riscoprire, più spesso scoprire, le tante chicche lungo il lento cammino.

Lento, sì. E consapevole.

Come si può procedere solo andando a piedi, guardandosi bene intorno, andando a cercare particolari che possono sfuggire all’escursionista frettoloso, preoccupato solo della brillantezza della propria performance. E che ignora tutto il resto.

 

«Tanto quassù in montagna non c’è niente»: è così che si sente dire spesso, da più parti.

Quasi sempre sbagliandosi di grosso.

Domenico Cornacchia, un giovane appassionato e puro, nato e cresciuto respirando la Laga, grazie alle vastissime esperienze maturate sul campo per una vita dai veterani Narciso Galiè e Gabriele Vecchioni, (una generazione e mezza di differenza anagrafica con loro) ne ha scovati, invece, una infinità, di piccoli tesori semisconosciuti, lungo e intorno ai sentieri verso il Ceppo. Che, per molti chilometri, ha riportato, per l’occasione, alla luce personalmente, con l’aiuto prezioso, fra gli altri, degli amici dei Cai teramano e ascolano.

 

Chiesette ed eremi, grotte e torri di avvistamento divenute campanili, cippi e mulini, borghi fantasma senza strade che ci arrivano e neviere, carbonaie, caciare e, meno note, “rapazzole”. Ha intervistato pastori e boscaioli veri, e discendenti di briganti che briganti veri non erano.

Ha ricordato gli eroismi di maestre e farmacisti, di preti e giustizieri.

Di ribelli braccati fra questi boschi, e dei tanti montanari ammazzati dagli invasori piemontesi per averli coperti, fucilati davanti alle loro case date alle fiamme. Delle bande partigiane cosmopolite che a bosco Martese, il 25 settembre 1943, riportarono la prima, storica, vittoria, in una battaglia campale contro i nazifascisti.

Ha ricordato gli ori longobardi e i pregiati trittici trafugati su questi monti.

Ha raccontato di transumanze e fluitazioni dei tronchi di questi boschi, attraverso le rapide del Castellano, fino ad Ascoli. E delle tante ricchezze che hanno alimentato per secoli l’economia di questi luoghi, garantendo la sopravvivenza delle genti che le hanno abitate.

Funghi e travertino, pietra arenaria e castagne, pecore e carbone, ventricine ed essenze di erbe, formaggi e legna, e poi l’acqua. Tanta acqua. Ad alimentare bellissime cascate incastonate nel verde e bacini idroelettrici fra i più grandi d’Italia. E a far nascere i fiumi e i torrenti più importanti delle tre regioni che si dividono i 750 km quadrati di queste montagne quasi vergini, inserite dal 1991 nel Parco nazionale della Laga e Gran Sasso.

 

Gabriele Vecchioni e Domenico Cornacchia

Sono sempre loro, Cornacchia, Galiè e Vecchioni, escursionisti e divulgatori di lungo corso (Vecchioni da anni autore di una seguitissima rubrica su Cronache Picene), durante le presentazioni ascolane del loro libro, alla Libreria Rinascita il 23 novembre, e al rifugio urbano Campobase in via Iannella ieri, 7 dicembre, a ribadire l’importanza della salvaguardia, e della tutela nel tempo, della ricca rete sentieristica che ha collegato almeno per cinque secoli, affratellandoli, i tanti centri a cavallo della labile linea di confine che correva quassù, fra lo Stato della Chiesa e il Regno di Napoli, pure nemici fra loro.

Terre montane in simbiosi, fra commerci e baratti, con le città delle pianure fino al litorale Adriatico.

 

Gabriele Vecchioni dialoga con il pubblico. Accanto Domenico Cornacchia

Nel libro, per ogni tappa dell’itinerario, sono stati previsti Qrcode con le istruzioni per non perdere la retta via, in un contesto, come detto, per lunghi tratti ancora selvaggio e incontaminato, proprio per questo affascinante, ma i cui sentieri, pur agibili, sono spesso privi di segnaletica.

Territori rivalutati dai vari Festival del trekking succedutisi negli ultimi anni: da quello dell’Appennino, e, soprattutto, da quello culturale dei borghi rurali della Laga.

 

Affollatissima la Libreria Rinascita per la presentazione del 23 novembre

Alla Libreria Rinascita, per la prima presentazione ufficiale della pubblicazione, edita da Efesto, si è registrato un pienone di pubblico mai visto. Nella conferenza moderata da Manuela Cermignani, oltre ai tre autori, hanno dato il loro contributo due sindaci, Marco Fioravanti di Ascoli, e Lino Di Giuseppe di Rocca Santa Maria, lo speleologo Maurizio Bolognini, il pronipote del comandante Giovanni Piccioni, Luigi, Franco Laganà in qualità di esperto di tematiche idriche, l’archeologa Andrea Di Giovanni, la storica dell’arte Flavia Orsati e l’ultimo scalpellino della Laga, Paris Orsini.

 

La presentazione al “Campobase”

Al Campobase, un nome, una suggestione, si è replicato, ieri, domenica, in un ambiente più raccolto, quasi familiare, ma con un incontro parimenti partecipato. E molto intenso. Nel corso del quale si sono voluti ricordare tutti i primi principali pionieri locali dei monti della Laga, che hanno saputo lasciare un’impronta, un riferimento sicuro, curando le prime guide pubblicate su questi luoghi.

Luoghi dell’anima, prima che geografici. A cominciare da Stefano Ardito, che ha firmato anche una delle prefazioni di A piedi da Ascoli al Ceppo, a Marco Florio, Alberico Alesi, Maurizio Calibani e Antonio Palermi, fra i tanti altri.

Quelli che c’erano, il 16 aprile 1989, al Ceppo, quando circa tremila appassionati frequentatori dei Monti della Laga si opposero con una leggendaria manifestazione alla sua progettata cementificazione.

Autoconvocati, con un tam tam che corse per tutta l’intera Italia centrale, anche senza il supporto dei social non ancora inventati.

Una mobilitazione generale con pochi eguali, che riuscì miracolosamente a scongiurare, appena in tempo, dal basso, l’ennesimo improvvido disegno dei soliti avidi speculatori, sempre in agguato come avvoltoi su ogni risorsa naturale, e più autorevoli candidati al “Premio Attila”.

La realizzazione sulla Laga di un nuovo, invasivo, comprensorio sciistico. Un’altra bruttura distruttiva dell’ambiente, concepita in nome di una presunta emancipazione economica di quelle zone. Un prezzo troppo alto, che né il pianeta ormai abbondantemente devastato, né noi, cosiddetti umani, possiamo più permetterci di pagare.

 


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