Piazza Arringo
di Maria Nerina Galiè
C’è un messaggio semplice come il pane ma ricco come la sua fragranza dietro al progetto di Lorenza Roiati, ascolana di 32 anni, di aprire un forno nel centro storico ferito dal sisma della sua città, nell’unica stanza rimasta agibile della casa di famiglia, in Piazza Arringo. Dodici anni fa Lorenza se n’è andata per correre dietro al futuro alla volta della metropoli, dove ha pure trovato prospettive concrete. Nel maggio scorso è tornata ed ha deciso di intraprendere ad Ascoli un’attività che si preannuncia già fortunata. «Nella desolazione del centro, che ho trovato spopolato ed ammaccato – dice – voglio tirar fuori una bandierina rossa e dire a tutti “io ci sono, seguitemi!”». Nel giorno della Festa della Donna, quella di Lorenza è una storia da raccontare.
Lorenza Roiati
Il nome del nuovo locale è tutto un programma, “L’assalto ai forni”, e Gambero Rosso, la nota casa editrice del settore enogastronomico, le ha dedicato un articolo nella sua rivista. L’insegna, realizzata da un suo amico e che vedremo affissa al posto del cartello “lavori in corso” a ridosso dell’inaugurazione le calza a pennello. «Raffigura la testa di Medusa in “omaggio” ai miei capelli, con riccioli che intrappolano spighe di grano».
E’ emozionata Lorenza e sorpresa per questa inaspettata notorietà. Lei del resto ha fatto tutto sulla scia delle emozioni, guidata da «una furia cieca – la definisce – che però mi ha sempre riportato». Dopo la laurea triennale in chimica a Roma, ha “barattato” con il padre la specialistica per un corso di cucina. E lì è nata la passione? «Non la definirei così. Ho capito piuttosto che era quello che faceva per me. Concentrarmi con la testa e nello stesso tempo mandare avanti le mani». Il percorso è proseguito con diverse esperienze lavorative, a Milano dallo stage da “Ratanà” alla cucina di “Pavè”, dove insieme alla prima assunzione è arrivato l’approccio con la panificazione, continuato nello staff di Davide Longoni. L’ultimo prestigioso incarico è stato a Roma da Gabriele Bonci, un’autorità in fatto di pizza. Curiosa e sempre a caccia di nuovi stimoli, la giovane si è appassionata così all’impasto, alle farine ed alle tecniche che sposano metodologie innovative con l’utilizzo di grani antichi e ricercati, accumulando un sapere che ha deciso di riversare in un forno tutto suo.
Proprio nella sua città, all’interno del palazzo dove è nata e cresciuta e che a Pasqua di due anni fa è stato oggetto di un’ordinanza di sgombero per inagibilità costringendo la sua famiglia ad uscirne. Era stato risparmiato solo il fondaco, posto al piano terra, con ingresso al civico 46. «Con l’aiuto del mio ragazzo Lorenzo Cellini, architetto, l’ho rimesso a posto, sanato gli ambienti e messo a norma, ricavando 25 metri quadrati di laboratorio e 15 di rivendita», racconta la giovane artigiana. «Ora sono barricata qui – continua – e faccio prove su prove finché non otterrò il “mio pane”». Come sarà? «Diverso. Artigianale senza dubbio, ma anche espressione del mio gusto e modo di lavorare. Mi deve assomigliare. Deve emergere. Quando arriverà sono sicura che lo riconoscerò». Ha le idee chiare anche su quanto si dovrà celare dietro al suo prodotto. »Che arriverà al cliente finale integro, nel senso che le farine saranno di grani macinati a pietra, bio e coltivati con metodo artigianale. I fornitori il più possibile della zona».
Così come Lorenza non aveva dubbi sulla collocazione della sua attività. «La vera resistenza sta nel rifiuto della retorica che solo nella metropoli puoi avere tutto. Amo il centro storico di Ascoli, vorrei vederlo rifiorire. Io sono stata fortunata perché il locale è il mio ed ho quindi potuto “prendermela comoda” con i lavori, curando i particolari senza la pressione dello scorrere dell’affitto. Sarebbe bello che altri giovani, e so che in tanti lo vorrebbero, potessero avere delle agevolazioni sui canoni nei tanti negozi chiusi ormai da tempo. Tra l’altro da noi c’è una grande ricchezza culturale del buono, del saper fare ed una grande offerta di prodotti».
Oggi, 8 marzo, un pensiero alle donne. «Ritengo sacrosanta la battaglia ideologica contro patriarcato e razzismo, le nuove armi di sfruttamento femminile. Sul lavoro, non nego che ci sono ancora forme di discriminazione, ma posso dire che combattiamo ad armi pari. Nel mio caso, una donna in un laboratorio all’inizio si notava, ma poi i rapporti umani che ne sono scaturiti hanno superato le questioni di genere. Non ho mai avuto sconti, ma non li ho nemmeno chiesti».
Quando pensi di aprire? «Mi impegnerò per Pasqua. E… va bene, farò anche i “piconi”».
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