Zanetti: «Smarriti cuore e testa
Pronti a riaccogliere Da Cruz»

SERIE B - Il semi deserto "Bentegodi" sembra un campo neutro. Incessante il sostegno dei tifosi bianconer, ma alla fine i fischi per la terza sconfitta consecutiva. Il tecnico: «Abbiamo subìto il primo gol in maniera ridicola. Sono uno che sbaglia ma che non molla»
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Zanetti a fine partita nella sala stampa del “Bentegodi”

di Claudio Romanucci

La terza sconfitta di fila apre la crisi dell’Ascoli. Dopo aver sostenuto in propri giocatori fino alla fine in un clima da campo neutro, i quasi 700 tifosi dell’Ascoli giunti al “Bentegodi” hanno fischiato un’altra (meritata) sconfitta. “Noi vogliamo gente che lotta” hanno cantato dopo l’1-0 e poi, al triplice fischio, il coro che invita tutti “ad onorare i colori” con Zanetti e tutti i giocatori sotto la curva. Ben 35 le conclusioni verso la porta dei clivensi (12 delle quali nello specchio) contro le 9 complessive di un Picchio smarrito, frastornato. Per gli amanti delle statistiche, sono 5 le reti incassate e nessuna realizzata nelle ultime tre uscite contro Cremonese, Pescara e Chievo.

Davanti alla panchina durante la partita (Foto Edo)

Il tecnico dell’Ascoli arriva il sala stampa dopo un’ora dal triplice fischio. La sua è una disamina-fiume: sul momento no e sulla gara. «In questo momento abbiamo smarrito cuore e testa: quello che più mi dispiace – dice – è che abbiamo fatto cinque giorni di allenamento importanti dopo quanto accaduto in settimana. Sono episodi che non fanno bene, ma possono creare positive reazioni. Prima della gara ero sereno, poi sono rimasto sbigottito dall’approccio che è stato passivo».

Poi entra nel merito della prestazione: «Abbiamo subìto un gol vicino al ridicolo su una situazione che non sbagliamo mai. Siamo professionisti, non possiamo attaccarci alla paura: dobbiamo crescere e chiedere scusa ai nostri tifosi per uno spettacolo non degno di loro. Ci hanno fatto giocare in casa, dalla panchina sentivo solo loro. C’è però una certezza: non mi piango a dosso. Sono uno che sbaglia ma che non molla, sia chiaro. Se fossi la società delle riflessioni le farei, perché è giusto così. E’ venuta a mancare la serenità e la compattezza, dopo almeno tre quattro riunioni per mettere tutto a posto. Il caso Da Cruz? Non è stato nient’altro che una scazzottata tra uomini, di quelle che accadono anche alla fine delle gare di calcetto. La questione va compresa con la società, Da Cruz è sicuramente un elemento importante ma non è il salvatore della patria. Ha pagato quello che doveva pagare – conclude l’allenatore bianconero – e siamo pronti a riaccoglierlo nel gruppo nella maniera giusta. Siamo chiamati a uscire subito da questa situazione, subiamo la pressione di voler fare una cosa e non riuscire poi a farla perché siamo come bloccati».


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