di Renato Pierantozzi
Stefano Tulli
«Sibillini e città d’arte magari più del mare, ma serve una strategia promozionale immediata perché molte località italiane concorrenti si stanno già muovendo per la ripartenza». E’ la previsione dell’imprenditore ascolano Stefano Tulli, tour operator e founder della start up Winedering specializzata nelle esperienze e degustazioni nella cantine di tutto il mondo con oltre 4.500 aziende in portafoglio. «Temo che il turismo estero per quest’estate possiamo dimenticarcelo -dice Tulli- ma credo fortemente che torneremo a fare un po di vacanze quest’anno, sicuramente».q
Come sarà allora il turismo post Covid?
«Sto proprio approfondendo l’ultimo report dell’Enit sui dati per la stagione 2020. Per l’estero penso che la stagione sia compromessa, mentre è troppo limitante o banale dire che il mercato nazionale ci farà vivere quest’anno. Perché? Il comparto non è solo spiaggia o hotel, ma è fatto di un grande numero di persone e fattori e il mercato turistico domestico può essere un cerotto. Ci sono tanti questionari, interviste, ma sono critico sul valore di queste indagini. Ma chi non vuole partire? Dai ragazzi alle famiglie, tutti vogliono fare un viaggio. Il problema è dove andare e quando partire. Perché bisogna andare in posti sicuri e territori attrezzati. Sono convinto che ci sarà un bell’incremento del turismo in montagna all’aria aperta, e i Sibillini possono essere una destinazione, più che in spiaggia tra distanze e plexiglas».
I Sibillini
Ascoli e il Piceno che carte hanno da giocare?
«Sono convinto che abbiamo potenzialità di crescere, ma servono persone che lavorino per accogliere in sicurezza i turisti. Primo perché il mercato si sta muovendo e in una una marea di convegni in corso in questi giorni sta emergendo, da Trieste a Siracusa, che i territori si stanno già muovendo mentre noi siamo ancora fermi. La competizione sarà tra tutta l’Italia minore e se se prima solo noi avevamo il problema di avere pochi turisti, ora la difficoltà sarà per tutti»
Come va nel settore del vino alle prese con il lockdown?
«L’Italia sconta un gap nell’e-commerce del vino enorme anche se io mi occupo più di turismo che di vendita pur potendo in un attimo modificare la mia piattaforma. Ma ho notato che nell’ultimo mese tantissime cantine si sono messe a fare e-commerce magari anche perdendo clienti perché non li hanno saputo gestire. Per fortuna il coronavirus, è brutto da dire, ha aperto gli occhi ai produttori sull’importanza della parte digitale, ma è importante che tutti si mettano in testa che l’ecommerce non si può fare in una settimana per vendere il vino che non si riesce a piazzare. Deve far parte di una strategia aziendale perché all’estero non si vende l’ecommerce e basta, ma l’esperienza e tutto quanto. Non solo una bottiglia».
Vigneti delle colline spinetolesi
C’è differenza tra il turista italiano e straniero che si rivolge al portale per vivere un’esperienza in cantina?
«Sì, bisogna dividere in due micro-categoria. Gli italiani, soprattutto, vanno in cantina perché vogliono acquistare un prodotto, mentre l’esperienza della visita è secondaria. Il turista straniero invece vuole vivere un’esperienza, rilassarsi, magiare e dopo compra una bottiglia. L’approccio è totalmente diverso. La cantina è un posto di relax e divertimento. Ho fatto delle visite di recente in Sud Africa o in America le cantine sono dei luoghi di culto. Anche in Italia gli stranieri cercano questo: il rapporto con il produttore, il pranzo, e poi sicuramente acquistare il vino. Tutto ciò può essere il nostro punto di forza».
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