Il dottor Pierfrancesco Grossi insieme con Cesare Milani, direttore di Area Vasta 5
di Maria Nerina Galiè
Il “pallino” della tecnologia al servizio della salute, e per ridurre i tempi di degenza, continua a caratterizzare il reparto di Cardiologia dell’ospedale “Mazzoni” di Ascoli.
Non è stato certo il Coronavirus ad arrestare il processo per allinearsi ai migliori centri nazionali.
Si chiamano “Impella” e “Acquadex” i due nuovi macchinari di ultima generazione entrati a regime proprio durante la quarantena.
«Impella è una turbina che entra nell’organo cardiaco e batte al posto del cuore», ha spiegato Pierfrancesco Grossi, primario facente funzione.
«L’acquisto risale a dicembre ed oltre a noi ne dispone solo l’ospedale di Ancona. L’abbiamo usata 4 volte, l’ultima volta di recente e sempre su casi estremi. In 3 occasioni il paziente è sopravvissuto», ha aggiunto il cardiologo.
«Acquadex è in grado di drenare fino a 10 chili di acqua in due giorni dall’organismo del paziente scompensato. E’ stata messa in funzione 2 volte, entrambe ad aprile».
A fine maggio inoltre è previsto un concorso per l’assunzione di due tecnici cardiologici per potenziare il controllo da remoto di defibrillatori e pacemaker.
«Faremo da apripista nelle Marche, in un servizio che già offriamo», ha sottolineato il cardiologo.
Ha poi accolto i pazienti della Cardiologia riabilitativa del “Madonna del Soccorso”, dove il primario Vito Parato e la sua equipe sono stati impegnati nella semintensiva per Covid.
L’equipe di aritmologia del “Mazzoni” di Ascoli
Dottor Grossi, c’è stato molto lavoro in questo periodo?
«All’inizio, i primi di marzo, il reparto si era svuotato. In 20 anni che faccio questo lavoro, non mi era mai capitato di vedere 4 posti letto su 30 occupati. Di solito siamo al completo».
Cosa indica il dato?
«Che qualcuno ha sottovalutato i sintomi dell’infarto e alla lunga potrebbero manifestarsi i danni, irreparabili. L’infarto è infido, i sintomi possono essere sfumati e per rivelarli occorre un elettrocardiogramma. L’infarto non si cura a casa».
Fa un’affermazione preoccupante.
«Viaggiavamo a ritmo di 50 presunti infarti al mese, ne abbiamo seguiti 20. Degli altri 30 è possibile che siano stati sottostimati i sintomi per la paura del paziente di rivolgersi al Pronto Soccorso o al medico di famiglia, o per la difficoltà ad accedere ai servizi di base. E’ un fenomeno rilevato a livello nazionale. Non è accaduto solo ad Ascoli».
Adesso com’è la situazione?
«Siamo tornati ad aver occupati 30 posti su 30».
L’Unità operativa complessa di Cardiologia del “Mazzoni”, 15 medici più 40 infermieri oltre gli oss, garantisce 4 servizi, Emodinamica ed Elettrofisiologia, Utic, Cardiologia e ambulatorio. In tutto dispone di 35 posti letto, di cui 7 di terapia intensiva, 23 di ricovero ordinario e 5 per il Day Hospital.
Anche il Day Hospital ha lavorato meno a marzo?
«C’erano interventi programmati, ma alla chiamata il paziente ha chiesto se poteva rinviare».
Per paura del contagio?
«Si, scelta non proprio ideale. Un paziente in lista per coronografia, angioplastica o perché deve mettere un pacemaker, ha più possibilità di avere problemi cardiaci che ammalarsi di Coronavirus».
Cosa può dire dell’attività ambulatoriale?
«Fino alla scorsa settimana abbiamo garantito le visite urgenti e brevi, come da prescrizione del medico di famiglia. Ora abbiamo ricominciato con le prese in carico dei pazienti dimessi dal nostro reparto. Gli ambulatori dovrebbero ripartire l’1 giugno. Mi auguro che si possa anticipare la data».
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