Pier Paolo Piccioni
di Luca Capponi
“Più si scrive meno si legge”. La citazione non è sua, bensì del mitico sor Emidio, il padre. Quindi, quasi come fosse un cross al centro per la punta pronta ad insaccare, non si può non cogliere al volo. Anche perché, soprattutto nell’Ascolano (stavolta sì, seppure senza virgolette, la citazione è sua), sono in pochi a non conoscere Pier Paolo Piccioni, per molti Peto’, per molti altri ancora storica voce dei Nerkias, personaggio poliedrico, musicista abile, cantore dell’ascolanità, mente sopraffina e spirito arguto. Che stavolta se ne è inventata un’altra: uno show nuovo di zecca con una band nuova di zecca con una data (zero) nuova di zecca, il prossimo 25 marzo al PalaFolli in pomeridiana, alle 18. L’idea, però, arriva da lontano. «La Peto’ Band nasce un paio di anni fa, quando mi è venuta la voglia di proporre uno spettacolo brillante basato sulla musica, realizzato con mezzi che fino a qualche tempo fa erano appannaggio di grandi produzioni e che nel frattempo sono diventati economicamente più accessibili. Ne ho parlato al tempo con Stefano Romani della SR Video Promotion che ha appoggiato entusiasticamente il progetto dandomi diversi consigli utilissimi, ed eccoci qua» spiega Piccioni, che in merito a questo “nuovo” esordio non lesina particolari interessanti. «Lo show mantiene la struttura del concerto, è composto essenzialmente da canzoni. -continua- Alcune di esse saranno presentate da brevi pezzi parlati, racconteranno storie: brillanti, umoristiche, satiriche ma anche commoventi o sentimentali. D’altronde si sa che il comico ha spesso in sé una vena seria. Abbiamo pensato a uno spettacolo che comprenda cioè tra le varie soluzioni comunicative anche quella visuale. Videoclip, effetti speciali, scritte, ospiti che interagiranno con noi dal video, musicisti di grandissima fama che suoneranno insieme a noi, a seconda del pezzo il contributo cambierà».
Ad accompagnarlo, un gruppo un po’ speciale. E non poteva essere altrimenti. «E’ composto dai ragazzi di una bella band ascolana, l’Officina d’Autore (Fabio Bevini alle tastiere, Gianfranco Izzi al basso, Luigi Di Ridolfi alla batteria, la fantastica Giorgia Cordoni alla voce), ma essendo loro sprovvisti di chitarra abbiamo pensato di coinvolgere un ragazzo giovane, un chitarrista che mi trovavo per casa, Marco Piccioni». Vale a dire il primogenito di casa Peto’, classe 1999, con cui il Nostro si troverà dunque a dividere il palco. «Di certo è una scommessa vista la giovane età, ma l’imberbe ha già dato in giro diverse prove di affidabilità. Come sarà andata questa esperienza insieme lo sapremo dire domenica sera» si schernisce. Poi però torna serio, parlando del momento musicale attuale. «Siamo in un momento di trapasso. Il fenomeno delle tribute band che ha avuto così tanto successo (e a ragione, ce ne sono alcune in giro davvero fenomenali) è destinato nel medio periodo ad avere una flessione, già si percepisce in giro una domanda di qualcosa di diverso. Noi abbiamo pensato che proporre un varietà di musica da ridere fosse una buona idea per proporre nello stesso tempo uno spettacolo di canzoni conosciute (e quindi evitare la naturale ritrosia degli organizzatori di eventi nell’investire sulla rischiosa musica inedita) ma garantire anche un allestimento di livello, per offrire un vero e proprio show».
Analisi semplice, efficace, intelligente, opera di uno che bazzica l’ambiente da oltre 35 anni. «Il primo ricordo musicale che mi viene in mente è quello di mio padre seduto sul letto in camera sua, nella casa a Porta Cappuccina, che suona “Poema” con la fisarmonica. Avevo tre anni e ogni volta che papà tirava fuori la fisarmonica dal fodero per me era festa. -racconta- La mia carriera musicale, invece, è iniziata a Capodanno 1982, quando mi esibii a Civitella con i Manhattan come tastierista non cantante. Ero serissimo e mi vergognavo abbastanza, specie all’inizio, mi nascondevo quasi dietro le tastiere. Un paio di anni dopo con i miei compagni di scuola fondammo i Nerkias, e lì fui buttato in prima fila come cantante insieme a Luca Marcolini, chitarrista e cantante anche lui». Una band entrata nella storia, epocale per una generazione e più, arrivata nelle case di tanti ascolani soprattutto in audiocassetta, in tempi che oggi sembrano preistoria. Ad unire queste due ere così apparentemente distanti, il trattare la materia con leggerezza. Che nella vita forse aiuta. O forse no. «Coi Nerkias devo ammettere che non ci siamo presi mai troppo sul serio, il che a ben vedere è la caratteristica vincente della proposta. Aiuta nella vita? Tutto aiuta, ma personalmente preferisco dire le cose serie seriamente e quelle meno importanti scherzando. Non riesco a scherzare su ciò che mi addolora veramente».
Pier Paolo col figlio Marco, anch’egli musicista
Infine, inevitabile, l’aneddoto. «Partecipammo, sempre coi Nerkias, alle selezioni del Festival di Napoli a Maiori. Aspettando di entrare a cantare una concorrente sedicenne ci venne vicino e ci chiese: “Chi siete venuti ad accompagnare? Chi sono i vostri figli”? La prendemmo bene, ci abbiamo riso per anni» conclude Peto’.
Anzi no. Il nome, o meglio il soprannome: «Il mio cognome è Piccioni, per cui in città divento inevitabilmente Pecció. Solo che un mio amico non ascolano una volta, in vacanza, cominciò a chiamarmi Peto’ (senza sapere che in dialetto significa tacchino) per cui poi se n’è andata con Peto’ e a questo punto me lo tengo. Il soprannome non si sceglie, tutt’al più lo puoi esorcizzare facendolo diventare un brand».
Ora sì, si può chiudere con le parole. Altrimenti si scrive troppo e si legge poco. Anche se l’importante, almeno in questo caso, è suonare. Con un sorriso sul viso e una carezza nel cuore.
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