Francesco Savoretti, a sinistra, e Fabio Mina, a destra
di Michele Carbonari
Conciliare un dialogo fra composizione musicale e i suoni della natura del paesaggio sonoro marchigiano. Con queste ambizioni il progetto “Two sound portraits” ha vinto il bando “Marche palcoscenico aperto”, dell’Amat e della Regione. I protagonisti sono il recanatese Francesco Savoretti e il flautista Fabio Mina, di Riccione, che artisticamente compongono il duo Threshold.
Questa sera alle 21 la presentazione ufficiale nei propri canali social e in quello dell’evento (https://www.facebook.com/events/213660720262026?ref=newsfeed).
Savoretti
Percussionista 40enne, Francesco Savoretti entra in contatto con la musica a dieci anni. Dopo aver fatto un percorso nel territorio, si sposta a Perugia e a Roma. Fra studio, formazione e concerti è stato in 48 Paesi diversi. Nel tempo si è specializzato nella ricerca e nell’esecuzione della musica tradizionale, del world/classic, ethno/jazz e contemporary/world.
Particolarmente interessato ad approfondire gli stili della musica antica e gli strumenti della tradizione mediterranea, da due anni collabora con il collega Fabio Mina e quest’anno si sono messi in gioco nel progetto regionale che stimola la ripartenza dell’arte in ambito culturale, unendo la musica elettronica ai suoni periferici.
«Nel duo trattiamo il linguaggio della contaminazione tra il linguaggio di world e jazz -racconta Francesco Savoretti -. In occasione del bando abbiamo presentato il progetto “Two sound portraits”, cioè due ritratti ed un unico suono. È inerente il paesaggio sonoro delle Marche, con l’idea che esiste un unico suono in due contesti: uno legato all’ambiente naturalistico, ad esempio siamo andati alle Gole dell’Infernaccio e poi a Castelluccio per “prendere” questi suoni, e li abbiamo posti in relazione ai luoghi del fare, dell’artigianalità. Per cui siamo entrati in contatto con i vasai di Montottone e con i ramai di Force per conoscerli e registrare i suoni di quelle storiche botteghe».
«Raccolto il materiale, l’abbiamo adattato in chiave compositiva attraverso i nostri strumenti -spiega-. Ci siamo trovati nel rifugio Valle Scurosa di Sefro, tre giorni, e abbiamo registrato la colonna sonora. Abbiamo campionato e rielaborato i suoni, ad esempio del tornio e dei martelli, attraverso un software e abbiamo creato un elemento compositivo su cui siamo andati a suonare altre armonie e ritmiche nostre».
Al progetto ha partecipato anche il videomaker Andrea Marinelli, di Osimo, che ha seguito i due artisti anche nei loro sopralluoghi.
«Tutto il materiale registrato farà parte della performance conclusiva: sarà un connubio fra immagini, suoni e musica, che caratterizzeranno il video – prosegue Savoretti -. Venendo dal mondo delle timbriche legate alle varie tradizioni del mondo mi sono accorto di quanta vicinanza ci sia fra i suoni tradizionali e la matrice elettronica dei suoni contemporanei, come se ci sia un fil rouge che connetta queste due entità. Il minimalismo di alcuni suoni tradizionali si sposava benissimo con delle sonorità di tipo elettronico. Allo stesso tempo esiste una varietà di suoni marginali che non sono stati approfonditi ma che hanno molto appeal ed interesse culturale, hanno caratteristiche uniche. Proprio questi siamo andati a ricercare».
«Ci siamo resi conto che in determinati luoghi, come quelli del rame, in passato si creava un’atmosfera sostenibile rispetto ai suoni che l’avvolgevano, come quelli dei boschi, un po’ più distanti rispetto a quelli attuali e legati alla modernità, più invasivi – conclude Savoretti -. I suoni fanno anche parte della memoria collettiva di questi nostri piccoli borghi, che ora si è perduta. È stato interessante anche per questo: è una testimonianza chiara di una tradizione che potrebbe essere rivalutata anche in chiave turistica».
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