di Walter Luzi
Giuseppe Barboni frequenta abitualmente, per lavoro e per amicizia, star di Hollywood, sceicchi arabi, oligarchi russi e miliardari vari. Per sei mesi all’anno vive a Montecarlo. Gli altri li passa in giro per il mondo. Ma nel suo Piceno, fra San Benedetto e Ascoli, Giuseppe Barboni torna sempre volentieri. Fra gli enta e gli anta, come dice lui, senza svelare il primo dato anagrafico, natali sambenedettesi, studi ascolani, almeno fino al completamento del biennio al Liceo Scientifico. Evade spesso, in littorina, già poco più che bambino, verso parenti e amici a San Benedetto. Poi spicca il volo. Da casa sua, e dalla provincia che gli va già stretta.
«Sono sempre stato una persona curiosa – racconta – ho amato sempre viaggiare, strutturare la mia forma mentis, aprirla verso altri orizzonti, altre prospettive. Sviluppare la visione d’insieme, focalizzare gli interessi, per raggiungere meglio e più rapidamente gli obiettivi. Fare esperienze soprattutto».
La sua famiglia, papà Walter, mamma Maria Luisa, un fratello più piccolo, Domenico, è benestante. In grado di garantirgli, soprattutto economicamente, una comoda esistenza da figlio di papà. Lui, invece, per costruirsi la sua, non esita a scegliere di percorrere le vie più impervie. Entra nella scuola navale militare “Francesco Morosini”. Uno degli Istituti più prestigiosi, impegnativi e selettivi d’Europa. Luca Cordero di Montezemolo e la maggioranza dei Capi di Stato Maggiore dei vari corpi sono usciti da lì. A Venezia. Una città che già ama moltissimo. Vita dura, disciplina e sacrificio.
In quel collegio della Marina Militare diventa un cultore delle arti marziali, e, ancor più, delle discipline da combattimento. judo, pugilato, lotta greco-romana, e, infine, MMA, acronimo anglosassone che sta per Mix Marzial Arts, che le riunisce tutte. Occhi aperti e riflessi sempre pronti, perché gli sparring picchiano duro, e non ti regalano nulla. Metafora sportiva che ben prepara a come funzionano le cose là fuori, anche ai colpi bassi che la vita può riservarti.
«Secondo me tutti i giovani dovrebbero fare almeno un anno di leva militare – afferma – aiuta a maturare una sana “cattiveria”, ad aumentare la loro voglia di fare, di sacrificarsi, di costruire, di arrivare. Svegliarsi alle sei, fare il cubo, e la doccia fredda dopo la corsa, temprano il fisico e la mente». Vorrebbe passare con i fucilieri di Marina, i marò del Battaglione San Marco, ma i suoi primi viaggi in America arrivano ad indicargli la nuova rotta.
Un ministro come maestro
Viaggia negli States, a fiutare il vento, e trarre ispirazioni. Gli studi universitari a Roma. La laurea in Scienze politiche e relazioni internazionali. La discute con un docente d’eccezione, il professor Vincenzo Scotti, già più volte ministro e sottosegretario in diversi Governi. Ma, per restare in tema di ex ministri, il suo mentore e spirito-guida è un altro monumento della politica della Prima Repubblica. Remo Gaspari. Democristiano, quasi quarant’anni in politica ai più alti livelli, deputato per dieci legislature, sedici volte a capo di un Ministero di Governo.
È un carissimo amico della famiglia Barboni di vecchia data. Fin da quando l’omonimo nonno paterno Giuseppe, medico pediatra originario di Villa Passo, insieme al parroco e al maresciallo dei Carabinieri della locale stazione, rappresentava, all’epoca, la figura più stimata, rispettabile e prestigiosa nel paesino teramano. Il giovane Giuseppe va a trovarlo spessissimo nel suo studio romano. Molte sue capacità nascono e si sviluppano proprio in quelle mezze giornate passate davanti alla scrivania di Remo Gaspari.
«Stavo ad ascoltarlo per ore – racconta sempre Giuseppe Barboni – anche se era ormai molto anziano. A trarre insegnamento dalla sua capacità di tessere tele relazionali, di adattare i propri linguaggi ad ogni tipo di interlocutore, di perseguire quell’opera paziente di taglia e cuci per realizzare i propri progetti. Carisma e capacità, le sue, che ho riscontrato, e riscontro, solo in pochissime altre figure politiche di ogni tempo».
I business
La prima azienda che fonda è di lobbing. Pubblic affair. Quel nodo, discutibile e spesso opaco, che lega, intrecciandone gli interessi, imprenditoria e politica, e quindi, sempre in Nord Africa, una di main investments, che si occupa essenzialmente di import-export. Il lusso arriverà dopo. Stabilisce relazioni con diplomatici e ambasciatori, cura i rapporti, le public relations, tanto per continuare ad esprimersi nel suo irrinunciabile lessico anglosassone, che ritiene fondamentali nel mondo degli affari.
«Le pubbliche relazioni sono alla base di tutto – afferma Giuseppe Barboni – tante carriere vengono costruite solo su rapporti amicali, preferenziali. Criterio che può mortificare, a volte, purtroppo, meriti e competenze. Ma è così che, quasi sempre, e quasi ovunque, funziona. Siamo tutti necessari, ma anche intercambiabili. A meno che tu non sia l’infallibile numero uno nel tuo campo. Ma questo succede raramente».
La società che più lo caratterizza e meglio lo gratifica è la Luxury Private Group, leader nella vendita e noleggio di beni di gran lusso, con tutta la gamma di servizi correlati. Con il ramo Real estate, immobiliare, tratta location, come alberghi al top di stelle e ville esclusive in management, praticamente, grazie ad aziende partner statunitensi, in tutto il mondo. Ma fornisce in comodato anche, con i rami d’azienda Private jets, jet ed elicotteri, con Yachts, con barche, motoscafi, yachts, oltre a Limousine e personale di security.
«Il primo screening nel mondo del lusso – rivela ancora Barboni – non è tanto sapere chi ha i soldi, perché i nostri servizi, ovviamente, costano, ma chi è disposto a spenderli. È il primo insegnamento per i nostri aspiranti brokers durante i corsi di formazione. Il grande lusso e il grande cinema vanno sempre a braccetto. Sono un mondo che tutti amano accarezzare e non possiamo stare dietro a chi ci fa perdere solo tempo. Le nostre diligence operano soprattutto in questo senso. Il recente matrimonio di Jeff Bezos a Venezia ha spostato una montagna di milioni di dollari. Ha interessato, in parte, anche noi, con l’indotto che ha mosso». È andato spesso a Mosca «…per amore… e per interessi…unendo utile e dilettevole…».
Il suo motto resta sempre «…massima resa con minima spesa…».
I soldi
A proposito di soldi. «Qualcuno mi ha definito rampollo di buona e ricca famiglia – ci tiene a precisare – questo è vero nella forma, ma non nella sostanza, perché i miei genitori non mi hanno mai elargito una lira. Il capitale iniziale di partenza è fondamentale per la nascita e lo sviluppo di una qualsiasi impresa. È quello il momento più delicato, complesso, nella vita di un’azienda. Idee vincenti possono averle in tanti, ma è la sua messa in pratica, il renderla redditizia, la parte più problematica, con accessi al credito, soprattutto in Europa, molto difficili. Partire con un milione, o cinquantamila euro, a disposizione, può fare la differenza, Ma partire con zero, come nel mio caso, è cosa ben diversa. Ho colleghi della mia età che hanno potuto contare su regalie, prestiti e fideiussioni familiari consistenti. Non si sono dovuti sudare nulla, come, invece, ho dovuto fare io. Poi puoi fallire lo stesso, in base alle tue capacità, ma, se, invece, arrivi, la soddisfazione è senz’altro diversa. Quello di aver fatto tutto con le mie sole forze è la medaglia più splendente sul mio petto».
Le donne
Ha fama di play-boy, Giuseppe Barboni, che lui non fa nulla per alimentare. Di lui, e della sua attività, si sono occupati anche giornali e riviste patinate, come Forbes, che dal 1917 stila le classifiche degli uomini più ricchi del mondo. O il Corriere della sera, il Sole 24 ore e Wall Street Italia. Poco più di un mese fa una sua intervista è finita anche sulle pagine di Repubblica. Nel pezzo si evocava anche di un presunto flirt (che lui ha subito smentito) con Sharon Stone.
«Le donne non rappresentano niente di ludico per me – rivela – ma, spesso, mi hanno garantito la sopravvivenza. Come quella volta a Mosca. Avevo diciannove anni, e le tasche vuote. Da casa continuavano a rassicurarmi, ma il bonifico non arrivava mai sulla mia carta con saldo pari a zero euro. Ero bloccato all’aeroporto di Sheremetyevo, uno dei più grandi della Russia e del mondo. Uno dei motivi per cui i moscoviti stanno sempre incavolati, è perché non vedono mai il sole. Il cielo è sempre plumbeo, e fa molto freddo. Fuori c’erano meno ventisette gradi. Da gelare in volo anche uno sputo prima che tocchi terra. Con gli ultimi spiccioli mi infilo nella metro guardandomi intorno cercando una zattera di salvataggio. Attacco bottone con la più bella seduta nel vagone. Quattro parole per conoscersi meglio. Ci piacciamo. Mi invita a casa sua. Ci sono rimasto ospite per dieci giorni».
Leggende metropolitane narrano di una sua telefonata di auguri per il compleanno di Robert De Niro di qualche anno fa, alla presenza interessata di un noto, ed esterrefatto, amministratore locale sambenedettese. Ma nella sua agendina dei contatti riservati, i nomi di vip, dalla A di Al Pacino in poi, abbondano.
Vip e jackpot
La frequentazione abituale con tanti divi del cinema, o multimilionari, non hanno mutato il modus operandi, nè la filosofia di vita, di Giuseppe Barboni.
«Solitamente non mi faccio abbagliare da nessuno – confessa – c’è chi mi può piacere di più o di meno, ma sul giudizio pesano fattori oggettivi, che analizzo in maniera distaccata, quasi come fossi un computer. Mostra rispetto per il lavoro degli altri, o no? Fa troppo il sostenuto, o no? Ci si può fermare ad un caffè, o ci si può intavolare un business duraturo? Sono sempre i dettagli a tratteggiare la visione d’insieme».
«Ho legato molto con Andy Garcìa, e ho buoni rapporti con Kevin Kostner, Orlando Bloom, e Adrien Brody, il più giovane premio Oscar di tutti i tempi – prosegue -. Delle donne preferisco non parlare perché non voglio che si equivochi sul passaggio dallo status di clienti a quello di amiche. Ammiro molto la top model e attrice Milla Jovovich, e la stessa Sharon Stone, con la quale dovremo rivederci proprio questo prossimo mese di luglio. E poi tante millionaire, o donne di potere. I top player di caratura mondiale, che siano attori famosi o ricchi uomini d’affari, in fondo sono persone normali. È importante individuare solo i codici linguistici più adatti da adottare, la sapienza delle parole da usare con loro. Non chiedere mai subito la foto opportunity come un fan qualsiasi, ma piuttosto stabilire una correlazione, umana, ma anche di livello adeguato del business. Se chiedono cinque milioni di dollari per un’ora di presenza ad un evento, non potrai mai proporgli di portarli ad una sagra di paese».
Fra i vip, ci sono anche figure, per lui, di riferimento. Discutibili per molti, ma tant’è. «Non ho idoli, e non ho avuto maestri – rivela – però riconosco valore, per quello che sono stati capaci di costruire, a tre personaggi, che, mi rendo conto, possono piacere o meno, come Gianni Letta, Flavio Briatore e Giovanni Malagò. Quest’ultimo l’ho conosciuto molto bene al circolo canottieri Aniene. Incarna l’italianità. Bellezza e capacità, unita, come per gli altri due, a indubbio shining. Quando una persona riunisce in sè tutte queste qualità, allora diventa un jackpot. Un vincente».
L’idea, il progetto, il sogno
Ha ricevuto proposte serie anche per candidarsi alle prossime elezioni regionali nelle sue Marche. Individualista com’è non riesce però a capire come possa incidere sui processi decisionali un consigliere regionale. Potrebbe riuscirci, ritiene, un presidente, o anche un sindaco, o, magari, un assessore. Forse. Non se ne è fatto nulla. Almeno stavolta. L’Arte è la sua nuova frontiera. Un settore con i risvolti commerciali dal maggior roy, il migliore rientro da un investimento. Dove anche una banana di pochi euro, incollata con il nastro isolante a una tela, può essere valutata milioni di dollari. Massima resa con minima spesa. Un concetto che ritorna.
«Basta – dice lui – solo una sapiente operazione di marketing». E ci spiega come funziona il mondo del lusso. E come Bernard Arnault, proprietario di una settantina dei brand più prestigiosi del mondo, uno degli uomini più ricchi del mondo, abbia fatto scuola.
«Il nostro bacino di utenza è nei luoghi di ricchezza estrema, come Dubai. Nel Mediterraneo si limita al principato di Monaco, Saint Tropez, Cannes. Fra quelle italiane contano solo Capri e Porto Cervo, la Costa Smeralda o la Costa Azzurra per qualche mese all’anno. Posto meraviglioso l’Italia, ma nel nostro ambito lavorativo, di poco rilievo».
Fresco reduce dall’esclusivo ricevimento dell’Ambasciata degli Stati Uniti a Villa Taverna, Roma, col gotha di politica, magistratura e dell’alta diplomazia internazionale. Tra la Meloni, Tajani, Salvini e La Russa, tra Conte e Piantedosi, Barboni ha rincontrato Tilman J. Fertitta, a cui ha strappato la promessa di una visita proprio a San Benedetto. Proprio per la Riviera, lancia un progetto talmente ambizioso da apparire quasi un sogno fantastico che una cosa di questo mondo.
«Ascoli e San Benedetto sono le mie città – argomenta – e mi piacciono molto entrambe. Meriterebbero di essere messe sulla mappa del lusso mondiale. All’estero, spiegare da dove vengo mi riesce sempre difficile. Mi chiedono: Milano? Roma? Napoli? Puglia? Risulta complicato persino far inquadrare loro la regione. San Benedetto ha un porto che è il triplo di quello di Saint Tropez, e potenzialità inespresse nel territorio enormi. Occorrerebbe una operazione incisiva di promozione, sinergica fra Comune, Regione, Stato e Unione Europea, per farne una mèta di lusso, abituale per vip, milionari e star di Hollywood. Come? Organizzando concerti, manifestazioni ed eventi di alto livello, riconvertendo, anche in parte, il molo di attracco per i pescherecci agli yatch di lusso. Sarebbe una bella sfida. La prosperità per molte cittadine costiere, la storia insegna, è arrivata proprio dal mare. Il mare Adriatico inviterebbe poi alla triangolazione con Venezia e Hvar, in Croazia, o anche con Montenegro e Albania, che sono in forte crescita. E anche un piccolo aeroporto per i jet privati e gli elicotteri, più vicino di Pescara o Ancona, non guasterebbe».
La sua visione è questa. Di chi è abituato a pensare in grande. Prima di fare i conti con la dura realtà del territorio, da sempre privo di una visione politica che vada oltre le dispute da pollaio e il basso cabotaggio delle iniziative, dei mille lacciuoli burocratici, e, non ultima, dell’anemia cronica delle casse pubbliche italiche.
Staremo a vedere se il seme buttato da Giuseppe Barboni darà frutti concreti. Intanto sui suoi social media tante le donne che lo stalkerano. Scapolo d’oro, single, dunque? «Che io sappia sì…». Figli sparsi in giro per il mondo? «Su questo non posso garantire…».
Il sorriso furbo da consumato giocatore ad un tavolo da poker, nel rilancio, rende più fitto l’alone di mistero, con cui, come nel fumo di sigaretta in certi vecchi film hollywoodiani, resta avvolta, la vita di un jackpot. Un vincente, partito da zero.
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