Domenico Orazi e la tomba monumentale a lui dedicata
di Maria Grazia Lappa
Un’immagine forte, potente, quella che esprime il piccolo soldato, Domenico Orazi, che lascia la sua casa, la sua famiglia, il monte Vettore, per il fronte. Aveva solo 19 anni. Era il 22 settembre del 1916 quando venne arruolato, affidato al reggimento artiglieria di Montagna (Batteria Soneggiante). Un foglio matricolare riassumeva la sua vita: altezza 1,72, torace 88 centimetri, capelli neri, lisci, occhi castani, colorito roseo, corporatura sana, segni particolare cicatrice frontale destra, professione contadino. Era partito con la paura nel cuore pr andare incontro al suo destino, non si sa per dove.
Dietro di sé lasciava il suo paese Abetito, frazione di Montegallo, incastonato tra le verdi montagne degli Appennini e sotto l’imponente Vettore. Non sapeva di dover affrontare la Grande Guerra, con la sua immensa portata e le sue conseguenze devastanti. Ogni guerra è una sconfitta, “una sconfitta di Dio” e presto Domenico, Menicuccio come tutti lo chiamavano, imparerà questa lezione.
Menicuccio è uno dei tanti caduti in guerra, un numero tra milioni di giovani, protagonisti di un conflitto che avrebbe cambiato per sempre il corso della storia. Nel suo cuore un tumulto per un futuro incerto e pericoloso. Proprio mentre era al fronte Domenico Orazi si ammala e durante la sua malattia incontra quello che diventerà Papa Giovanni XXIII, il Papa buono, successivamente Santo e protettore dell’esercito italiano.
Un momento della cerimonia dedicata a Domenico Orazi
Una vicenda umana carica di dolore quello che segna la vita di Domenico Orazi e domenica (6 luglio 2025) il diacono Luca Antonini ha pregato insieme alla comunità di Abetito e Giuliano Ghighi ha presenziato per ricordarlo.
Dopo solo pochi mesi di servizio Orazi viene ricoverato all’ospedale militare di Bergamo, per una broncopolmonite grave; all’epoca era una malattia pericolosa. Nel nosocomio prestava servizio come cappellano militare: don Angelo Roncalli, futuro papa Giovanni XXIII, subito si instaurò un rapporto tra i due molto stretto.
Il futuro pontefice scrive di lui nel suo diario personale: «Che caro giovane questo Orazi Domenico che qui, presso la camera mia, si sta dibattendo nella crisi violenta della broncopolmonite. E’ di Ascoli Piceno e conta 19 anni. Umile contadino ha l’anima pura come un angelo. Gli traluce dagli occhi intelligenti, dal sorriso ingenuo e buono. Stamane e stasera, sentendolo ragionarmi all’orecchio, mi inteneriva: “Per me, signor cappellano, morire ora è una ricchezza: io muoio volentieri, perché sento ancora, per grazia di Dio, di avere l’anima innocente. Se morissi più vecchio chi sa, chi sa, il sacco diventerebbe pesante. E poi morendo vecchio, il distacco è più doloroso. Lasciar moglie, figli, casa, costa molto. A me, ora, che costa morire?”. Un momento dopo mi ripeteva: “A me signor cappellano, piacerebbe tanto di morire ora, così, vicino a lei, in modo che sino al mio ultimo respiro io rimanga tutto del Signore”. E io: caro Menicuccio, voglio pregare tanto il Signore perché ti lasci vivo per lunghi anni. Il mondo ha bisogno di queste anime elette e semplici che sono tutto un profumo di fede, di purezza, di santa e fresca poesia cristiana. Anche noi sacerdoti ne abbiamo bisogno per sentirci edificati alla virtù, ed allo zelo».
Un mese dopo, esatto, la nota di mestizia così si conclude: «Il mio caro soldato Domenico Orazi è morto oggi improvvisamente al Ricovero Nuovo, dove l’avevano trasportato per un’operazione chirurgica. Fu rapito perché la malizia non ne mutasse i sentimenti o l’inganno non ne traviasse l’animo. Finché l’Italia ha di questi giovani che salgono al cielo, non può dubitare delle benedizioni di Dio».
Tante persone al cimitero di Abetito, frazione di Montegallo, per ricordare Domenico Orazi
Fu sepolto nel cimitero militare di Bergamo. Domenica è stata letta la testimonianza di Fabio Guerrieri, che ricordava le urla di disperazione della madre e dei familiari difronte alla notizia della sua morte.
Guerrieri ricordava: «Poco dopo morì anche la madre, forse di crepa cuore».
Dopo oltre sette decenni i parenti richiesero il trasferimento della salma al cimitero di Abetito. Una delegazione di circa cinquanta persone, capeggiata da don Vincenzo De Vincenzi, tra parenti autorità civili e religiose, si recarono in Lombardia dove insieme a monsignor Loris Capovilla, segretario personale di Giovanni XXIII, per celebrare una messa in onore del giovane artigliere.
In seguito i resti di Domenico Orazi, contenuti in un urna portata da un picchetto di militari e seguita da tutte le autorità, tornarono nel suo paesello. Ad accoglierlo ad Abetito c’era la banda del Corpo dei Bersaglieri, che sottolineava il momento solenne della deposizione delle ceneri in una tomba monumentale, realizzata dallo scultore corropolese Dino Di Bernardino, a lui dedicata.
Domenica il raccoglimento e la preghiera e anche una sottoscrizione che verrà inviata all’associazione di Papa Giovanni XXIIII.
A più di cento anni dallo scoppio del Primo conflitto mondiale deve essere per tutti doveroso il ricordo di quei giovani che furono obbligati a lasciare la loro casa, i loro affetti, i loro progetti di vita e le loro povere cose, per andare a combattere in una terra lontana per delle ragioni a loro inspiegabili.
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati