In regione piaga delle overdose,
sulla droga politica distante
e tace sull’obbligo del test ai neoeletti

IL COMMENTO di Giuseppe Bommarito – Le elezioni stanno trascurando due problemi che attanagliano le Marche: la maggior diffusione delle sostanze, specie la cocaina, e la presenza della criminalità organizzata. Cresce il numero di morti a causa degli stupefacenti
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L’avvocato Giuseppe Bommarito

di Giuseppe Bommarito*

 

Da un paio di mesi la campagna elettorale per la prossima competizione regionale è in corso, ed ora sta entrando sempre più nel vivo, con grande presenza di big nazionali, oltre cinquecento candidati, polemiche a non finire sui reciproci imperdonabili scandali e buoni propositi spesso proclamati con eccessiva facilità, alla Cetto La Qualunque.

 

Nessuno degli schieramenti, tanto meno quelli principali, sino ad ora però ha pensato di prendere posizione su due problemi che attanagliano da anni la regione, e riguardano tutti, soprattutto i giovani: la sempre maggiore diffusione delle varie droghe, cocaina in primo luogo, e – l’altra faccia della medaglia – la presenza ormai indiscutibile nel territorio regionale dei grandi sodalizi della criminalità organizzata, ‘Ndrangheta in testa, impegnati in una importante attività di riciclaggio, a volte addirittura favorita da improvvide decisioni di alcune amministrazioni locali.

 

Eppure, al di là dell’importanza oggettiva di tali questioni, che dovrebbero essere sempre e comunque in prima fila nelle preoccupazioni degli amministratori, non sono mancati negli ultimi tempi segnali di una sconcertante gravità, anch’essi completamente ignorati.

 

Basti pensare all’enorme strage di morti per overdose che si è registrata nell’ultimo anno nell’Italia centrale.

 

Ben 31 morti su un totale di 63 tra Marche, Umbria, Abruzzo, Toscana, Emilia-Romagna, Lazio, la metà esatta secondo il sito Geoverdose.it di tutte le morti per overdose registrate in Italia dall’inizio dell’anno (decessi enormemente sottovalutati a livello numerico per motivi più volte illustrati ai lettori). L’Umbria e le Marche, rispettivamente con 5 e 7 morti, sono in testa alla graduatoria nazionale del tasso di mortalità, primato di cui certo ogni regione vorrebbe fare a meno.

 

Impressiona questa sequela di morti (la metà del totale, è bene ripeterlo) in una fascia territoriale che è circa un quinto dell’intera superficie nazionale e che evidenzia a prima vista, come già detto, una distribuzione nel territorio, con rifornimenti in prevalenza fatti quasi esclusivamente nell’immenso mercato romano, di sostanze tagliate troppo poco o addirittura con qualche aggiunta di Fentanyl.

 

Eppure nessuno dice niente, nessuno ha inviato qualche “alert”, nessuno, nemmeno in campagna elettorale, ha evidenziato l’estrema gravità della situazione e ha parlato di come cercare di porvi rimedio.

 

Nelle Marche, poi, le campane a morto, proprio nel mese di agosto, hanno risuonato con una cadenza drammatica, veramente impressionante: un decesso a Potenza Picena il 5 agosto; tre morti in Ancona rispettivamente l’8, il 12 e il 19 agosto; un altro decesso il 16 agosto a Porto Sant’Elpidio. Altre due overdosi mortali si erano registrate a gennaio a Porto San Giorgio e a marzo a Cascinare. Un vero disastro, che si cerca di far passare nel dimenticatoio.

 

Una situazione che, per quanto riguarda le forze dell’ordine, dovrebbe portare in tempi brevi ad incrementare il personale che indaga e dà la caccia non solo ai pusher, ma anche ai clan che proliferano in sede locale e fanno soldi a palate sulla pelle dei nostri figli e organizzano sempre più spesso, in un’ottica di maggiore efficienza per i “clienti”, persino le case per il consumo in tranquillità delle varie sostanze appena acquistate, in qualche caso più volte inutilmente segnalate.

 

Quanto alla politica, essa appare distante da questo problema, seppure decisivo per la fascia giovanile. Invitati a prendere posizione, i due principali schieramenti impegnati nella campagna elettorale marchigiana hanno taciuto e si sono ben guardati, tanto per dirne una, dal proporre l’obbligatorietà dei test antidroga per i futuri eletti.

 

La Meloni, è vero, a Rimini, a due passi dalle Marche, pochi giorni addietro ha detto che la droga fa schifo e distrugge la vita, e poi, per sottolineare meglio il concetto, è andata a San Patrignano per incoraggiare i tossicodipendenti che stanno cercando faticosamente di venir fuori dall’incubo delle sostanze. Ma qui da noi, da parte del centrodestra, tutto tace e le stesse liste non sembrano immuni da presenze che, in qualche caso, per il loro passato (speriamo solo per il passato) da questo punto di vista suscitano perplessità.

 

Dal centrosinistra silenzio assoluto – nonostante il buon Ricci dica la sua su ogni cosa e stia visitando il territorio regionale dal mare ai monti, addirittura casa per casa –, se non la stantia riproposizione della legalizzazione della cannabis, in una fase storica il cui il principio attivo, il Thc, ormai raggiunge il 50 per cento (a fronte del 4-5 per cento di decenni fa) ed è scientificamente provato che sia responsabile di gravissime patologie psichiatriche.

 

In compenso, sempre nella vicina Emilia, il sindaco di Bologna, dopo aver scoperto l’acqua calda (cioè l’enorme diffusione del crack e la presenza in città di interi quartieri in mano alla malavita organizzata che spaccia), è riuscito a partorire la demenziale idea delle pipette per il crack distribuite dal Comune, genialata che non ha senso nemmeno in un’ottica di riduzione del danno, così come è stata giustificata.

 

Qualche decennio fa, in questa ottica, la distribuzione delle siringhe sterili per salvare la vita degli eroinomani e dei tanti cittadini che con loro potevano entrare in contatto e contrarre l’Hiv o l’epatite, aveva effettivamente un senso, ma per il crack, in cui gli assuntori rischiano l’infarto oppure l’ictus, oppure, ad essere meno pessimisti, la tracheite e qualche bruciatura sulle labbra, la pipetta distribuita gratuitamente non può non avere altro significato se non quello di incentivare oggettivamente il consumo di questa droga mortifera.

 

Ancora più assordante il silenzio della politica sulla criminalità organizzata, che in tutta la regione, soprattutto nella fascia costiera, oltre a coordinare gestire e lo spaccio di enormi quantità di sostanze, cocaina in primis, grazie a strategiche alleanze tra vari sodalizi italiani e stranieri, conquista spazi sempre più ampi di territorio, ricicla alla grande avvalendosi di prestanome e imprese compiacenti e colluse, investe, compra di tutto, sfrutta i piani casa, gioca sporco con i B&b spesso utilizzati per favorire la prostituzione e il giro della cocaina. E anche in questo caso, quelli che questa gravissima situazione hanno favorito ce li troviamo in prima fila nelle liste elettorali, pronti a fare il salto in Regione, dopo aver massacrato i comuni da loro amministrati.

 

C’è poco da meravigliarsi, poi, se il tasso dell’astensionismo cresce di continuo ad ogni scadenza elettorale.

 

*Presidente Ass.ne “Con Nicola, oltre il deserto di indifferenza”


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