Il bosco ceduo, antico sistema di governo del bosco

NATURA - Il termine deriva dal latino e indica lo sfruttamento boschivo in base a precise norme. Dal punto di vista botanico è «un metodo di rinnovazione fondato sulla propagazione vegetativa»
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Escursionisti attraversano un ceduo avviato ad alto fusto

di Gabriele Vecchioni

 

«Il ceduo è una forma di taglio usata soprattutto per specie come faggi, querce, castagni e càrpini che hanno la capacità di riemettere nuovi fusti dalla base del tronco tagliato. In passato, soprattutto in contesti di povertà e quando serviva la legna per scaldarsi, ogni vent’anni circa questi boschi venivano tagliati: era la forma più diffusa ma anche quella più impoverente perché non permette al bosco di evolvere, crescere e diventare resistente e forte (A. Bottacci, 2024)».

 

Una delle caratteristiche più evidenti delle nostre montagne è quella di presentare una grande varietà di paesaggi: si possono incontrare ambienti più o meno antropizzati a altri dove la mano dell’uomo non ha ancora compiuto disastri. Tra gli ambienti naturali troviamo aree rocciose, prati-pascoli, boschi. Proprio questi ultimi sono l’argomento dell’articolo. Abbiamo visto, in “puntate” precedenti, il bosco naturale e quelli artificiali (i rimboschimenti); è il turno del bosco ceduo.

 

Ceduo ormai avviato ad alto fusto

Una delle utilizzazioni classiche del patrimonio naturale della montagna è il ceduo, antico termine che deriva dalla parola latina caedere (tagliare) e che indica lo sfruttamento del bosco in base a precise norme. In epoca medievale, esso era legato al pagamento del legnatico, una tassa che veniva versata al proprietario del terreno; in caso di proprietà collettiva, era l’Università, forma di governo autonomo equivalente, grosso modo, al Comune attuale, che assegnava le “parti” ai diversi componenti. Nonostante lo spopolamento e le oggettive difficoltà tale forma di governo del bosco è ancora in vigore.

 

Escursionisti in un ceduo abbandonato

Dal punto di vista botanico, il ceduo è «un metodo di rinnovazione fondato sulla propagazione vegetativa». Vediamo come Sandro Pignatti tratta l’argomento in Ecologia vegetale (1995): «Il governo a ceduo, che si basa sulla ricostituzione delle parti aeree del bosco mediante polloni emessi da ceppaie, riguarda oltre la metà dei boschi italiani. I polloni hanno origine da gemme che possono preesistere sulle ceppaie (gemme proventizie) o che si formano in corrispondenza di calli cicatriziali (gemme avventizie) [v. immagine allegata all’articolo] e che danno luogo alla formazione di un fusto in conseguenza del taglio di ceduazione». Da gemme avventizie si sviluppano i cosiddetti “polloni radicali”, germogli che crescono direttamente dalla radice o dal colletto della pianta-madre, ben conosciuti dagli agricoltori che li usano per la riproduzione vegetativa di piante da frutto (melo, fico, olivo).

 

Montagna dei Fiori. Ceduo di faggio in abbandono

Con “ceduo” si intende, quindi, il taglio e la raccolta della legna come «esercizio del diritto di legnare», in attuazione dei diritti civici riconosciuti ai residenti. Esso consiste nel taglio del soprassuolo (termine tecnico che indica la vegetazione che si sviluppa sul terreno da ceduare) secondo turni di ceduazione che dipendono dalla natura dell’essenza arborea (cioè dalla specie di albero da tagliare) e dalla forma di governo del bosco prescelta. Il taglio prevede di lasciare un certo numero di piante (le matricine) che hanno il compito di garantire la ricostituzione del bosco.

 

Ceduo a regime nei pressi di Terracino, nell’Amatriciano

Il governo del bosco “a ceduo” ha avuto fortuna per la facilità delle operazioni e la velocità di ricaccio dei polloni che possono approfittare dell’apparato radicale della ceppaia. La produttività dei cedui è alta anche con turni brevi: «Al ceduo non si chiede di fornire tronchi di grosse dimensioni ma soprattutto legna da ardere o paleria per usi agricoli».

 

Prima di continuare con le notizie sul ceduo, leggiamo le parole che Alessandro Baldacci, ha dedicato a questa attività: «Questa pratica contribuisce anche a scoperchiare il suolo, renderlo eroso e poco fertile. La gran parte dei nostri boschi, originati a suo tempo da tagli cedui, ora ha tra i 60 e gli 80 anni; si tratta quindi di fustaie, la forma di foresta più evoluta con alberi grandi, una struttura più resistente e con maggiore capacità di tutela dell’acqua e della biodiversità degli ecosistemi al proprio interno».

 

Monti della Laga. Ceduo a regime

Non è questa la sede per sviluppare un discorso sui tipi selvicolturali utilizzati dalle genti di montagna o, comunque, dai ceduatori; qui ricordiamo (in estrema sintesi) solo alcune nozioni fondamentali, più che altro a titolo di curiosità, per quanti volessero approfondire l’argomento.

 

Prima di tutto, ribadiamo che le piante del ceduo si moltiplicano per polloni, quindi per via agamica: questo significa che i cedui possono essere solo di latifoglie (castagno, faggio, querce…) e non di conifere (pini, abeti…), che non si moltiplicano per questa via.

 

Le forme di governo del bosco a ceduo sono fondamentalmente due: i cedui semplici, costituiti da polloni e dove spesso, sono presenti matricine di età multipla del turno (di ceduazione), per produrre seme per sostituire le ceppaie più vecchie; i cedui composti, dove coesistono il ceduo vero e proprio e la fustaia di matricine disetanee (cioè di diversa età) per “ricostituire” il bosco.

 

Nelle nostre zone, i cedui più importanti sono quelli di castagno (legna da ardere e paleria), di quercia (legna da ardere e frascame per gli animali) e di faggio (legna da ardere e produzione di carbone). Per quanto riguarda i turni di ceduazione, cioè l’intervallo di tempo da lasciare prima di un nuovo taglio, sono di 12-14 anni per i castagneti da paleria, da 12 a 20 anni per i querceti da legna, 20 anni e più per le faggete.

 

Se, invece, consideriamo il trattamento riservato alle piante, possiamo distinguere tre diverse modalità di azione, brevemente descritte qui di seguito.

 

Il primo tipo è il cosiddetto ceduo a raso, con il taglio contemporaneo dei polloni presenti e delle matricine vetuste. La porzione di bosco ceduata appare all’osservatore quasi una tabula rasa ma l’operazione è motivata dalla facilità del lavoro di taglio e dall’economicità dell’esbosco, cioè il trasporto degli alberi abbattuti al luogo di raccolta. Dal punto di vista pedologico, questo tipo di taglio causa una forte riduzione delle sostanze nutrienti dal terreno, per via dell’asportazione di una quantità notevole di materiale.

 

Il secondo tipo di taglio è il ceduo a sterzo, utilizzato quando si presentano terreni in condizioni idrogeologiche difficili e occorre proteggere il suolo. Prevede il taglio periodico di un terzo dei polloni sulle ceppaie e il non-utilizzo di mezzi meccanici per le operazioni di esbosco del tagliato; quest’ultima caratteristica ha portato a un frequente abbandono di questa pratica di ceduo. L’ultima modalità di taglio del bosco è il ceduo composto. Si tratta di un trattamento misto: taglio a raso per i polloni e un’operazione di diradamento (il dirado) per la fustaia. Viene usata soprattutto per i querceti caducifoglie che hanno minore capacità di ricaccio.

 

Negli ultimi decenni si è registrata una forte diminuzione degli interventi di ceduazione del bosco: questo ha portato a una evoluzione del ceduo che ha “creato” diverse tipologie di bosco; usando un termine tecnico, esistono soprassuoli diversi: cedui “a regime”, cedui invecchiati, boschi ad alto fusto.

 

Una curiosità. La ceduazione è possibile anche negli alberi allevati in condizioni extra-boschive.  Si tratta della capitozzatura, usata nelle nostre campagne su alcune specie (gelsi, aceri, salici…) per la produzione di vimini, dai molteplici usi pratici. Questo tipo di ceduazione, per la sua facilità e rapidità di esecuzione, è diventata pratica comune anche nelle potature periodiche di alberature stradali, sia cittadine sia extra moenia: il non-rispetto della volumetria della chioma porta l’albero, dopo la ricrescita dei rami, ad assomigliare a un enorme carciofo. Il secondo tipo di taglio è lo sgamollo, realizzato su pioppi e querce per ottenere frascame per il bestiame; in questo caso, i rami vengono tagliati lasciando la cima dell’albero.

 

Al momento attuale, i cedui risentono dell’abbandono del quale ha sofferto la montagna: sempre più spesso si incontrano cedui invecchiati o abbandonati, a volte avviati naturalmente ad alto fusto, con ampie radure utilizzate come aree pascolive. Per avere un’idea chiara di cos’è l’abbandono di un ceduo, basta guardare con attenzione quelli della Montagna d’Ascoli (per es., quelli che costeggiano le piste da sci): ci sono ceppaie centenarie, con circonferenze rilevanti, di diverse decine di metri, con i polloni ormai diventati tronchi di grosse dimensioni.

 

 

 

 


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