Sarà presentata domenica 23 novembre alle 17,30, presso la Libreria Rinascita, nella centralissima Piazza Roma, “Da Ascoli al Ceppo – Diario di un territorio“, una nuova guida relativa a un luogo vicino, molto caro agli escursionisti ascolani. Stiamo parlando dei Monti della Laga e, più precisamente, dell’area compresa tra Ascoli Piceno, Valle Castellana e Rocca Santa Maria, territori situati nella limitrofa Regione Abruzzo ma, da sempre, legati alla città picena. La guida presenta l’itinerario, lungo una quarantina di chilometri, diviso in quattro tappe, descritte in dettaglio e con box di approfondimento relativi alle caratteristiche più interessanti del territorio.
In realtà, è riduttivo definire “guida” questo lavoro; infatti, è un vero e proprio diario, un racconto minuzioso non solo dei luoghi ma anche dei suoi abitanti, delle loro occupazioni e delle loro abitudini: della loro vita, insomma. Il volume è stato pensato dagli ideatori, Domenico Cornacchia, Gabriele Vecchioni e Narciso Galiè, come una vera e propria antologia e contiene, oltre a loro scritti originali, anche diversi contributi (ben 43!) di altri autori che hanno accettato di condividere le loro considerazioni sul territorio considerato.
Le collaborazioni sono dovute a persone di diversa estrazione sociale e culturale: scrittori, appassionati di montagna, lavoratori, semplici residenti. Tutti, nei loro brevi scritti raccontano la “propria” Laga, il loro legame col territorio e la loro voglia di restanza, nonostante le difficoltà.
Tra questi, nomi ben conosciuti in ambito locale e nazionale, come Alberico Alesi e Tonino Palermi, coautori con Maurizio Calibani, della mitica guida gialla della Laga, sorta di “vangelo escursionistico” per i camminatori ascolani (e non solo); Mauro Bolognini, uno degli “scopritori” delle Grotte di Frasassi; Stefano Ardito e Paolo Piacentini, che hanno accettato di scrivere le Prefazioni al volume, dopo averlo letto in anteprima.
Prima di parlare del volume, qualche riga relativa all’area della Laga. Una descrizione che è anche il racconto della nascita del volume, della volontà di descrivere un territorio, per fermarlo in un’immagine fotografica e in una didascalia esplicativa. La metafora della fotografia è calzante: gli autori hanno voluto “fotografare” il territorio, per fissarlo in un eterno presente.
Il paesaggio della Laga è, in gran parte, boschivo. I suoi boschi coprono i versanti appenninici fino a circa 1.800 metri di quota, dove iniziano le praterie. Fino ai 1.000 metri di altitudine sono presenti i cedui, i querceti, i castagneti. A quote superiori si trovano foreste di faggio e di abete bianco, boschi sfruttati nel corso dei secoli per la produzione di legname.
In passato, la superficie boscata è stata ridotta per fare spazio a pascoli e coltivi; oggi si assiste a un’inversione di tendenza, a causa dello spopolamento e del progressivo abbandono delle attività agricole e pastorali, per cui si incontrano ampie distese di arbusteti che tendono a ricolonizzare le terre abbandonate dall’uomo.
Interessante anche l’aspetto relativo alle infrastrutture, costituite dalle antiche mulattiere e dalle strade che attraversano l’area. Esse hanno avuto un ruolo storico: il paesaggio è stato contraddistinto per secoli da questi tracciati, percorsi da boscaioli, mercanti, pellegrini, cacciatori, soldati e briganti e, oggi, da escursionisti.
Infine, i piccoli borghi della Laga, arroccati sulle alture o distesi nelle ridotte aree pedemontane, sono un elemento fondamentale del paesaggio, e spiccano tra i boschi, spesso circondati da una ghirlanda di campi coltivati, segnalati a distanza dal campanile della chiesa.
I confini sono solo amministrativi, un’affermazione valida ancor più nel caso di Valle Castellana, un centro che, con le sue numerose frazioni ha sempre gravitato verso l’Ascolano (il centro più importante, Piano Santa Annunziata di Valle Castellana – I piana per i locali – è molto più vicino ad Ascoli Piceno che a Teramo, capoluogo dell’attuale provincia di appartenenza, raggiungibile con una strada che, in buona parte, corre a più di 1.000 metri di quota).

Il lago di Talvacchia; a sinistra, il bacino al colmo e , a destra, durante un periodico svuotamento (ph L. Capponi e L. Ferretti)
La maggiore vicinanza alla città picena ha comportato una continuità economica e culturale di gran parte del territorio comunale con quello di Ascoli Piceno. Molti vallecastellanesi (è questo il termine esatto per indicare gli abitanti) lavorano e studiano nella città picena e la diocesi di appartenenza è quella di Ascoli. Anche analizzando le vicende storiche ed economiche del territorio, il legame con Ascoli è sempre stato forte. Un esempio per tutti, lo sfruttamento del legname dei boschi della Laga che faceva capo a imprese ascolane; fino al 1903 era in essere la pratica della fluitazione, cioè del trasporto ti tronchi lungo il Castellano, uno dei due fiumi di Ascoli.
Il libro è stato scritto a più mani, da Domenico Cornacchia, giovane e attivo autore di saggi relativi al territorio, da Gabriele Vecchioni (collaboratore di Cronache Picene) e da Narciso Galiè, anche loro attivi nell’osservazione partecipata del territorio. Sulla copertina del volume non ci sono loghi, scudi comunali né simboli di enti e di associazioni: un’opera che nasce dal basso, per volontà degli autori, e in completa libertà.
È un lavoro che può apparire, a una lettura superficiale, disomogeneo proprio perché, come evidenziato poco prima, è l’assemblaggio di tante voci. Il risultato finale è composito ma significativo: è un libro non semplicemente descrittivo, ci sono sì le “cose” (tra virgolette) che si incontrano percorrendo i sentieri di questo pezzo di Laga ma non è “101 cose da fare sulla Laga”.

I colori del sottobosco. Da sinistra e dall’alto: ginepro, vischio, agrifoglio, rosa canina (ph O. Orsini)
Gli autori hanno scavato nel profondo, cercando di arrivare all’anima del territorio, di coglierne lo spirito, di trovare le motivazioni della cosiddetta “restanza”, la volontà tenace dei residenti di rimanere, di evitare l’abbandono, lo spopolamento. «È stato un lavoro difficile – raccontano gli autore – ma i posti sono così belli…».
Il volume esce per i tipi della Edizioni Efesto. La pubblicazione – è un libro impegnativo, con più di 380 foto – è stata possibile grazie al mecenatismo di Alfredo Catalfo, titolare della casa editrice romana; e non è facile, in questi tempi di editoria a pagamento, di passaparola, trovare un investitore.
Gli autori – uno, figlio di questa terra, e gli altri, appassionati frequentatori del territorio – hanno voluto dare al volume un taglio diverso dal solito, per permettere al lettore di vivere il territorio “in diretta”. Con la narrazione si intrecciano le voci di residenti e di esperti, per restituire le mille sfaccettature di un territorio straordinario e capace di sorprendere, sempre, chi lo abita e chi lo attraversa. In questa operazione, sono stati aiutati dall’apparato iconografico, molto ricco e di qualità.
In una delle presentazioni, gli autori dichiarano: «Abbiamo cercato di raccontare un territorio affascinante e misconosciuto, di grande bellezza e ricco di memorie, descrivendone il patrimonio naturalistico e quello storico-sociale. È una guida atipica, questa, che vuole aiutare il camminatore a entrare nel mondo di una terra di confine, scoprire lo spirito dei luoghi e godere delle sue bellezze. Per farlo abbiamo camminato, parlato con la gente, letto libri e documenti, trovando ispirazione e “rubando” parole (diversi brani sono stati ripresi da nostre precedenti pubblicazioni)».
E ancora: «…per raggiungere lo scopo prefissato abbiamo frequentato biblioteche e archivi; letto libri, giornali e riviste; parlato con la gente e fatto domande; visitato luoghi e camminato in montagna, tra le case, nei boschi; rielaborato le informazioni e chiesto autorizzazioni: il risultato è questo volume».
Gli autori chiariscono che volevano raccontare il territorio senza ricorrere a facili a stereotipi, alla Laga delle bellezze naturalistiche, dei paesi spopolati, del “bel tempo andato”. C’è anche questo nel libro, ovviamente, ma lo scopo era quello di raccontare la vita di oggi, della gente che è restata sul posto, con la sua vita, i suoi ricordi.
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