
ll teatro romano
Il progetto di riqualificazione del Teatro Romano di Ascoli Piceno non convince l’opposizione consiliare. Il consigliere comunale Gregorio Cappelli critica in modo netto l’intervento, definendolo un insieme di criticità tecniche, economiche e procedurali «impossibili da ignorare» e accusando l’amministrazione di non valorizzare il monumento, ma di «stravolgerlo».

Gregorio Cappelli
Al centro delle contestazioni c’è la grande parete specchiante scorrevole prevista all’interno dell’area archeologica, descritta da Cappelli come «un corpo estraneo, un elemento moderno calato senza criterio nel cuore del monumento romano». L’uso di superfici riflettenti viene giudicato «incompatibile con la natura del sito» e parte di una tendenza cittadina che, secondo il consigliere, avrebbe già prodotto accostamenti «forzati e privi di visione» in altri luoghi simbolo.
Non mancano critiche ai costi complessivi e alle modifiche strutturali previste dal progetto, che secondo Cappelli altererebbero le quote originarie del teatro: «Stiamo trasformando un monumento in un’installazione scenografica, perdendo autenticità e valore culturale».
Il consigliere solleva anche un presunto problema procedurale: durante un sopralluogo, afferma, sarebbe risultato assente il cartello di cantiere, obbligatorio per legge. Una mancanza che può comportare sanzioni o la sospensione dei lavori. Da qui la domanda: «Dove sono i controlli della Polizia Municipale?».
Cappelli annuncia che chiederà un incontro urgente con la Soprintendenza per ottenere chiarimenti su tutto il progetto. La vicenda sarà portata anche in Consiglio comunale e, qualora emergessero elementi di particolare gravità, il consigliere dichiara di essere pronto a rivolgersi ai Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale.
In chiusura, l’appello alla giunta affinché apra un confronto ampio sulla tutela dei beni storici: «Ascoli non può permettersi di perdere l’autenticità dei suoi monumenti, come già accaduto per Rua delle Stelle e Piazza San Tommaso, in nome di idee progettuali che non hanno né radici nella tradizione né futuro nella valorizzazione culturale».
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