Restyling del teatro romano, l’affondo di Salvati: «Brutalizzata un’area archeologica»

ASCOLI - L'intervento dell'ex funzionario della Soprintendenza e ispettore di zona della città sul progetto di riqualificazione del sito di via Ricci: «Alterazioni incongrue in contrasto con ogni elementare principio di conservazione. Un teatro di epoca romana o i suoi resti, in quanto tale e in quanto rudere murario di una tipologia architettonica di grande rilievo per la civiltà che l’ha costruito e per quella contemporanea, non necessita di alcun intervento che lo “riqualifichi”; solo attenzione e cura per la sua conservazione»
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di Pierluigi Salvati *

 

Il Comune di Ascoli Piceno ha presentato un progetto dal titolo “Riqualificazione del teatro romano per spettacoli all’aperto” nell’ambito del Pnrr, componente M5C2 relativa alle infrastrutture sociali, famiglie, comunità e terzo settore. Capitolo dedicato al finanziamento di progetti di supporto e aiuto alle famiglie, alle persone vulnerabili, disabili, anziani, inclusione sociale, lotta all’emarginazione, coesione territoriale. L’investimento “2.3” riguarda il miglioramento all’abitare: riqualificazione alloggi pubblici, housing sociale, rigenerazioni aree urbane degradate e offrire soluzioni abitative dignitose.

Pierluigi Salvati

 

Nell’ambito di queste finalità il progetto relativo alla rifunzionalizzazione dei resti del teatro romano sembra essere una marcata forzatura, poco attinente alle finalità stesse del finanziamento. Anche per quanto riguarda i principi di conservazione del patrimonio archeologico il progetto presenta uno “sconfinamento incongruo” che introduce la finalità del ri-uso per quatto attiene ad elementi storici definiti e riconosciuti dalla cultura contemporanea per il loro valore intrinseco di testimonianza e non per le potenzialità di riuso.

 

İ resti archeologici del teatro romano di Ascoli Piceno (I sec. d.C.), la cui consistenza è definita principalmente dalle murature a raggiera a livello di spiccato che sostenevano le gradinate (ima e summa cavea), adagiate al declivio del colle retrostante, non sembra che presentino margini per una loro corretta e rispettosa rifunzionalizzazione. Non si sono conservate murature in elevato che caratterizzavano sia l’impianto architettonico che lo sfondo scenico della cavea, dell’arena e del palcoscenico. Tutto è andato perduto ad esclusione delle murature a livello di spiccato di fondazione o poco di più.

 

Dai resti conservati si apprezza, con assoluta nitidezza, l’impianto planimetrico del teatro, le sue linee curve che lo delimitavano nella parte a monte e quelle rettilinee del fondo scenico, l’emiciclo della cavea e i muri radiali atti a sostenere le gradinate. In sintesi un grande e sontuoso rudere che occupa una grande area senza alcun elemento originale emergente in elevato.

Uno degli interventi sul sito

 

Un vero rudere archeologico, un classico complesso archeologico che il tempo ha conservato solo, o quasi, negli elementi di fondazione. La rimessa in luce e la conservazione dei resti archeologici è sostenuta dalla loro capacità di testimoniare e di comunicare una serie di informazioni di carattere storico-culturale, valoriale e di consentirne la percezione, la grandezza e la possenza dell’impianto originario.

 

La destinazione d’uso, anche quella d’origine e l’eventuale riutilizzo non rientrano fra le istanze di conservazione che le norme di tutela tendono a garantire. L’imposizione normativa, che ne riconosce il valore di testimonianza, prevede la conservazione dello stato di fatto di reperti archeologici con la loro aura di autenticità, non la loro rimessa in pristino né il recupero funzionale.

 

In subordine alla loro conservazione, qualora non si arrechi pregiudizio alcuno alla consistenza di autenticità, né se ne occultino parti, né si ingombri lo spazio con opere e volumi, si può prospettare l’idea di riportare in auge le antiche destinazioni d’uso.

 

Casi rari, quasi unici nel panorama mondiale sono i resti archeologici rifunzionalizzati in quanto l’operazione presenta delle oggettive criticità che difficilmente possono essere superate.
Principalmente si rileva che l’incombenza delle strutture moderne potrebbero penalizzare il rudere e, contestualmente, cancellarne il fascino e l’esperienza emotiva di vivere all’interno di un complesso architettonico che è stato costruito migliaia di anni fa. Emozione che comunica il valore del passato e delle sue molteplici fasi di civiltà.

Render tratti dal progetto definitivo

 

Il riutilizzo, anche se parziale, non può diventare un elemento di penalizzazione dei resti così come il tempo ce li ha restituiti. Molte sono le ragioni di tale importante indirizzo conservativo. Quella più significativa riguarda il fatto che ogni eventuale intervento e ogni destinazione d’uso, neppure quella originaria, possono essere prevaricanti rispetto alla consistenza dello stato di fatto.

 

I resti del teatro romano di Ascoli si presentano in uno stato che ogni eventuale operazione di riuso determinerebbe un intervento che penalizza la percezione della consistenza archeologica.

 

Comparativamente esempi di riuso di importanti monumenti di epoca romana possono mirabilmente chiarire i limiti di un eventuale recupero funzionale. L’anfiteatro di Verona, comunemente detta “Arena”, utilizzata per eventi, concerti di vario genere, conservato quasi integro nella sua struttura architettonica consente un riuso in un contesto materico antico e autentico predominante. Il teatro Greco-romano di Siracusa, peraltro rimaneggiato, in parte rifatto, conserva integra la sua spazialità e la sua matericità e non è stato necessario introdurre alcun elemento moderno per il suo riuso. Nel Colosseo, altro anfiteatro conservato quasi integro con molti illuminanti interventi di restauro conservativo nel corso degli ultimi cinque secoli, l’idea di un eventuale riuso non è mai stata presa in considerazione nonostante il suo superbo stato di conservazione e il fascino planetario di svolgere al suo interno spettacoli, rappresentazioni e eventi.
È stato ricostruito una parte del piano di calpestio della arena per far risaltare l’infinità e la complessità delle sue viscere, caratterizzate da un intreccio di cunicoli sotterranei.

 

Il progetto presentato dal Comune di Ascoli Piceno già nel titolo rivela un distorto e superficiale modo di rapportarsi con i resti archeologici della civiltà romana: “Riqualificazione del teatro romano per spettacoli all’aperto”. Un teatro di epoca romana o i suoi resti, in quanto tale e in quanto rudere murario di una tipologia architettonica di grande rilievo per la civiltà che l’ha costruito e per quella contemporanea, non necessita di alcun intervento che lo “riqualifichi”; solo attenzione e cura per la sua conservazione.

 

rudere è completo, definito in se stesso dalla storia e la conservazione è il solo modo di intervenire. Il progetto presentato prevede la ricostruzione di parte dell’ima cavea che inevitabilmente andrà a coprire i resti delle murature a raggera originarie e contestualmente determinerà una anomalia nel contesto ruderizzato. Al di fuori degli eventuali spettacoli, quindi per la maggior parte del tempo di visita e di percezione, con la paratia specchiante in posizione di riposo, i resti del teatro si presenteranno con un moncone di gradinata ricostruita al suo interno che vaga nell’aria! Anche l’idea della paratia specchiante risulta essere forviante per quanto riguarda la comprensione dell’originaria consistenza del teatro romano in quanto specchierebbe solo una parte delle gradinate dell’ima cavea che rappresenta un moncone della consistenza complessiva del teatro.

 

Ma anche la ricostruzione di parte della gradinata non può che ritenersi arbitraria in quanto non sembra che ci siano elementi che ne possano attestare l’esatta consistenza dimensionale e geometrica. In particolare si evidenzia che la porzione che s’intende ricostruire rappresenta solo una parte non completa delle gradinate che non arriva alla prima praecinctio e la sua moltiplicazione virtuale è una parte del teatro mai esistita in quella consistenza.

 

La realizzazione di una paratia mobile specchiante alta tre metri della lunghezza di circa venti, comporterà la realizzazione di un binario di ancoraggio a terra posto su di una fondazione di calcestruzzo armato (!), lo scavo di un cunicolo all’interno del fianco del rilevato e la sua opportuna protezione. Opere edili non propriamente di scarso rilievo che comporteranno alterazioni incongrue all’interno dell’area archeologica, in contrasto con ogni elementare principio di conservazione.

 

İnoltre, la paratia metallica specchiante, alta tre metri e lunga una ventina, di notevole peso e consistenza, nella sua movimentazione presenta delle criticità che potrebbero necessitare di ulteriori elementi strutturali di sicurezza per evitare eventuali svergolamenti e/o ribaltamenti qualora investita da forze orizzontali (vento). L’idea necessita di un esecutivo per l’esatto dimensionamento e le dovute verifiche di sicurezza che, presumibilmente determineranno dei significativi cambiamenti sulle dimensioni e sugli impatti.

 

In sintesi il progetto prevede il riutilizzo di una parte delle aree occupate dal teatro romano rivestite con elementi materici moderni come le gradinate, le sedute fisse nell’area del proscenio, il piano del palcoscenico, un nuovo fondo scenico e la paratia specchiante mobile che non riutilizzeranno nulla delle antiche strutture; le coprirebbero solamente.

 

Una brutale sovrapposizione di strutture moderne a coprire quelle antiche. Un’operazione di brutalizzazione di un’area archeologica per fare spettacolo. Un’idea contraria a quelle di rigorosa conservazione del patrimonio archeologico e allineata con la spettacolarizzazione di ogni evento della società contemporanea.

 

Il sottotesto del progetto è preoccupante per la contaminazione sulla quale si fonda: anche un’area archeologica può essere trasformata in una location per spettacoli ludici, di divertimento con effetti speciali e con luci sfavillanti! Oltre alle criticità oggettive nella sua realizzazione e alla inopportunità di sovrapporre elementi di moderna funzionalità a strutture archeologiche il progetto e l’idea che lo sostiene evidenziano una mancanza di considerazione di quelle che sono le prerogative culturali e la funzione sociale della conservazione del patrimonio storico culturale come elemento di crescita e di consapevolezza della comunità, come peraltro indicato dall’art. 9 della nostra Carta Costituzionale.

 

Si contesta anche il fatto che la paratia specchiante possa comunicare e evidenziare al fruitore la consistenza originaria del teatro.

 

Per informare correttamente il fruitore sulla consistenza del teatro romano, sulla tipologia costruttiva, sui materiali utilizzati e sulla chiave di lettura di carattere culturale che i resti archeologici richiamano è più corretto e più efficace operare attraverso materiale didattico/informativo e, se opportunamente studiati, anche con l’aiuto di pannelli didascalici sistemati all’interno dell’area archeologica.

Prima dell’intervento

 

(É oltremodo preoccupante che un Comune dell’importanza storica come quello di Ascoli Piceno abbia presentato un progetto di riuso dei ruderi archeologici del teatro romano. Nel passato progetti di tale impatto e impegno culturale venivano, preventivamente alla loro presentazione, verificati nella loro fattibilità generale, a livello informale, con le Soprintendenze competenti per territorio, gli uffici statali preposti alla tutela del patrimonio storico-culturale, per avere un preventivo informale assenso. La speranza è che in questo caso il passaggio informale non sia stato fatto e che la Soprintendenza non esprima un negativo parere ma dichiari il progetto “non ricevibile” in quanto palesemente in contrasto con i principi e le norma che tutelano il patrimonio archeologico culturale).

 

* architetto, già funzionario della Soprintendenza ed ispettore di zona della città di Ascoli dal 2008 al 2020


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