Gli addii da ricordare e una Cappella da valorizzare

ASCOLI - L’imponente partecipazione popolare ai funerali in Cattedrale di Pasquale Allevi, richiama alla mente altre storiche esequie del passato rimaste scolpite nel ricordo degli ascolani. L’appello perché la bellezza della Cappella della Resurrezione possa tornare presto a disposizione come camera ardente anche di tutti i fedeli che ne abbiano il desiderio
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di Walter Luzi

 

La straordinaria partecipazione popolare al funerale di Pasquale Allevi in Duomo di qualche giorno fa, testimonia, da sola, l’eccezionalità di una vita molto ben spesa. Rendono l’idea della stima e dell’affetto che possono essere meritati, unanimemente e incontestabilmente, da un uomo per quanto ha ben saputo fare e dare, nel corso della propria esistenza. Non è impresa da poco. Non è impresa da tutti. Perché non basta essere solo molto famosi, o molto ricchi, o, magari, anche potenti, per riuscire a guadagnarsi l’amore della gente. Perché la misura di quanto tu sia stato bravo ad entrare nel cuore di tutti, si ottiene solo contando quelli che vengono a piangere lacrime sincere al tuo funerale.

I funerali di Pasquale Allevi in Duomo

 

E a quello di Pasquale Allevi sono venuti in moltissimi. Una folla straripante di calciatori di ieri e di oggi, di vip e politici, medici e amministratori pubblici, ma, soprattutto, di “amici”. Un termine, questo, troppo spesso abusato, perché usato con leggerezza, con superficialità, ma, stavolta, no.

Quella moltitudine di gente normale, semplice, anonima, di ogni età, sesso ed estrazione sociale, che ha riempito la Cattedrale sabato pomeriggio, come neppure capita a Pasqua e a Natale, per salutarlo e stringersi intorno alla sua grande famiglia, sapeva bene di aver perso un amico vero. Una persona cara su cui poter sempre contare. Di cui poter andare orgoglioso già solo per il fatto di esserne concittadino. Con il quale potersi identificare, e grazie al quale poter continuare a credere, più che a sperare, in un mondo migliore per tutti.

 

E di fronte a quelle migliaia di persone accalcate in lacrime dentro a quel Duomo, la mente non può non correre ad altri simili partecipazioni di massa del più recente passato. Quelle a cui un po’ tutti siamo corsi con la mente, che ci siamo sempre portati nel cuore credendole manifestazioni di affetto uniche, e, soprattutto, irripetibili nelle dimensioni. E che invece, per fortuna della nostra presunta umanità, che stiamo via via smarrendo, ci siamo trovati, come sabato, grazie a Pasquale Allevi, a vivere ancora.

 

Roberto Strulli

Martedì 16 febbraio 1965. Chiusero anche le scuole, in Ascoli, quel giorno, e molte serrande di negozi si abbassarono per rendere omaggio a Roberto Strulli. Il portiere della Del Duca Ascoli morto al “Ballarin” durante il derby più tragico contro la Sambenedettese, giocatosi la domenica precedente. Nevischiava quel pomeriggio in una Piazza Arringo gremita e muta. Tutta Ascoli, sportiva e non, ad aspettare il lungo corteo di quasi cento auto proveniente dall’ospedale civile di San Benedetto dove Roberto Strulli era spirato poche ore dopo l’incidente. Era toscano, il nostro giovane portiere, ventisei anni appena, e la sua morte sul campo, difendendo i nostri colori, colpì, e commosse, davvero tutti. Fu considerato davvero, e celebrato degnamente, come un eroe, immolatosi per tutti noi ascolani. E tutti vollero esserci, per abbracciarlo idealmente, prima del triste ritorno nella sua terra.

 

Il presidentissimo Costantino Rozzi

Martedì 20 dicembre 1994. Ventinove anni dopo, stessa chiesa, stesso dolore. Il primo e unico, amatissimo, re di Ascoli, Costantino Rozzi ci lascia a soli sessantacinque anni. Ci aveva portato, dalla provincia più anonima e sconosciuta fin nell’Olimpo del calcio italiano. Ci aveva regalato orgoglio e identità, realizzando sogni che apparivano proibiti, vincendo sfide che, senza di lui, sarebbero state impossibili da vincere. Lo consideravamo un semidio, ma lo sentivamo, nel contempo, con orgoglio, uno di noi. Uno di casa. Un dolore straziante per ogni ascolano, quel giorno, in Cattedrale.

 

Carlo Mazzone

L’altro eroe del miracolo Ascoli, Carlo Mazzone, invece, sceglierà la vicina chiesa di San Francesco, e Piazza del Popolo, troppo piccola anch’essa per poter contenere tutti, lunedì 21 agosto 2023. Un altrettanto doloroso addio. Un romanaccio di Trastevere diventato ascolano per amore di quei colori, di quella fascia da capitano, e di una donna meravigliosa. Appesi gli scarpini al chiodo dopo un brutto incidente durante un derby con la Sambenedettese, si preoccupava solo di guadagnarsi uno stipendio nel settore giovanile per poter mantenere la famiglia. Invece diventerà, da ascolano di adozione, una delle leggende più amate del calcio italiano. Ma per tornare alle partecipazioni di folla più imponenti ad un funerale in Cattedrale non possiamo dimenticare la più vicina nel tempo.

 

 

Ottorino Pignoloni

Mercoledì 8 giugno 2016. È l’estremo, straziante, saluto, a soli cinquantanove anni, a Ottorino Pignoloni. Anche il Duomo sembra troppo piccolo per riuscire a contenere tutti quelli che lo hanno stimato e amato. Un altro giovane ascolano, come Pasquale Allevi, con almeno un paio di marce in più rispetto allo standard provinciale. Un altro di quelli che si è fatto strada nella vita, da zero, senza perdere mai di vista il Bene Comune. Sono quelli fatti così, quelli più amati.

 

Arrivano da tutta Italia per piangerlo, quel giorno, dirigenti e operatori dell’Associazione che aveva contribuito a far crescere fronteggiando le apatie di ministri e sottosegretari. Aveva rifiutato, sdegnato, le lusinghe della politica pelosa di casa nostra, che voleva arruolarlo, candidandolo per il Parlamento in un collegio sicuro. Come strappare, in questo Paese di bengodi, un biglietto vincente della lotteria Win for life. Giocava anche lui, come Pasquale, a calcio, e si era impegnato allo spasimo per riuscire a non far morire lo storico Carnevale della sua Ascoli, che amava immensamente.

 

Sulla pubblicazione nazionale che l’Unasca gli ha dedicato dopo la sua scomparsa hanno scritto di lui: “…C’è una Storia d’Italia che nessuno scriverà, specie di questi tempi. Quella Storia popolata da gente “comune” di grandissima qualità, dirittura morale, e senso degli altri, da cui si ricava una figurazione di ciò che di grande il nostro Paese potrebbe essere se fosse stato popolato da tante persone simili. Da tanti Ottorino Pignoloni”.

 

 

La cappella della Resurrezione

E’ per questo che arriva tantissima gente a piangere nel Duomo di Ascoli la scomparsa di uomini di questa levatura. E proprio in nome di quei valori che hanno sempre animato Ottorino Pignoloni e Pasquale Allevi, quali l’onestà, la generosità, l’uguaglianza, la giustizia, la solidarietà, l’altruismo, ci sentiamo di sollevare un interrogativo che può leggersi anche come un appello. Perchè la bellissima Cappella della Resurrezione, annessa all’obitorio dell’ospedale “Mazzoni” di Ascoli, “eccezionalmente concessa”, da ultimo, come camera ardente per la salma di Pasquale Allevi, non può tornare nella disponibilità della collettività?

 

Il fiume ininterrotto di persone che di lì sono passate venerdì scorso, hanno potuto godere, ammirati, della sua accogliente bellezza, e dell’intimo raccoglimento che quel luogo sacro, soprattutto in certi momenti, favorisce. Un patrimonio prezioso, che nessun’altro ospedale italiano può, forse, vantare, ma che è stato interdetto, da qualche tempo, alla fruizione dei fedeli come accoglienza per le salme.

 

Salvo eccezioni”. Pare davvero brutto, però, che anche la casa di Dio debba aprire le sue porte solo a pochi. E ad arbitraria intermittenza. Nella moderna epoca barbarica che stiamo vivendo, dove tutti i diritti valgono, ma, pare, ci dicono, solo fino ad un certo punto, e il doppiopesismo impera, non vorremmo vedere scadere ancora il livello generale del convivere civile. Che qualcuno possa, cioè, trasformare anche l’abbraccio di Dio, nella sua casa sulla via della vita eterna più vicina a quella della morte terrena, che è rivolto a tutti, in un privilegio riservato solo a pochi.

 

 

 


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