Ricostruzione ad ostacoli,
ogni pratica giace per 187 giorni
Farabollini: «Tavolo stile 1997»

SISMA - Convegno a Camerino. Il commissario: «Non nascondiamo che sarà una cosa lunga». Cesare Spuri: «Il 2019 deve essere l'anno dell'approvazione di progetti in cui aumenta la ricostruzione pesante»
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di Monia Orazi

Anatomia della ricostruzione (giunta al 2,8% degli edifici danneggiati), vista con l’occhio dei tecnici, con una pratica che in media giace 187 giorni nell’Ufficio speciale ricostruzione, la mancanza di contributi per lo studio della risposta sismica locale e permettere la ricostruzione in sicurezza nelle zone più critiche. Mancano gli anticipi per le relazioni dei geologi, i contributi per un ulteriore approfondimento geologico e geotecnico nei casi previsti, la mancata distinzione dei costi ammissibili per alcune indagini tecniche. Altro nodo è il Mude, bocciato dall’85 per cento dei tecnici, il sistema informatico che è un vero e proprio flagello per ogni tecnico, dall’architetto, passando per l’ingegnere, il geometra ed il geologo, ci vogliono in media 20 giorni per inserire un progetto ed è addirittura impossibile inoltrare richieste di contributo per più ditte, che siano intervenute sullo stesso edificio.

Farabollini

Sono alcune delle criticità evidenziate dall’indagine svolta dalla rete delle professioni tecniche, che a due anni dal terremoto, ha fatto il punto in un convegno che si è svolto a Camerino (ieri 1 dicembre), presso l’auditorium Benedetto XIII, a cui sono intervenuti gli ordini professionali, il commissario alla ricostruzione Piero Farabollini, il direttore dell’Ufficio speciale ricostruzione Cesare Spuri ed i suoi colleghi di Abruzzo, Umbria e Lazio, rappresentanti istituzionali ed amministrativi di diverse istituzioni. Ammesso che una pratica riesca ad essere presentata, altri ostacoli sono la diversa interpretazione delle norme da parte degli uffici ricostruzione delle diverse regioni, la verifica di conformità del progetto e del rispetto degli strumenti urbanistici da parte del Comune. I tempi si possono allungare se sono richieste analisi tecniche dall’ufficio ricostruzione, se vengono richiesti chiarimenti o integrazioni, anche la verifica dei requisiti soggettivi della pratica.

Per il Mude i problemi vanno dalla difficoltà di immagazzinare i dati, alla complessità ed alla difficoltà di usare l’interfaccia per inserire i documenti, alle difficoltà nel caricare quelli richiesti, alla scarsa efficacia del servizio di assistenza, alla frequente interruzione del servizio. Alla domanda sull’efficacia dell’attività degli uffici speciali ricostruzione, i tecnici hanno definito «non efficace» il servizio, sia per il numero di persone che svolge l’attività istruttoria, sia per il numero dei responsabili unici di procedimento, per le competenze tecniche di coloro che istruiscono le pratiche, sia per aspetti quali le comunicazioni sullo stato di avanzamento delle pratiche che delle procedure utilizzate. Promossi gli Usr dalla metà degli intervistati per la disponibilità e la capacità degli addetti, di dialogare con i tecnici che si rivolgono a loro. Il 49 per cento dei tecnici ha avuto richiesta di integrazione, secondo loro 44 integrazioni su cento richieste potrebbero essere evitate perché poco qualificanti, o ripetitive per la valutazione del progetto. In media sono richieste dieci integrazioni informali per ogni pratica. Alcune delle proposte fatte dalla rete delle professioni per rendere più veloce la ricostruzione sono la semplificazione delle procedure per la predisposizione e la gestione delle richieste di contributo, la limitazione dei casi di integrazione e della revisione del computo metrico ed estimativo, la possibilità per i professionisti di certificare la conformità dei progetti presentati, il miglioramento anche tramite attività formativa delle competenze dei responsabili di procedimento, negli uffici ricostruzione.

I DATI – L’indagine presentata a Camerino certifica che la ricostruzione è al palo. In tutto il cratere sono circa 75.955 gli edifici inagibili, secondo la stima del commissario straordinario per il sisma, sulla base del numero di edifici inagibili sia pubblici che privati, al completamento delle schede Aedes. Nelle Marche sono 42.265, in Umbria 12.206, 11.837 in Abruzzo, in Lazio 9.647. Attualmente gli uffici speciali ricostruzione delle quattro regioni coinvolte si stanno occupando di 59.652 edifici con danni lievi e gravi, di cui 38.147 nelle Marche, 8.635 nel Lazio, 7.202 in Umbria, 5.668 in Abruzzo. Sino ad oggi tutti e quattro gli uffici speciali ricostruzione hanno ricevuto in totale oltre 6.400 richieste di contributo ai fini della ricostruzione, pari a circa l’11 per cento del totale degli edifici inagibili. In realtà per l’89 per cento degli edifici danneggiati di tutto il cratere, ancora deve essere presentata richiesta di contributo. Tra questi, per un totale di 6.439, la parte del leone la fanno le Marche con 3.945 richieste di contributo presentate, seguite da 969 dell’Abruzzo, 901 dell’Umbria e 624 del Lazio. Quelle che sono state approvate, sono in totale 1.659, pari al 25,8 per cento di tutte quelle presentate e che rappresentano soltanto il 2,8 per cento di tutti gli edifici privati danneggiati. Nelle Marche sono state approvate il 29,7 per cento delle pratiche presentate pari a 1.172, in Umbria il 31,6 pari a 285, nel Lazio il 25,5 per cento pari a 159 e soltanto 43 in Abruzzo, pari al 4,4 per cento del totale. Al momento sono 1.563 i cantieri aperti in tutto il centro Italia, di cui 227 in Umbria, 43 in Abruzzo, 121 nel Lazio, 1.172 nelle Marche. L’indagine presentata al convegno è stata svolta su 3.051 professionisti, di cui 1.199 hanno presentato almeno un progetto per la richiesta di contributo della ricostruzione, il questionario è stato compilato da 421 di loro, pari al 27 per cento del totale.

LE POSSIBILI SOLUZIONI – Al coro di coloro che hanno evidenziato le criticità si è unito anche Claudio Pettinari, rettore Unicam e padrone di casa all’auditorium Benedetto XIII: «Manca un piano strategico per la ricostruzione e per evitare l’abbandono dei territori, dopo due anni nulla è cambiato». L’ingegner Cesare Spuri, con due terremoti alle spalle, ha ben chiaro il quadro di cosa non va ed ha lanciato alcuni possibili correttivi, lanciando un appello alla collaborazione, secondo il suo mantra «tecnici e ufficio ricostruzione, siamo tutti sulla stessa barca». Spuri ha indicato la necessità di modificare il Mude, criticità nell’anticipo del credito di imposta per i progetti approvati, l’esiguità del rimborso ai tecnici previsto per i collaudi. «E’ giusto fare le perizie giurate e semplificare il sistema – ha proseguito – dobbiamo fare attenzione ai tempi, devono essere accettabili, mancano sei, settemila perizie giurate, non si sa per quanto tempo si paga il contributo di autonoma sistemazione. Dobbiamo arrivare a una standardizzazione dei moduli ed alla definizione dei compiti dei Comuni sul Mude, che devono avere un sistema organizzato di controllo, ad esempio l’esistenza di abusi totali va accertata prima della presentazione della pratica». L’analisi del direttore dell’Usr ha evidenziato alcune criticità per i professionisti impegnati nella ricostruzione: «Alcune questioni vanno affrontate con il mondo delle professioni perchè iniziano dalla presentazione dei progetti. Sono contrario ad effettuare le gare per individuare le ditte nell’edilizia privata, contrario alle norme sul limite di incarichi per i professionisti e su quelle di conflitto con le imprese. Se un immobile è interessato al piano di sviluppo rurale o dal piano casa, non vedo perchè si debba dire di no, sono nodi da sciogliere, così come trovo assurdo il vincolo sul termine dei lavori, la sospensione va prevista o il divieto di vendita per due anni, facilmente aggirabile con contratti di promessa di vendita. Per il sub-appalto le ditte vanno indicate quando entrano in cantiere, non sei mesi prima. Sono cose che guardano al passato». Spuri si è rivolto anche alle banche: «Quando si tratta del contributo per la ricostruzione le banche non possono ragionare come se erogassero un mutuo, per uno stato di avanzamento lavori non si può iniziare una nuova procedura, per averlo dopo quaranta giorni. Nei condomini il contributo non è un mutuo preso dal proprietario, ma va a chi ha la delega. Sono d’accordo sulla necessità di accelerare nell’esame delle pratiche, ma se a seguito di un controllo certi lavori non sono riconosciuti e mancano ventimila euro, poi chi li mette?». Spuri, rispondendo alle domande dei giornalisti ha detto: «Facciamo una considerazione, se per un migliaio di persone che nelle Marche lavorano alla ricostruzione ce ne sono 400 che controllano, ritengo sia una percentuale un po’ troppo elevata, servono maggiori forze, ma vanno calibrate con un sistema che snellisca i compiti e li redistribuisca tra i vari soggetti. Dai grafici vediamo che di recente la curva si impenna, dunque vi è stata un’accelerazione nell’esame delle pratiche, vuol dire che si esaminano più progetti, rispetto alla settimana o al mese precedente. Ora abbiamo anche acquisito ulteriore personale, concesso dal commissario». Ecco gli auspici per il prossimo anno del direttore dell’ufficio ricostruzione: «Il 2019 deve essere l’anno dell’approvazione dei progetti delle opere pubbliche, l’anno degli studi delle perimetrazioni, in cui aumenta la ricostruzione pesante, in cui si gioca la stabilità delle strutture che operano per la ricostruzione».

UN TAVOLO DI CONCERTAZIONE COME NEL ’97 – Il commissario straordinario alla ricostruzione Piero Farabollini, ha iniziato il suo intervento ricordando che il suo metodo operativo è il confronto ed il dialogo con tutti gli attori della ricostruzione, con uno spirito improntato alla collaborazione. «Si deve giungere ad uno standard condiviso, dal punto di vista tecnico ed architettonico – ha detto – la ricostruzione deve essere ricostituzione di un territorio, non si può considerare soltanto il mero edificio, ma far ripartire anche l’economia di un’area bellissima che rappresenta l’Italia intera. Il Cile ed il Perù usano le nostre norme per ricostruire e noi che le abbiamo predisposte, non riusciamo ad usarle per rendere invulnerabile il nostro patrimonio. Vanno riorganizzati gli elementi informativi per definire procedure di altissima qualità». Ha proseguito il commissario: «Voglio essere certo che quanto prodotto dal comitato tecnico scientifico sia utile ed applicabile sul territorio, per questo gli ho chiesto di confrontarsi con gli uffici ricostruzione e i tecnici del territorio. Ho proposto un tavolo tecnico con i referenti locali degli ordini tecnici, che si interfacciano con l’ufficio speciale ricostruzione ed il comitato tecnico scientifico, se non c’è condivisione delle problematiche e di quanto si sta attuando, non si va da nessuna parte, io la bacchetta magica non ce l’ho. Mi farò promotore di questo tavolo di concertazione, dove ci si trovava tra tutti gli attori della ricostruzione, per affrontare le problematiche nel 1997, deve funzionare anche a livelli più alti». Farabollini indica l’obiettivo prioritario: «Da questo tavolo, tutti gli attori della ricostruzione insieme devono portare idee, devono uscire con percorsi migliori per arrivare ad una ricostruzione adeguata, ci sono 77 mila pratiche, non ci nascondiamo che sarà lunga». Tra i punti toccati da Farabollini la necessità di modificare il Mude, il Durc da modificare ma non da togliere perchè tutela il lavoro, la revisione del prezzario sul sisma, alcune criticità di alcune ordinanze. Presente il deputato della Lega, l’onorevole Tullio Patassini, che parlando alla platea ha detto: «Non si deve parlare di quello che non va, ma di quello che faremo, in quanto le criticità ormai le conosciamo, è inutile piangere sul latte versato. Nell’ultimo periodo siamo partiti dall’ascolto del territorio, le norme previste nel decreto Genova, nel decreto milleproroghe e nel 55 sul terremoto sono state scritte dai tecnici del territorio, è un riconoscimento non solo per il lavoro svolto, ma per il fatto che sono sul pezzo, che conoscono esattamente quali sono i problemi e le possibili soluzioni. Abbiamo riscritto due volte la norma sulle difformità, con tenacia e caparbietà e poi approvata, su questa strada continueremo a lavorare per il terremoto e la ricostruzione. Mi dispiace che il presidente della Regione non abbiamo colto l’opportunità che c’era, perchè anziché parlare con gli avvocati è meglio che parli con gli ingegneri, perchè al cittadino della Corte costituzionale non interessa, ma ricostruire e poter rientrare nella propria casa. Non meno importante la proroga per il personale che lavora nei Comuni e nell’ufficio ricostruzione».


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