di Martina Fabiani
(foto e video di Andrea Vagnoni)
«Lo sai chi c’abita qua? U’zu Tanu c’abita qua! Cento passi ci sono da casa nostra, cento passi! Vivi nella stessa strada, prendi il caffè nello stesso bar, alla fine ti sembrano come te […] E invece sono loro i padroni di Cinisi! E mio padre, Luigi Impastato, gli lecca il culo come tutti gli altri. Non è antico, è solo un mafioso, uno dei tanti. Mio padre, la mia famiglia, il mio paese. Io voglio fottermene. Io voglio dire che la mafia è una montagna di merda. Io voglio urlare che mio padre è un leccaculo. Noi ci dobbiamo ribellare, prima che sia troppo tardi, prima di abituarci alle loro facce, prima di non accorgerci più di niente». È questa l’invettiva che Luigi Lo Cascio – nel ruolo di Giuseppe Impastato – recita nel film “I cento passi” (2000), pellicola che valse al regista Marco Tullio Giordana il David di Donatello per la regia e allo stesso Lo Cascio quello per la miglior interpretazione da protagonista.
Luigi Lo Cascio al Cineteatro Piceno
Nella mattina di venerdì 11 gennaio presso il Cineteatro Piceno il film è stato proiettato davanti a circa 300 studenti di diverse scuole superiori di Ascoli; al termine della proiezioni Lo Cascio è intervenuto per un momento di confronto con gli studenti. “I cento passi” è ambientato a Cinisi, un paesino in provincia di Palermo, e racconta la storia di Impastato, un giovane dall’animo raffinatamente rivoluzionario e ucciso per aver lottato contro la mafia. Ma che cos’è questa mafia? Dov’è? Peppino ce l’aveva nella propria casa, si sedeva a tavola con essa ogni giorno. Figlio di menti mafiose non troppo convinte, di quella mafia reiterata, imposta da legami di sangue e quindi da perpetuare, costi quel che costi. Saranno degli incontri fortuiti – chiamiamoli così – uniti ad un’autentica curiosità puerile che faranno di Peppino un dissidente impegnato, un giornalista e un candidato politico, un uomo indignato e allo stesso entusiasta, pronto a rompere il silenzio che ruotava intorno alle logiche mafiose e ad infrangere la riverenza che quelle stesse logiche si portavano dietro.
«Peppino è stato in grado di identificare la mafia negli effetti negativi che aveva sull’ambiente e di capire che incideva sulla vita – ha affermato questa mattina Lo Cascio – lottare contro la mafia non era solo una questione di morale astratta, ma di miglioramento della condizione collettiva». È proprio attraverso strumenti che potessero arrivare alla comunità tutta che Peppino agisce: le parole taglienti, quelle scritte ne L’idea socialista, il cinema, quello proposto dal circolo “Musica e cultura”, la controinformazione, quella sagacemente propinata da “Radio Aut”.
Giuseppe Impastato viene ucciso il 9 maggio del 1978. La sua morte, inizialmente spacciata per suicidio, è rimasta avvolta nel silenzio per molto tempo. Una morte comune, lontana dai risvolti mediatici e dagli ossequi istituzionali. Non troppi anni dopo l’assassinio di Falcone e Borsellino. La lotta alla mafia si accende e diviene al centro del dibattito. Il merito di Marco Tullio Giordana è dunque quello di riscattare l’immagine di un uomo e di una morte fino ad allora sconosciute. Per Luigi Lo Cascio quella ne “I cento passi” è stata la prima vera prova da attore. «Ottenuta la parte, ho voluto subito incontrare la famiglia di Peppino perché chi ha conosciuto davvero una persona e la ricorda in un certo modo, pretende una vicinanza assoluta con il personaggio che la interpreta», racconta l’attore palermitano. Una somiglianza, quella tra Lo Cascio e Impastato, non troppo evidente, ma raggiunta negli atteggiamenti, nello spirito e nel corpo “magrolino e scattante”.
Uditorio attento al Piceno
«Il discorso tecnico della recitazione non me lo sono neanche posto. Il mio compito era quello che mi aveva suggerito sua madre: restituire un corpo e consentirgli un urlo, una voce», continua Lo Cascio. Un compito svolto alla perfezione e un ruolo che, dopo quasi vent’anni, sembra essere ancora cucito alla perfezione per lui. Gli studenti se ne accorgono e dopo una attenta visione del film porgono al protagonista qualche domanda in merito alla sua interpretazione. «L’empatia che trasmette l’attore è unica e credo che questo film sia un buon veicolo per trasmettere messaggi come la lotta all’omertà e il silenzio che uccide», afferma Eric dell’Istituto Alberghiero di Ascoli Piceno. «Era la prima volta che vedevo questo film e non avevo mai visto la mafia rappresentata da questa prospettiva», afferma Denise della classe 5B dell’Istituto Alberghiero di Ascoli Piceno.
Luigi Lo Cascio ha chiuso con l’intervento di questa mattina la due giorni tra le cento torri, dove ha presentato il suo libro “Ogni ricordo un fiore” e “La città ideale”, sua prima opera da regista. Continuare a proporre un film come “I cento passi” in contesti e modalità come quelle di oggi consentono al film stesso di non consumarsi nella stagione in cui è uscito.
Il merito più grande di Peppino Impastato – ben messo in luce dalla pellicola – è quello di aver rinnegato una serie di leggi non scritte secondo le quali chi nasce in un dato ambiente, debba rispondere ad esso in maniera meccanica. Nella lotta alla mafia di Peppino Impastato sono racchiusi i presupposti per la libertà: la libertà del singolo di scegliere che uomo diventare e di scegliere i propri mezzi per farlo. «Esiste una sconfitta pari al venire corroso che non ho scelto io ma è dell’epoca in cui vivo […] Tu devi scomparire anche se non ne hai voglia e puoi contare solo su te», cantavano i CCCP.
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