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La doppia sfida del prefetto Stentella:
«Sbagliato generalizzare sui migranti,
difficoltà enormi per la ricostruzione»

L'INTERVISTA - La complessità di conciliare l'accoglienza con l'emergenza terremoto. "Indispensabile che venga riattivato quanto prima il collegamento con l’Umbria, decisivo per la ripresa dell’economia del territorio"
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Il prefetto Rita Stentella

 

di Pietro Frenquellucci 

«Questo è un territorio accogliente, di gente perbene e a me interessa che vengano assicurati ordine pubblico e coesione sociale».

Il prefetto di Ascoli, Rita Stentella, insediatasi in provincia il 23 maggio del 2016, affronta con voce tranquilla e grande chiarezza le due sfide principali che si è trovata ad affrontare al suo arrivo nel Piceno: il terremoto e la questione dell’accoglienza dei migranti nel territorio.

«Sono qui da un anno e mezzo e dico con soddisfazione che l’accoglienza non ha creato problemi ed è sempre stata gestita bene. I sindaci sono disponibili e al momento abbiamo sul territorio provinciale circa 500 migranti sui 730 previsti».

Come è stato possibile conciliare l’accoglienza dei migranti con l’emergenza terremoto?

«Per alcuni mesi le assegnazioni sono state ovviamente ridotte, considerato che ben ventidue comuni sui 33 della provincia sono stati danneggiati dal terremoto.  Ora, superata l’emergenza, dobbiamo lavorare con l’obiettivo di una distribuzione diffusa ed equilibrata su tutto il territorio. Da cittadina sono per l’accoglienza e poi non dobbiamo dimenticare che tanti, tantissimi italiani hanno un passato da migranti. Quando si fugge dal terrore, dall’odio, dalla violenza, dalle persecuzioni, dalla fame il colore della pelle non deve contare. E’ chiaro però che dobbiamo accogliere nel rispetto delle regole e quando queste vengono violate sono emessi dei provvedimenti di revoca dell’accoglienza».

Per fare ciò è indispensabile svolgere un’attenta attività di controllo.

«Certo. Svolgiamo controlli capillari sulle strutture di accoglienza e abbiamo un dialogo costante con le associazioni che gestiscono i migranti e con i sindaci. Per la Prefettura l’impegno è notevole ma abbiamo un personale qualificato che si è formato negli anni. La legge prevede che vi siano al massimo tre migranti ogni mille abitanti e il recente tragico fatto di cronaca della ragazzina violentata in città, pur avendo generato comprensibile allarme sociale, non deve portare a una immotivata generalizzazione».

In questo contesto qual è il rapporto con gli altri soggetti istituzionali che agiscono nel territorio?

«La nostra azione punta alla condivisione delle scelte operative. C’è una bella collaborazione con i sindaci, nonostante siano sotto pressione per il terremoto, e un dialogo costante e costruttivo con tutte le forze dell’ordine. Il mio obiettivo, lo ribadisco, è che tutti si possano sentire tranquilli. Ora poi con lo Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), che prevede l’elaborazione di progetti specifici da parte dei Comuni finanziati dallo Stato, la gestione dei migranti migliorerà. Non possiamo dimenticare che ci troviamo di fronte ad un fenomeno complicato e complesso da affrontare».

Oltre al problema dei migranti, appena tre mesi dopo il suo arrivo nel Piceno si è trovata ad affrontare un’emergenza senza precedenti per le sue dimensioni in questo territorio, quella del terremoto.

«Dal punto di vista emotivo è stata un’esperienza molto forte. Avevo vissuto in Umbria quella del terremoto del 1997 ma stavolta è stato molto più sconvolgente. Basti pensare che allora registrammo quattro vittime, mentre a seguito della scossa del 24 agosto dello scorso anno ci sono stati 51 morti in una sola frazione. E poi non va dimenticato che questa volta ci sono stati tre grandi fenomeni sismici (24 agosto, 26 e 30 ottobre 2016 e 18 gennaio 2017, ndr) che ci hanno costretto ad aprire ogni volta una nuova emergenza. Nel gennaio scorso, poi, al terremoto si è aggiunta una violenta tempesta di neve e vento che ha creato seri problemi anche alle operazioni di soccorso. Le strade erano ostruite dai tronchi degli alberi abbattuti dal vento, gli elicotteri non potevano volare per il maltempo, la neve rendeva a volte impossibile raggiungere le località colpite dalle calamità».

Ci può raccontare come si è sviluppata l’azione per fronteggiare l’emergenza terremoto?

«Ricordo che dopo la scossa del 24 agosto era andata via la luce elettrica. Stavo dormendo e sono stata svegliata dal terremoto. Ho raggiunto subito il Corpo di guardia e insieme all’agente di servizio abbiamo iniziato a lavorare per cercare di capire cosa fosse successo e di cosa ci fosse bisogno. Di fronte a quel disastro è stata sicuramente utile l’esperienza maturata in Umbria venti anni prima, ma dentro di me è subentrata una forza interiore che mi ha dato la spinta necessaria per gestire la situazione insieme ai tanti che si stavano mobilitando. Poco dopo abbiamo raggiunto le zone più colpite e abbiamo trovato una situazione apocalittica».

Qual è stato il primo pensiero?

«Naturalmente alle vittime, ma subito dopo alla protezione del territorio in funzione anti sciacallaggio e da questo punto di vista i risultati sono stati positivi. C’è stata una forte sinergia con le forze dell’ordine e con il Comune di Arquata. Non credo sia difficile immaginare quanto fosse provato dall’accaduto il sindaco. In quei giorni ricordo la grande solidarietà manifestata dal territorio a tutti i livelli. Un esempio? Senza i documenti per l’identificazione delle salme forniti dall’Ufficio anagrafe del Comune di Ascoli e i nulla osta della Procura non avremmo potuto organizzare i funerali a cui ha presenziato anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella insieme a tantissime altre autorità. Poi, come dicevo, quando pensavamo di poter passare dall’emergenza alla gestione del post terremoto ecco la seconda raffica di scosse e poi la terza. Una serie concomitante di eventi devastante sia nel momento in cui si sono verificati sia per quello che ne è seguito».

Ora si parla di ricostruzione e non mancano le polemiche per i supposti ritardi.

«Dal punto di vista tecnico non posso dire nulla, se ne occupa la Regione. Devo però prendere atto che l’area interessata alla ricostruzione è molto difficile. Dove e come ricostruire non spetta a me dirlo, ma non me la sento nemmeno di affermare che ci sono dei ritardi. Le difficoltà sono enormi. A mio avviso è indispensabile che venga riattivato quanto prima il collegamento con l’Umbria, decisivo per la ripresa dell’economia del territorio. Quindi è importantissimo l’appalto dei lavori di sistemazione del viadotto di Arquata già affidato dall’Anas con cui è stato sottoscritto un protocollo generale d’intesa che scongiuri ingerenze della malavita nell’esecuzione delle opere. Siamo molto sensibili a questo aspetto e le forze dell’ordine svolgono un’attività di monitoraggio attenta e approfondita. Poi è indispensabile che le persone, giovani compresi, tornino ad abitare quelle terre che solo così potranno avere un futuro. E in questa direzione è necessaria una grossa mobilitazione per sviluppare opportunità di lavoro. Noi vigiliamo per prevenire ogni illegalità. Lo facciamo con dedizione e passione, ma in silenzio».


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