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«Io, Lorenzo e lo scherzo de “Le Iene”»

L'INTERVISTA - A poche ora di distanza dall'uscita di "Oh, vita!", nuovo album di Jovanotti, il bassista ascolano Saturnino Celani si confessa tra ricordi e quotidianità: «Fiero de "L'ombelico del mondo". Che emozione il gol di Agostini in rovesciata contro il Pisa». Il 28 dicembre dj set a San Benedetto. A giugno doppio concerto ad Ancona
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di Luca Capponi 

Sono passate solo poche ore della presentazione milanese di “Oh , vita!”. Una presentazione sui generis. Per luogo, orario, modalità. In occasione dell’uscita del suo 14esimo studio album, infatti, Jovanotti ha dato vita ad uno spazio, o meglio a un temporary store, chiamato Pop Shop, locale che per dieci giorno diventerà fulcro di musica, letteratura, arte, teatro, fumetti. Una specie di factory, dove ieri sera, allo scoccare della mezzanotte, si è celebrato l’arrivo della nuova creatura in musica prodotta niente meno che da Rick Rubin. Un mini concerto davanti ad un Pop Shop gremito. Ovviamente, come accade oltre venticinque anni a questa parte quando si parla di Jovanotti, c’era anche il buon Saturnino Celani, bassista, sodale, spesso nelle vesti di autore, in pianta stabile nella band di Lorenzo dal 1991.
Sono passate solo poche ore, dunque, e la voce di “Nino” sembra comprensibilmente stanca. Ma resta disponibile e schietta come sempre, dopo un periodo che definire intenso è poco. Un periodo a cui lascerà spazio un tour che non vuole essere da meno. «Abbiamo già fatto un mese di complesse prove musicali perché ci sarà un sacco di repertorio, ci siamo concentrati solo su quello. Intorno a metà gennaio andremo a Rimini per fare l’allestimento prima del debutto previsto per il 12 febbraio a Milano. Le date sono tante, credo una cinquantina, saremo anche nelle Marche, precisamente al Pala Prometeo di Ancona, nei giorni 1 e 2 giugno», spiega il musicista, nato ad Ascoli nel 1969.
Anche lui, proprio come Lorenzo, è un tipo che non ama molto stare con le mani in mano: libri, dj-set, concerti in “solitaria”, dischi, trasmissioni tv, persino una linea di occhiali, Eye Wear. Non è un caso se il prossimo 28 dicembre sarà a San Benedetto del Tronto, ospite di lusso della Bottega 38. «Sarò impegnato un dj set per presentare la nuova collezione. -spiega- Quando salgo in consolle faccio quello che farei se fossi a casa durante una festa con amici. Non mancano mai pezzi hip hop degli anni ’80, anche cose più black, e brani recenti come il nuovo singolo di Fergie insieme a Nicki Minaj, “You already know”».
L’intervista vera e propria, pensata come un botta e risposta, fuori dai canoni della chiacchierata post disco e pre tour, parte proprio da qui.

A proposito di play list, immagino la vastità il tuo archivio musicale. Ma se dovessi selezionare un disco della vita quale sceglieresti?
«Andrei in difficoltà…non è facile, posso dire che l’album strumentale che più mi ha toccato l’anima è sicuramente “Tutu” di Miles Davis. Non ho mai sentito così prepotente e protagonista il basso in un album di un trombettista. In quel disco la tromba di Davis è trattata esattamente come una voce. A proposito di voce, l’album top è “Slave to the rhythm” di Grace Jones, prodotto da Trevor Horn, un disco che mi ha cambiato la percezione».
Dei pezzi scritti da te, invece, ce n’è uno che ami di più?
«Non ho la pretesa di considerarmi autore, sono un coautore, però ci sono cose di cui vado fiero. Ogni volta che parto col giro di basso de “L’ombelico del mondo”, ad esempio, mi rendo conto che si tratta di una cosa che ha un suo fascino, seppure uscita ventisei anni fa».
C’è un brano di Lorenzo che proprio non ti piace?
«Quando fai un album magari ci sono pezzi in cui credi di più ma che poi subiscono una specie di selezione naturale. Non è che ti piace di meno è che quasi non ti ricordi che l’hai fatto, non perché sia debole ma perché magari non andava bene. Ce ne sono alcuni che non ricordo neanche».
E’ vero che stavi per essere parte di…un tiro mancino ai suoi danni?
«Scherzi tra di noi ce ne facciamo continuamente (ride). E’ vero, di recente ho ricevuto una proposta per fare uno scherzo a Lorenzo ed esser complice per la trasmissione “Le Iene”, ma no ho accettato, se devo farlo devo essere regista in tutto, un po’ alla “Amici miei”. Io sono per lo scherzo analogico».
Tornando alla musica, qual è l’assolo di basso che più ami?
«Sicuramente quello che probabilmente è il primo assolo di basso elettrico nella storia della musica, contenuto in “My Generation” degli Who. Un pezzo rock in cui a un certo punto c’è un assolo che va in contrapposizione alla stesura, dal punto di vista compositivo è incredibile, potentissimo».
Il concerto che più ti ha trasmesso?
«Per me i concerti hanno valenza in ordine in ordine di tempo, quindi preferisco citare l’ultimo a cui ho assistito, quello di Drusilla Foer al teatro dal Verme a Milano, due giorni fa, mi ha emozionato»
Il più brutto?
«Mi deludono i concerti in cui gli artisti si mettono a fare i medley. Non mi piacciono proprio come approccio. Prendo e vado via. Pretendo l’esecuzione completa dell’opera. I Rolling Stones insegnano: a 70 anni fanno canzoni dell’inizio alla fine. Anche i Pooh lo fanno».
Qual è la persona più umana che hai incontrato in tanti anni di carriera?
«Sicuramente Franco Tuzio. Quando l’ho conosciuto era il braccio destro di Cecchetto, poi è diventato un manager che ha cresciuto tanti personaggi. Mi ha permesso di fare la mia unica trasmissione tv, era incredibile, fatto testimoniato dal casino di gente presente ai funerali».
La più deludente dal punto di vista umano?
«La trovi nel mio libro “Testa di Basso”. Tra l’altro è concittadino quindi si sa chi è». (riferimento nemmeno tanto velato  a Giovanni Allevi, ndr)
C’è un politico che stimi?
«La politica è nota per essere l’arte della alleanza, alcuni li ho incontrati ma di base la figura politica oggi mi fa sorridere, perché nel momento in cui acquista potere purtroppo cambia, l’essere umano è fatto così. Storicamente c’è qualcuno che ha avuto più integrità. Ricordo che da giovane mi colpì Pertini, ho ancora una sua foto sul frigorifero, lo sentivo e lo ascoltavo e i suoi messaggi erano molto forti. A vederlo oggi sembra una figura quasi mitologica».
La partita di calcio più bella a cui hai assistito?
«Sicuramente Italia-Germania, finale dei mondiali ‘82, vista ad Ascoli nel giardino del bar Arlecchino. Inoltre, ero presente al Del Duca quando nel 1987 Meco Agostini realizzò il super gol in rovesciata contro il Pisa. Oggi il calcio mi sembra una cosa un po’ strana, vedo giocatori che piangono…».
Il posto più strano in cui hai suonato?
«Ce ne sono tanti, cito quella volta in Chiapas (Messico) coi Nomadi, ci siamo trovati in mezzo a una foresta con un piccolo un generatore, era il 1997».
Libro e film della vita.
«”L’elogia della fuga” di Henri Laborit e “Guerre stellari”, di cui ho visto tutti gli episodi al cinema, anche il primo, ero piccolissimo, mi trovavo insieme a mio zio».


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