Terremoto, parla il Commissario:
«Ricostruire dove è sicuro
Burocrazia, ora non ci sono più alibi»

INTERVISTA - L'onorevole Paola De Micheli a Cronache Picene: «Mai più tragedie, le nuove abitazioni dovranno resistere a scosse anche più forti di quelle passate. Ricostruzione privata, dopo gli ultimi provvedimenti non ci sono più ostacoli per far partire i lavori»
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Paola De Micheli

di Pietro Frenquellucci

Il terremoto è una ferita ancora aperta e così resterà a lungo per le zone del Piceno colpite dalle terribili scosse dell’agosto e ottobre 2016 e gennaio 2017, che hanno distrutto interi paesi provocando decine e decine di morti. Della situazione esistente, dei problemi da affrontare e delle prospettive per la rinascita delle aree ferite dal sisma ne abbiamo parlato con Paola De Micheli, dall’11 settembre scorso Commissario straordinario di Governo alla ricostruzione delle aree colpite dal terremoto. L’on.le De Micheli ha sostituito Vasco Errani rimasto in carica dal 1° settembre 2016 al 9 settembre 2017.

Il commissario durante un sopralluogo nelle zone distrutte dal sisma

Qual è nel dettaglio la situazione della ricostruzione nel Piceno?  Località come Arquata del Tronto, Pretare, Pescara del Tronto, solo per citarne alcune, quante speranze hanno di poter essere ricostruite dove si trovavano? 
«Il nostro obiettivo è ricostruire in modo il più possibile aderente e simile alla realtà precedente al terremoto. Tuttavia, non si può prescindere da un elemento oggettivo: la sicurezza dei cittadini. Dobbiamo ricostruire in sicurezza, avere la certezza, in base alle attuali conoscenze scientifiche, che non si verifichino nuove tragedie come quelle del 24 agosto. Per questo, bisogna attendere i risultati delle indagini geologiche in corso, le microzonazioni, ma anche altri studi sulle caratteristiche idrogeologiche del sottosuolo che abbiamo affidato alle massime autorità scientifiche nazionali, penso al Cnr. Dobbiamo essere sicuri che le abitazioni che ricostruiamo siano in grado di resistere anche a scosse di terremoto più violente di quelle registrate in Centro Italia nel 2016 e nel 2017».

I mezzi di informazione parlano spesso,  intervistando amministratori locali e residenti nelle zone terremotate, di ritardi nella ricostruzione.  È davvero così?  Il quadro normativo, secondo quanto si è appreso, c’è come pure i fondi necessari. E allora cosa ancora non funziona a dovere?
«Ci sono vari elementi da tenere in considerazione. In primo luogo, non siamo ancora definitivamente usciti dall’emergenza, visto che non è ancora completato il piano di consegna delle Sae, le cosiddette ‘casette’. Poi, c’è stata nella fase iniziale una oggettiva difficoltà nella ‘messa a terra’ del quadro legislativo che sovraintende alla ricostruzione, anche se, vale la pena sottolinearlo ogni volta, il sistema Paese ha assicurato la più ampia copertura finanziaria per avviare la ricostruzione, come mai era accaduto in passato. Per superare questi ostacoli, con il Decreto fiscale di metà dicembre e la Legge di Stabilità appena approvata, Governo e Parlamento hanno introdotto una serie di modifiche normative per semplificare e velocizzare gli adempimenti previsti per avviare i cantieri. Sono convinta che ora non ci siano più alibi per nessuno. Ci sono tutte le condizioni per avviare i lavori e già nei primi mesi del prossimo anno inizieremo a vedere in modo concreto i risultati positivi delle recenti misure normative adottate. Senza dimenticare che abbiamo il dovere di assicurare il massimo rispetto della legalità e della trasparenza, visto che si tratta dei soldi degli italiani e se la burocrazia serve a contrastare efficacemente ruberie e sprechi, bisogna accettarla».

Il timore di molti è che se non si accelera il ritorno degli sfollati nelle zone terremotate per queste aree del nostro Paese sarà la fine. Cosa ne pensa e cosa fare per scongiurare questo rischio? 
«Si tratta di un rischio concreto che però vogliamo evitare e per questo siamo tutti mobilitati. Come dicevo prima, anzitutto bisogna completare il prima possibile il piano delle soluzioni abitative di emergenza, così che non ci siano più persone che vivono in alberghi sulla costa, lontano dai luoghi di origine. E questo è un obiettivo ormai a portata di mano. Ma soprattutto bisogna aprire i cantieri della ricostruzione. In particolare, per quanto riguarda le abitazioni inagibili a causa dei danni lievi, non c’è più alcun ostacolo per rinviare l’inizio dei lavori. Le persone devono tornare nelle proprie case, a partire, ovvio, da quelle con meno danni. Accanto a questo, è fondamentale realizzare luoghi di incontro e di ‘socialità’. Con questo obiettivo nel Piano delle opere pubbliche che stiamo ultimando insieme ai presidenti di Regione, con investimenti per circa un miliardo di euro, abbiamo previsto di ricostruire tutte le scuole danneggiate. Perché la scuola è un elemento centrale nella vita di una comunità. E poi i municipi, le chiese, e tutti gli edifici Erp, le ex case popolari, anche in questo caso per dare un forte segnale di attenzione sociale».

Ci può dire quali sono le attività in corso e quelle che verranno avviate nell’immediato per dare una spinta alla soluzione dei problemi dei territori colpiti?
«Iniziamo con la ricostruzione privata: prevediamo misure per velocizzare la riparazione dei danni lievi; consentiamo la regolarizzazione delle casette realizzate in proprio dai cittadini (la cosiddetta norma ‘salva peppina’, ndr); affidiamo ai Comuni l’attività istruttoria e il rilascio del titolo abitativo; la riparazione o ricostruzione degli immobili con funzione pubblica di proprietà privata (scuole private o paritarie, cliniche private o convenzionate, ndr) seguono l’iter della ricostruzione privata. Per quanto riguarda la ricostruzione pubblica, insieme al piano da un miliardo di euro di cui parlavo in precedenza, abbiamo introdotto misure semplificate per velocizzare l’apertura dei cantieri con la possibilità di utilizzare la procedura negoziata per appalti fino a 5,2 milioni di euro; la struttura commissariale si fa carico di finanziare tutte le spese tecniche; aumentano le stazioni appaltanti che potranno essere anche le Regioni, le Diocesi e i Comuni, previa autorizzazione delle Regioni. Infine, per quanto riguarda il sostegno economico alle famiglie e alle imprese, ricordo che è stata rinviata a giugno 2018 la restituzione dei tributi per i lavoratori e pensionati (cosiddetta ‘busta paga pesante, ndr) che si potrà pagare in 24 rate senza interessi; chi ha acceso un mutuo per l’acquisto di un’abitazione poi resa inagibile a causa del terremoto, ha diritto alla sospensione del pagamento delle rate fino al 31 dicembre 2018 e fino al 2020 se l’edificio si trova in zona rossa; è stato sospeso il pagamento delle bollette di energia elettrica, acqua e gas fino 31 maggio 2018 per i fabbricati inagibili».

Concludiamo con alcune riflessioni in prospettiva. Che tempi sono prevedibili per poter parlare di un primo ritorno alla normalità? 
«A mio giudizio si può parlare di un primo ritorno alla normalità nelle comunità ferite dal sisma quando le persone avranno un alloggio, sia pure di emergenza, nei luoghi dove vivevano, quando ci sarà un minimo di ripresa dell’attività economica e quando avremo dato una risposta completa ai bisogni scolastici. Ecco, il verificarsi di queste tre condizioni mi sembra abbastanza a portata di mano, sia pure con delle difficoltà che stiamo cercando di superare. In molte realtà colpite dal terremoto, le comunità si stanno riaggregando grazie all’entrata in funzione di nuove aree commerciali, alla realizzazione di centri polifunzionali di socializzazione e, in primo luogo, alla voglia di ripartire delle popolazioni stesse, al loro spirito di sacrificio. Ovviamente tutto ciò non basta. Se ragioniamo in prospettiva, questo primo passo si deve accompagnare con la ricostruzione vera e propria. Ma anche in questo caso, dobbiamo guardare con fiducia al futuro perché ci sono le risorse economiche e un buon impianto normativo per iniziare ad aprire i cantieri. In modo particolare per quanto riguarda la riparazione degli edifici inagibili con danni lievi. Certo, ci vorranno anni per portare a termine la ricostruzione, ho consapevolezza delle difficoltà e della complessità di questa enorme sfida. Tuttavia la strada è tracciata, siamo nelle condizioni ed abbiamo i mezzi per raggiungere l’obiettivo».


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