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Oliva ascolana, Confindustria si prepara
ad avviare la richiesta per il marchio Igp

ASCOLI - Nuovi approfondimenti tecnici dopo il convegno Excellere. Si riapre il dibattito. Mariani e Meletti: tutela e valorizzazione della Dop ma anche nuovo riconoscimento per andare alla conquista del mercato nazionale e internazionale
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di Franco De Marco
Anno nuovo, Igp (Indicazione geografica protetta) nuova per l’Oliva Ascolana del Piceno? Confindustria Centro Adriatico ci prova. Dopo il convegno sul tema “Excellere: Dop e Igp come strumenti strategici per la valorizzazione dei territori”, l’organizzazione imprenditoriale di Ascoli-Fermo, in particolare la sezione Alimentare guidata da Matteo Meletti, intende proseguire nel percorso che a breve dovrebbe portare all’avvio della pratica, da presentare al Ministero delle politiche agricole, per ottenere dall’Unione Europea il marchio Igp che prevede che almeno una fase, tra produzione, trasformazione ed elaborazione, sia realizzata nell’area geografica delimitata.

Matteo Meletti

L’anno nuovo si apre con il ritorno d’attualità  del dibattito, acceso sì ma lasciamo stare il termine “guerra”, tra i sostenitori – piccoli produttori – a spada tratta della Dop (Denominazione di origine protetta), già  in possesso della Oliva Ascolana del Piceno, e i grandi produttori a livello industriale. I primi sostengono che l’Igp porterebbe ad una dequalificazione della Dop e all’immissione sul mercato di un prodotto di bassa qualità danneggiando irrimediabilmente il “petrolio verde” di Ascoli. I secondi invece sostengono che, con il riconoscimento Igp, si può immettere sul mercato un prodotto, sì diverso dalla Dop che rimane sempre l’eccellenza, ma comunque di qualità  e capace, grazie al “brand” dell’oliva ascolana conosciuto in tutto il mondo, di andare alla conquista del mercato italiano e internazionale aumentando l’occupazione e il reddito.
Nel corso di “Excellere” il tema è stato approfondito in tutte le sue sfaccettature sia tecniche sia politiche. Confindustria Centro Adriatico, con il presidente Simone Mariani e il presidente della sezione Alimentare Matteo Meletti, hanno concluso con un messaggio chiaro: massima tutela e valorizzazione della Dop, che rimane l’eccellenza del territorio, ma nello stesso tempo marchio Igp per aggredire in maniera massiccia il mercato, favorire gli investimenti e aumentare l’occupazione. Anzi la teoria di Confindustria, e dei tecnici chiamati al convegno, è che Dop e Ipg insieme, attraverso un’azione strategica, possano far decollare a livello mondiale l’oliva ascolana sia in salamoia sia, soprattutto, ripiena.
Quale esempio di riuscitissima sinergia tra i due marchi è stato portato quello dell’aceto balsamico di Modena che gode appunto sia del riconoscimento Dop sia di quelli Igp.
L’ipotesi del doppio marchio, con la difesa della Dop auspicando però anche una riforma del Consorzio di tutela, è stata giudicata positivamente dal vice presidente della Regione Anna Casini che ha tra l’altro ricordato il recente ottenimento Igp, quando l’obiettivo sembrava impossibile da raggiungere, per l’olio Marche. Anche il sindaco Guido Castelli ha preso in considerazione il doppio marchio ma ha ricordato che il dirigente del Ministero delle politiche agricole Luigi Polizzi,in un recente colloquio, ha giudicato negativa l’ipotesi Igp perchè, secondo lui, depotenzierebbe il prodotto Dop e, sempre secondo lui, difficilmente sarebbe concessa dall’Ue. Però, ha proposto Castelli, verifichiamone la fattibilità .
E allora? Passate le feste, Confindustria ha in programma l’approfondimento tecnico dell’argomento e la ricerca di un consenso diffuso per l’operazione che, evidentemente, se nasce con una contrapposizione all’interno dei produttori, e anche fuori, ha poche possibilità  di andare in porto. Secondo Confindustria si tratta di una scelta strategica che tutto il territorio e tutte le forze economiche devono effettuare per sfruttare questo “petrolio verde” che può essere un elemento importante per la ripresa economica del Piceno.

Un dato su cui riflettere è emerso dal convegno: nelle Marche esistono 4.000 imprese nel settore alimentare per un fatturato annuo tra 800 milioni e un miliardo. Solo 85 però superano i 250.000 euro di fatturato e di queste solo 25 hanno un fatturato tra più di 500.000 euro e i 600 milioni. In altre parole: la grande industria alimentare in mano a pochissimi.


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