Rogo Moby Prince, verità più vicina
Rosetti: «Si potevano salvare altre vite»

SAN BENEDETTO - Parla il figlio del macchinista sambenedettese tragicamente scomparso nell'incendio del traghetto a largo di Livorno: «Aspettiamo i documenti della Commissione d'inchiesta, non ci fermiamo. Vogliamo la verità»
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di Benedetto Marinangeli

Saranno depositate entro la fine del mese le risultanze della Commissione parlamentare sul Moby Prince, istituita dal presidente Pietro Grasso. 140 quaranta le vittime di quella tragedia, verificatasi il 10 aprile 1991, all’ imboccatura del porto di Livorno nell’ impatto tra il traghetto Moby Prince e la petroliera Agip Abruzzo. Tra di loro anche il macchinista sambenedettese Sergio Rosetti. Dopo ben 27 anni, due processi penali conclusosi con un’assoluzione generale e con la sola condanna del militare di leva che ha dato in ritardo l’allarme. Ora la nebbia su una delle pagine più tragiche della marineria italiana si è definitivamente diradata.

Nicola Rosetti

«Anzi –dice Nicola Rosetti figlio di Sergio- la nebbia non è mai esistita. E lo si sapeva già, anche perché un testimone lo aveva a suo tempo affermato ma non era stato preso in considerazione. Tutte le ricostruzioni fatte all’ epoca sono risultate non veritiere. Questo perché bisognava tenere nascosta la verità e i responsabili di questa tragedia. Tutte chiacchiere come quella del tritolo a bordo della Moby Prince o del coinvolgimento dei servizi segreti. La Commissione parlamentare ha fatto luce su tutto. I parlamentari hanno lavorato sui verbali dei processi che non sono mai stati approfonditi”.
Rosetti, le conclusioni sono impressionanti.
«Riportano ciò che diciamo da 27 anni. I responsabili sono quelle persone che non hanno fatto nulla per salvare chi era a bordo del Moby Prince. E cioè l’allora comandante della Capitaneria di Porto di Livorno Sergio Albanese, il comandante della petroliera Agip Abruzzo Renato Superina e l’armatore del Moby Prince, la famiglia Onorato, visto che è stato anche accertato che il traghetto non navigava in sicurezza. E quindi si andavano a toccare gente e poteri forti. Quello che non accettiamo come familiari è che era stato detto che dopo venti minuti la vita sul traghetto era finita. Ma non è stato così. C’era tempo per soccorrere delle persone, certo non tutte, che fino all’ ultimo hanno cercato di salvarsi. Questa è la cosa più terribile. L’equipaggio del Moby Prince ha provato fino alla fine a mettere tutti in sicurezza e meriterebbe una medaglia»
Finalmente la verità sul Moby Prince viene a galla.
«Ringrazio la commissione d’inchiesta che ha visto parlamentari di tutti i partiti collaborare e arrivare a delle conclusioni da noi sempre sostenute ma mai emerse nei processi, nei quali è stato condannato solo un militare di leva perché non avrebbe dato l’allarme in tempo. La Commissione è stata un esempio di buona politica. Sul Moby Prince c’è stato il primo processo breve della storia”.
Fondamentale è stato anche il lavoro svolto dall’ Associazione 140 e dal suo presidente Loris Rispoli.

Il traghetto bruciato

«Loris che ha perso la sorella sul Moby Prince, non ha mai mollato e ci ha accompagnato in tutti questi anni in questa difficile battaglia con grande coraggio e senza avere paura. Abbiamo tenuto viva la memoria con tante manifestazioni in Italia ma anche in Europa. Ed alla fine il risultato si è visto».
Ed ora cosa accadrà?
«Innanzitutto attendiamo l’esito della Commissione e soprattutto di leggere le carte. Sicuramente verranno trasmesse alla Procura della Repubblica che valuterà se riaprire il caso chiedendo la revisione del processo. Noi non ci fermeremo ed andremo avanti fino alla fine».
Rosetti, San Benedetto le è stata vicina nella ricerca della verità sul Moby Prince?
«In precedenza si. Di fronte alle risultanze della Commissione Parlamentare, mi aspettavo una telefonata di solidarietà dagli attuali amministratori comunali, cosa che mi avrebbe fatto enormemente piacere. Non per Nicola Rosetti ma per chi in tutti questi anni ha lottato per la ricerca della verità. Ed invece non c’è stata. E’ brutto che chi conta in città non ci sia stato vicino a dispetto di tanta gente che invece ci ha stimolato ad andare avanti nella nostra battaglia che, certamente non si fermerà oggi».


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