di Stefania Di Agostino*
Stefania Di Agostino
Attilio è un papà che dopo la separazione non ha più casa e dorme nell’auto parcheggiata nella periferia della nostra Ascoli. Anche Roberto vive di stenti nonostante abbia un lavoro e percepisca uno stipendio mensile di mille euro: da quando si è separato infatti non riesce ad affrontare le più elementari spese quotidiane. Per vivere gli restano appena cento euro poiché deve continuare a pagare gli alimenti alla moglie, il mantenimento ai due figli ed il mutuo della casa coniugale da dove però è dovuto andare via.
Carlo invece, da quando ha dovuto lasciare l’abitazione coniugale, non riesce ancora a vedere i suoi figli, abbandonato al dolore che condivide con altri “papà esclusi”.
Nomi di fantasia che raccontano storie vere, comuni a tanti uomini che si trovano in solitudine ad affrontare il difficile passaggio della separazione, abitando, come direbbe Papa Francesco, le periferie esistenziali del nostro tempo.
Già nel 2014 il Rapporto Caritas a sorpresa denunciò un nuovo allarme sociale, presentando la sintesi dell’annuale indagine nazionale sulla condizione di vita dei genitori separati: emerse infatti, per la prima volta, il collegamento tra nuove forme di povertà e di disagio socio-relazionale e la rottura della relazione coniugale.
Fin da allora il 58,1% dei padri, che ammettevano il cambiamento di vita dopo la separazione, ne sottolineavano il peggioramento, contrariamente a quanto dichiarato dalle donne. Già si evidenziava il disagio occupazionale, la precarietà abitativa, l’aumento di disturbi psicosomatici conseguenti alla separazione e, soprattutto, le difficoltà nel rapporto tra padri separati e figli. Negli ultimi anni il fenomeno ha tracciato con maggior evidenza la povertà economica ed esistenziale soprattutto degli uomini separati i quali incontrano ostacoli nel mantenere il legame con i propri figli che troppo spesso rappresentano lo strumento di ricatto delle ambiziose rivendicazioni materne con gravi ed evidenti conseguenze.
Non a caso la Sindrome di alienazione parentale è la definizione medica degli effetti sul bambino delle strategie che un genitore attua per distruggere la relazione con l’altro genitore. E’ sempre più comune, inoltre, tra gli psicologi evidenziare la stretta connessione tra privazione paterna e la potenziale manifestazione nei figli di problemi sociali e relazionali. La paternità negata diventa allora una sconfitta per la famiglia e per la società intera. La rimozione del padre dalla vita dei figli interpella dunque le coscienze di tutti perché senza relazione non ci può essere educazione. Non esiste surrogato all’amore del papà.
La richiesta di aiuto di alcuni padri separati, rivolta sia alla Chiesa locale sia all’Amministrazione comunale, ha permesso che il bisogno di ciascuno diventasse eco di un’istanza sociale ben più estesa. Così la parrocchia di San Marcello si è subito attivata in collaborazione con la Diocesi inaugurando il Centro di carità, dedicato al compianto parroco don Peppe Giuliani, rivolto all’ospitalità temporanea dei padri separati, afflitti da gravi difficoltà economiche.
Resta ancora la necessità di garantire maggior tutela nei confronti dei papà che non vivono più con i loro figli istituendo nuove forme associative che raccolgano quanti, in conseguenza di una separazione, vivono i problemi legati alla paternità. Alcune associazioni di padri separati sono già presenti nel territorio nazionale, ma del tutto carenti in quello locale. Esse rispondono all’urgente istanza di promuovere e valorizzare innanzitutto l’identità paterna, troppe volte sbriciolata dalle estenuanti separazioni giudiziali.
*avvocato rotale
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