La sede della Piceno Gas al Marino. La società è stata ceduta ai toscani di Estra
La notizia della costituzione della nuova società “Picchio gas” ha scatenato, come prevedibile, un vespaio di polemiche politiche. Non tanto sulla regolarità tecnica dell’operazione, visto che l’iniziativa imprenditoriale in questa nazione è libera, ma per la tempistica. Solo pochi mesi fa, infatti, il Comune, dal 1999 amministrato dal centro destra, ha dismesso interamente la proprietà della Piceno Gas Vendita per un cifra di circa 14 milioni. Ora alcuni amministratori (guidati dall’assessore Valentino Tega azionista di Picchio Gas insieme ai consiglieri comunali Massimiliano Di Micco, Laura Castelletti oltre a commercialisti, imprenditori e dipendenti comunali) hanno deciso di sfidare l’ex municipalizzata del metano in vista della liberalizzazione completa del mercato prevista dal 2019. Dal Pd arriva un durissimo affondo, mentre anche all’interno della maggioranza di centro destra ci sarebbero non pochi mugugni come testimoniano alcuni post “sibillini” rimbalzati sui social.
Valentino Tega
Tra gli esponenti della minoranza c’è anche l’intenzione di chiedere una commissione d’inchiesta sul caso delle società partecipate dal Comune. «Non ci stupisce -accusano i dem- la notizia della costituzione di una società che vede coinvolti molti esponenti (più o meno pubblici) del centrodestra ascolano. Ma abbiamo una certezza: finalmente il centrodestra ha gettato la maschera e si mostra per quello che è. Sappiamo tutti cosa sia accaduto ad esso con le società partecipate, sappiamo i rapporti ed i problemi che ci sono stati sull’”affaire” rifiuti. L’aspetto sconcertante è che nonostante il voto contrario del PD, il centrodestra abbia voluto vendere una società partecipata. Il tutto con un ricavo per il Comune di ben 15 milioni di euro. Ai cittadini ascolani chiediamo: in cosa sono stati impegnati i sonanti milioni entrati nelle casse comunali? A distanza di poco tempo dalla vendita della Piceno Gas, più amministratori fanno una società privata che gestisce servizi che fino ad ora erano della città di Ascoli. E con grande fantasia la chiamano con un nome simile a quello della partecipata pubblica». Dal Pd arrivano anche alcuni interrogativi. «Gli amministratori -affermano i dem- come conciliano la loro attività privata su funzioni che sono pubbliche? Chi ha a disposizione l’elenco delle utenze?
Palazzo Arengo (foto Vagnoni)
Paradossale che l’assessore dichiari che “ce l’hanno chiesto in più persone visto che la società attuale sta creando disservizi” Cosa significa questo? Quale è la finalità di questa società? Perché c’è una presenza cosi significativa di soggetti che dovevano controllare le partecipate? Se vi è’ la regolarità tecnica, c’è però una questione di etica politica. Eticamente -concludono- infatti, chi ricopre una funzione pubblica non deve avere la minima possibilità di vantaggio economico rispetto alla propria attività. Tutto ciò rischia di preludere una serie di iniziative da parte di coloro che devono inserirsi in quel determinato settore. Unitamente ai nostri militanti stiamo valutando tutta la documentazione. Ma di certo questo è l’ennesimo atto imbarazzante del centrodestra ascolano».
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