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I luoghi dell’anima
Gli eremi del Colle San Marco

ASCOLI - Dai resti del convento di San Lorenzo alla grotta del Beato Corrado fino alla spettacolare costruzione incastonata nella roccia, principale monumento della "terra dei 35 romitori", la Montagna dei Fiori
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L’eremo di San Marco, singolare struttura incastonata nella parete travertinosa

di Gabriele Vecchioni e Narciso Galiè

(Foto di Gabriele Vecchioni, Nazzareno Cesari e Franco Laganà)

Al confine tra le regioni Marche e Abruzzo è ubicata la dorsale calcarea dei Monti Gemelli, avamposto orientale del Parco Nazionale Gran Sasso-Monti della Laga, costituita dalla Montagna dei Fiori, da quella di Campli e dal Monte della Magnanella (o delle Tre Croci). Le aree periferiche della struttura sono contornate dalle arenarie della Formazione della Laga. L’estrema propaggine settentrionale dei Monti Gemelli è il Colle San Marco, un altopiano tabulare di travertino a una quota di circa 700 metri, che, per gli ascolani, è un po’ come il giardino sotto casa, dove andare a passeggiare.
La Montagna dei Fiori viene definita la Tebaide ascolana, in riferimento all’area di Tebe (luogo mitico dell’eremitismo cristiano, situato nell’attuale Egitto) e per i tanti eremiti e penitenti che scelsero i suoi anfratti per vivere una vita di contrizione. Il rilievo conserva resti di romitaggi, conventi, chiese: tanti luoghi sacralizzati dalla presenza di quanti seguivano uno stile di vita che avrebbe dovuto redimere loro stessi e l’umanità. In particolare, sul Colle sono presenti resti di eremi e di un monastero risalenti al periodo altomedievale.

Eremo di San Marco. La scala moderna di accesso alla struttura; a destra, i gradini scavati nella roccia viva

Il più noto degli eremi è senza dubbio quello di San Marco, fondato nel XIII secolo e visibile da gran parte della città. È un monumento “minore” inserito in un contesto straordinario, da considerare, secondo noi, come un unicum, un bene materiale e immateriale al tempo stesso: non si può scindere, infatti, la chiesetta di San Marco dalla rupe di travertino alla quale è abbarbicata, dal castagneto che sovrasta e dalla città stessa di Ascoli Piceno; il patrimonio naturale, il paesaggio, la tradizione storica e culturale vanno considerati in una visione globale.
Una breve digressione “naturalistica” relativa al castagneto delle Piagge: è il fenomeno meteorologico dell’inversione termica (il gradiente termico verticale è invertito, cioè l’aria atmosferica a una quota più alta è più calda rispetto a quella vicina al suolo) che permette al bosco di castagno di vegetare a una quota inferiore a quella del querceto situato sul pianoro (di solito è il contrario).
Eremi ed eremiti della Montagna. Diverse furono le motivazioni che spinsero, nell’Età di Mezzo, tanti personaggi a percorrere le vie del Piceno alla ricerca di luoghi isolati dove testimoniare la propria fede. Molti li trovarono “a due passi” dalla città, sulle pendici dell’allora Montagna di Ascoli. In un volume dei primi decenni del Novecento, il Giorgi aveva catalogato 35 romitori; quelli ancora rintracciabili sono però poco più di dieci. Lungo le Gole del Salinello, l’orrido che separa geograficamente i due Monti Gemelli, sono ancora visitabili sei di tali strutture, che hanno mantenuto il loro fascino nonostante il tempo li abbia trasformati in ruderi.
Fino al V-VI secolo il Cristianesimo era un fenomeno urbano e nelle zone rurali e montane erano ancora diffusi culti pagani che si rifacevano alla sacralità della Natura. L’espansione della religione cristiana avvenne con la nascita, in queste zone, di cenobi e monasteri da parte di quanti avevano scelto la fuga dal mondo, per una vita di solitudine e di comunità, a imitazione di quella di Gesù e dei suoi discepoli.
«Qui nei secoli, ci sono stati gli eremiti. Qui i conventi. Qui, questa chiesa nata da una grotta naturale, sasso su sasso»: così, nel 1980, Angela Latini e Antonio Rodilossi raccontavano del Colle San Marco. La montagna ascolana e le aree limitrofe furono popolate, nel corso dei secoli, da monaci ed eremiti sconosciuti ma, probabilmente, vi transitarono anche personaggi famosi: la tradizione vuole che San Benedetto da Norcia abbia fondato la vicina abbazia di Montesanto, di fronte a Civitella del Tronto; il Santo di Assisi, oltre a essere presente nel luogo che diventerà l’eremo di San Francesco alle Scalelle, lungo le Gole del Salinello, avrebbe scelto il sito del convento di San Lorenzo, sotto la rupe di travertino; Gerolamo Masci di Lisciano (primo papa francescano, con il nome di Niccolò IV) sarebbe vissuto per un breve periodo nel convento di San Lorenzo in Carpineto (Sancti Laurentii de Carpeneta).

Chiesa-eremo di San Marco. Il locale inferiore

I primi ad essere attestati in zona furono i Benedettini, seguaci della Regola che prevedeva per i monaci una vita di lavoro e di preghiera e la pratica della lectio divina. Quest’ultima è la lettura riflessiva e l’ascolto orante – da soli o in gruppo – di un passo della Bibbia, accolta come Parola di Dio. Secondo le regole monastiche dei santi Pacomio, Agostino d’Ippona, Basilio di Cesarea e, appunto, Benedetto da Norcia, la pratica della lectio divina è, con il lavoro manuale e la partecipazione alla vita liturgica, uno dei pilastri della vita monastica.
I due siti più importanti del versante ascolano sono il convento di San Lorenzo e la chiesa-eremo di San Marco. Il primo, situato nel bosco sotto l’alta rupe travertinosa, comprendeva, oltre all’edificio conventuale, ormai in rovina, anche una singolare struttura, conosciuta come Grotta del Beato Corrado, una piccola caverna scavata nella roccia viva, dove si sarebbe ritirato, alla fine della sua vita, il futuro Beato Corrado Miliani. Il secondo, conosciuto da tutti gli ascolani e ben visibile dalla città, è una caverna naturale, su due livelli, tamponata da una parete di conci di pietra addossata alla parete rocciosa, che fa sembrare la struttura come sospesa nel vuoto.

Ruderi del convento di San Lorenzo. Ingresso al luogo di culto della chiesa

Il monastero di San Lorenzo “nacque” nei secoli V e VI, sotto il magistero del vescovo di origini longobarde Auclere, e rientra nel disegno di evangelizzazione delle aree non ancora investite dal nuovo credo. Era un monastero benedettino dipendente da quello, più importante, di Sant’Angelo in Volturino, sul versante opposto della montagna. A metà del XIII secolo, già abbandonato dai benedettini, diventò francescano: come già ricordato, la tradizione vuole che il luogo sia stato scelto personalmente dal santo d’Assisi.
San Marco è invece un chiesa-eremo abitata da monaci che seguivano la Regola cistercense; la sua fondazione risale al sec. XIII. Dopo alterne vicende, diventò la chiesa parrocchiale del vicino borgo delle Piagge ma venne abbandonato alla fine del Quattrocento. Ai locali dell’eremo si accede grazie a un ponte di pietra ottocentesco e una ripida scala, anch’essa di pietra, che ha sostituito i gradini scavati nella roccia nuda, tuttora visibili. È stato oggetto di un recente restauro che ha messo in sicurezza la struttura, ripulendola, nel contempo, dalle “opere d’arte” di ignoti graffitari.
Dell’eremo e delle sue vicende hanno scritto diversi storici locali, a partire dal ‘600: l’Andreantonelli, poi Marcucci, Pastori, Giulio Gabrielli, Fabiani, Giorgi e, infine, Secondo Balena e Antonio Rodilossi. L’ultima opera sull’eremo l’abbiamo scritta noi, autori di questo articolo. Abbiamo cercato una sintesi che fosse, al contempo, fedele agli scritti precedenti e nuova, provando a leggere l’ambiente, oltre che dal punto di vista storico-culturale, anche secondo una prospettiva naturalistica. Speriamo di essere riusciti nell’intento e di aver creato nuovo interesse verso questa straordinaria emergenza monumentale.

La grotta del Beato Corrado

Tomba ad arcosolio del Tibaldeschi (a sinistra, il monumento restaurato)

La città di Ascoli vista dall’eremo. Sullo sfondo il Monte dell’Ascensione

La bassa valle del Tronto dal convento di San Lorenzo in Carpineto


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