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Il giudice su Bianconi:
«Condotta gravemente infedele
verso Banca Marche»

ANCONA - Sono state rese pubbliche le motivazioni della sentenza che ha visto condannare l'ex dg a tre anni per il reato di corruzione tra privati. Divideva l'accusa con due imprenditori: Vittorio Casale, assolto, e Davide Degennaro, a cui il collegio ha inflitto una pena di due anni. Al centro del dibattimento, una serie di presunti scambi di favori tra i tre. In 164 pagine, il giudice Spinosa ricostruisce gli iter brevissimi per l'erogazione di prestiti milionari e quello che viene definito un "accordo corruttivo di infedeltà" nei confronti di Bm
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Massimo Bianconi

 

Massimo Bianconi ha tenuto “una condotta gravemente infedele, avallando e privilegiando pratiche di finanziamento totalmente imprudenti per la banca” che gestiva. Ovvero, Banca Marche. È uno degli affondi verso l’ex numero uno dell’istituto di credito contenuto all’interno delle 164 pagine  che presentano le motivazioni della sentenza legata al processo terminato lo scorso 24 gennaio. Quello che ha decretato la condanna per l’ex dg a tre anni di reclusione (in riferimento a un solo capo di imputazione). Un anno in meno era stato inflitto all’imprenditore barese Davide Degennaro. Assoluzione per Vittorio Casale. I tre erano finiti sul banco degli imputati con l’accusa di corruzione tra privati per una serie di presunti scambi di favori legati – dice l’accusa – alla compravendita di un immobile di via Archimede, ai Parioli di Roma, e aperture di credito facili da parte di Banca Marche. Dopo tre mesi di attesa, le motivazioni del verdetto, scritte dal presidente del tribunale Giovanni Spinosa, sono state rese note. Vengono ripercorsi i rapporti tra i tre manager, facendo sopratutto emergere le modalità di concessione dei crediti da parte dell’istituto bancario e, in alcuni casi, “la assoluta brevità di iter tra la proposta e la approvazione” dei finanziamenti. Per il filone Degennaro e le linee aperte verso le sue società (la procura contestava un vantaggio per l’imprenditore di circa 10 milioni di euro), il giudice scrive come “la proposta di finanziamento da parte di Bianconi alla Italfinance (riconducibile a Degennaro, ndr) sia avvenuta in spregio ai doveri dell’ufficio di Direttore Generale”. Inoltre, la proposta sarebbe stata fatta “pur in presenza di ragioni di criticità finanziaria del gruppo senza che fossero effettuati prudenziali accertamenti sul merito creditizio”. Ciò, dice la sentenza, sarebbe stato fatto solo “al fine di fornire al gruppo Degennaro la liquidità necessaria” per un’operazione che avrebbe garantito a Bianconi un passaggio di denaro nelle sua mani, “con ciò accettando pienamente e concretamente il rischio del nocumento alla banca”.

Da destra, Massimo Bianconi, il difensore Renato Borzone e Davide Degennaro (foto d’archivio)

Per quanto riguarda la parte relativa a Casale,  il giudice, “pur essendo stato accertato che l’erogazione dei finanziamenti in favore del gruppo Casale risulti l’effetto di un accordo corruttivo di infedeltà, presupposto dal pesante conflitto di interessi in cui si trovava Bianconi”, non risultano elementi probatori per ritenere che le aperture di credito contestate dalla procura siano “l’effetto o la conseguenza dell’accordo corruttivo”. Concludendo, la sentenza sottolinea come “è manifesta la violazione da parte di Bianconi del principio di lealtà, immanente al ruolo di Direttore Generale in seno alla banca. Egli, in un evidente abuso dei poteri esercitati, informati e sviati al primario interesse personale, in chiaro conflitto con quello della banca, poneva in essere una condotta gravemente infedele avallando e privilegiando pratiche di finanziamento totalmente imprudenti per la banca ed accettando così il rischio del grave nocumento della medesima, pur di raggiungere il profitto personale”. Per il giudice, durante il dibattimento, sono stati provati, tra le varie questioni: “la superficialità dell’iter istruttorio e le significative anomalie delle pratiche di finanziamento che depongono per una gestione quantomeno disinvolta ed allegra nell’erogazione del credito”; “il contestuale e continuativo intreccio da parte di Bianconi di rapporti finanziari e commerciali con i clienti della banca”, “il contestuale confluire del denaro erogato dalla Banca delle Marche a Bianconi”, “il gravissimo nocumento patrimoniale e non patrimoniale per la banca, che non solo non è rientrata dai finanziamenti erogati per decine di milioni di euro, contribuendo a determinare il suo stato di decozione, ma è stata pesantemente e definitivamente pregiudicata nella immagine e reputazione sul mercato”.

 

 

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