L’automobilista maramaldo di solito è quello che, furbo come una lince, si guarda prima intorno, attende se necessario, poi svolta guardingo sperando di farla franca. Poi c’è quello più sfrontato che gira con nonchalance guardando dritto all’obiettivo: la fine della via. Per non parlare di quello deciso tendente all’aggressivo, che suona il clacson a mo’ di sirena come a dire “scansatevi”. Infine coloro, i migliori, che quasi restano incastrati nella manovra ma non mollano, a costo di portarsi via un pezzo di muro.
Tutto bello, tutto interessante. Peccato che in tutti i casi menzionati ci sia un piccolo problema: il controsenso. E quello che accade decine di volte al dì in rua Sant’Antonio, nel quartiere della Piazzarola, è solo un esempio di ciò che succede in tutto il centro storico, quasi sempre in zone a traffico limitato. Qualcuno, per discolparsi, lamenta le distanze “siderali” da percorrere seguendo la segnaletica normale (nel caso specifico: due minuti di orologio per allungare salendo da via Saccoccia e riscendendo da via Pacifici Mazzoni e giungere all’agognato Lungo Castellano), altri lo fanno e basta, incuranti del pericolo che si potrebbe creare in caso di incidente con pedoni/automobilisti/ciclisti, altri fingono di non sapere e basta.
Come già detto, non si tratta dell’unico caso. A pochi metri, stesso refrain anche in via della Piazzarola. Restando in centro, gli esempi non si contano più, dalle zone vicino alla “giungla” di Corso Mazzini fino a via Torricella, ma comunque c’è sempre un colpevole: la segnaletica sbagliata, il piano traffico, il Comune, i nazisti, l’uomo delle nevi, la congiunzione dei pianeti, la crisi economica, il governo. Un po’ quello che succede con i rifiuti (abbandonati in ogni dove) e, in generale, con decine di altri aspetti dell’italico vivere: nessuno disposto ad ammettere le proprie colpe, ma sempre pronto a scaricarle su qualcun altro. Come in ogni paese “civile” che si rispetti.
Lu. Ca.
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