La Ocma (foto Vagnoni)
di Claudio Felicetti
Il titolare dell’Ocma, Francesco Costantini, è stato condannato a una pena di 8 mesi di arresto e al pagamento di 18.000 euro di ammenda per il reato continuato di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti ed emissioni nocive in atmosfera. La sentenza, emessa venerdì 1 giugno dal giudice onorario del Tribunale di Ascoli Barbara Pomponi, è stata accolta con soddisfazione dal comitato “Aria Pulita” di Villa Sant’Antonio-Castel di Lama, che da anni si batte con tutte le forze contro ogni forma di inquinamento che possa mettere a rischio la salute dei cittadini del popoloso centro della Vallata.
Come noto, il comitato “Aria Pulita”, raccogliendo le preoccupazioni e le energiche proteste dei residenti, si era attivato nella denuncia e nel reperimento delle prove. A tal proposito, alcuni suoi componenti erano stati ascoltati in qualità di testimoni nel processo penale. Tuttavia, al di là dell’esito del processo, rimane molto alta la preoccupazione dei residenti per l’enorme quantità di polveri tossiche ancora presenti nei capannoni Ocma, ben 38.000 tonnellate, che costituiscono un grave e permanente pericolo per la popolazione. Un quantitativo immenso che, ad oggi, risulta ancora intatto all’interno dell’ex fabbrica.
«Ricordiamo che nel 2010 all’interno della Ocma furono sequestrate 1.500 tonnellate di rifiuti che dovevano essere smaltiti immediatamente. -sostengono i componenti del Comitato- Ma il sindaco di Ascoli Guido Castelli concesse all’azienda una lunga serie di proroghe, alcune delle quali illegittime, finché la ditta fallì e la montagna di rifiuti rimase in bella mostra all’aria aperta, costituendo un pericolo gravissimo per la salute dei residenti».
Nel 2014, anno del fallimento della Ocma, le polveri erano arrivate a ben 38.000 tonnellate. Vale la pena riportare alcune conclusioni della dettagliata perizia stilata il 26 maggio 2016 dai chimici Sara Pettinari e Francesco Fortuna per il Tribunale di Fermo dopo alcuni sopralluoghi e prelievi di rifiuti.
«In base a quanto sopra esposto -scrivono i due esperti-, date le caratteristiche di pericolo già attribuite nel 2013 alle scorie saline, alle polveri di abbattimento fumi e alle polveri e particolato derivanti dalle lavorazioni al mulino a pale (che costituiscono la parte preponderante di tutti i rifiuti presenti all’Ocma), catalogate come H6 (sostanze e preparati che, per inalazione, ingestione o penetrazione cutanea, possono comportare rischi per la salute gravi, acuti o cronici e anche la morte) e come H12 (sostanze e preparati che, a contatto con l’acqua, l’aria o un acido, sprigionano un gas tossico o molto tossico), si rende necessaria una nuova campionatura al fine di attribuire le caratteristiche di pericolo in accordo con il Regolamento Ue 1357 del 2014».
Tanti gli interrogativi che il comitato pone a enti e organi di controllo, alla luce anche della sentenza odierna: «Come è stato possibile che l’Ocma abbia continuato indisturbata a produrre e accumulare polveri tossiche in un quantitativo che appare inverosimile? Cosa hanno fatto gli organi di controllo? Dobbiamo credere che durante i sopralluoghi effettuati non si siano accorti della presenza di 38.000 tonnellate di rifiuti in bella vista? Ci risulta che alcuni mesi fa la Ocma è stata venduta a una ditta croata, ma non risulta che la montagna di schifezze di ogni genere sia stata rimossa e smaltita secondo legge. Chi controlla lo smaltimento? Cosa stanno facendo ora i croati nei capannoni? Possiamo sperare che qualcuno degli organi preposti ai controlli, tra cui Arpam, Provincia e Comune, vigili sulla rimozione dell’enorme cumulo di veleni oppure, nell’indifferenza generale, così come sono stati accumulati saranno smaltiti chissà come e chissà dove?».
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