Un nuovo progetto di trivellazione di un pozzo per l’estrazione di idrocarburi starebbe per vedere la luce a 14 miglia dal litorale di San Benedetto e Martinsicuro. Una notizie che ha subito messo in allarme chi contro questo genere di iniziative si batte da una vita, vale a dire il comitato “No trivelle nel Piceno” e l’associazione “Ambiente e Salute nel Piceno”. «E’ stato presentato dall’Eni nelle scorse settimane al Ministero dell’Ambiente per ottenere la Valutazione di Impatto Ambientale. Questo nuovo pozzo avrà una profondità di 1.181 metri dal fondale marino, che in quel punto è a 85 metri dalla superficie, ma la lunghezza del pozzo sarà di 3.462 metri in quanto la trivellazione avrà un orientamento obliquo; il tempo stimato per la perforazione è di 3 mesi, la fase di estrazione, invece, avrà una durata di 6 anni. -spiegano in una nota- Noi siamo fortemente contrari a tale progetto in quanto pensiamo che sia sbagliato continuare a investire sulle fonti fossili, universalmente riconosciute come le responsabili del surriscaldamento globale che tanti disastri sta provocando in tutto il pianeta con fenomeni meteorologici estremi sempre più violenti, ed anche perché questo va contro gli impegni che il nostro paese ha preso nella Conferenza Internazionale sul clima di Parigi, dove al termine della conferenza stessa, l’Italia, insieme alle altre 195 nazioni del mondo, ha sottoscritto un accordo per contenere ad 1,5 gradi il riscaldamento globale, riducendo, già dal 2018, l’utilizzo dei gas fossili a favore delle energie rinnovabili».
«Quindi no allo sviluppo di nuovi impianti di fonti fossili, a maggior ragione nel Mare Adriatico, sappiamo bene quanto questo mare chiuso sia sofferente per il forte sviluppo antropico sulle coste, per l’inquinamento dalla plastica, per lo sfruttamento alla ricerca di idrocarburi, per lo sforzo di pesca sempre più intensivo, tutto questo non lo diciamo solo noi ma è scritto nero su bianco nel rapporto sullo stato dei mari europei dell’Agenzia Europea per l’Ambiente. -continuano i rappresentanti dei due organismi- Sappiamo bene che le trivellazioni rappresentano sempre un rischio per il territorio, ma in mare tale rischio si amplifica e lo sanno bene anche i proponenti, infatti nel loro progetto scrivono che durante le operazioni di scavo si avranno impatti in atmosfera per gli scarichi dei potenti motori dei generatori, impatti sull’ambiente idrico dovuti a scarichi in mare e alle interazioni con i fondali e per il rilascio di metalli; impatti sul clima acustico, soprattutto quelli generati dai mezzi di supporto».
«Ma l’impatto che preoccupa di più il settore ittico, in crisi di pescato, è quello di emissioni di rumore e vibrazioni per mezzo acqua, che vanno a colpire direttamente la fauna marina, sempre meno presente nel nostro mare. -concludono- Va da sé che operazioni complesse come le trivellazioni in mare presentano reali rischi di incidenti come l’esplosione del pozzo, oppure la fuoriuscita dei liquidi di perforazione, leggiamo dai loro documenti che per questo progetto ne verranno utilizzati 2.469.000 litri, sono liquidi che se dispersi in mare, anche in parte, provocano gravi inquinamenti e morie delle specie ittiche, in quanto contengono prodotti chimici e metalli. Ci chiediamo, perché mettere a rischio un territorio come la costa marchigiana- abruzzese quando nell’ultimo decennio il consumo del gas in Italia è diminuito del 13%?. I nostri territori costieri vivono di turismo e pesca, dopo anni e anni di sacrifici degli operatori e di tanti addetti, oggi possiamo vantare 16 bandiere blu nelle Marche e 9 in Abruzzo che attirano centinaia di migliaia di turisti all’anno, come è possibile pensare di mettere a rischio questa attività incrementando le trivellazioni e l’estrazione di gas? Di questo viviamo e di questo vogliamo continuare a vivere, ma per farlo dobbiamo difendere l’ambiente ed il mare. Noi stiamo unendo le forze per farlo».
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