Ponte sul Tesino ammalorato
e lo spettro della tragedia di Genova
«In un anno non è stato fatto nulla» (Foto)

GROTTAMMARE - La denuncia è di Lorenzo Vesperini, capogruppo dell’opposizione e autore dell’esposto che ne determinò la chiusura dal 20 aprile al 29 giugno 2017. La riapertura era stata autorizzata in via temporanea e condizionata a controlli e interventi di manutenzione
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di Maria Nerina Galiè

Adesso i ponti fanno paura. Senza voler creare allarmismi, e ancor meno dare adito a strumentalizzazioni politiche, laddove ci sono delle criticità presunte o dichiarate nessuno può permettersi di chiudere gli occhi. Quanto accaduto al Ponte Morandi di Genova, dopo il 14 agosto, ha ridestato l’attenzione su situazioni locali. Preoccupazione, controlli e ipotesi di chiusura riguardano ponti e viadotti  un po’ in tutta Italia. Il Ponte Tesino, che collega i centri abitati delle zone nord e sud di Grottammare, ne era stato protagonista già lo scorso anno e la sua storia è ancora più che mai attuale. Chiuso per due mesi a seguito di un esposto di Lorenzo Vesperini (adesso come allora consigliere comunale e capogruppo dell’opposizione), oggetto di una perizia che evidenziava diverse criticità, è stato riaperto per arginare i notevoli disagi arrecati al traffico cittadino. In una  relazione del tecnico incaricato per le verifiche veniva imposta la limitazione al transito dei mezzi pesanti e precisata la temporaneità della riapertura, condizionata ad una serie di controlli ed interventi di manutenzione a breve e medio termine, “in assenza dei quali la sicurezza al transito non potrà essere garantita”.

«In un anno, non è stato fatto nulla di quanto richiesto e adesso la situazione è peggio di prima perché lo stato di degrado avanza» tuona Vesperini che ripercorre l’iter dal 20 agosto 2017, quando a seguito del suo interessamento, è stata presa la più impopolare delle decisioni: la chiusura del ponte. A ridosso della stagione estiva era stato vietato il transito in un tratto di lungomare fondamentale per decongestionare il traffico e servire le attività ricettive che si trovano lungo il percorso interdetto. Il viadotto è stato riaperto il 29 giugno dello stesso anno.

«Oltre ad un visibile stato di degrado del ponte segnalatomi dai numerosi cittadini – racconta il capogruppo – mi aveva allarmato il ritrovamento di un documento del 1982 secondo il quale in vent’anni il manufatto non era mia stato oggetto di nessun tipo di controllo né opera manutentiva». Da qui l’esposto del 20 aprile 2017. Il consigliere chiedeva un intervento immediato delle autorità competenti in materia di sicurezza. La denuncia non è caduta nel vuoto ed il sindaco Enrico Piergallini ha chiamato i vigili del fuoco che, lo stesso giorno, hanno relazionato di “uno stato molto diffuso di ammaloramento con cospicui distacchi del calcestruzzo copri ferro”, e della necessità di disporre di “un sopralluogo tecnico urgente atto ad accertare il reale stato del fenomeno”. Il ponte è stato chiuso in attesa dell’esito delle verifiche affidate ad un tecnico esterno, l’ingegner Alessandro Vittorini Orgeas, «e non al genio civile regionale come prassi avrebbe voluto – sottolinea Vesperini – e la cui spesa, 25-30mila euro, non sarebbe stata a carico del Comune».

E ben 120.000 euro totali si sono resi necessari e solo per affrontare lo studio delle condizioni del ponte e per porre in atto alcune opere indispensabili per una immediata riapertura, avvenuta il 29 giugno 2017. Sono stati richiesti il monitoraggio elettronico ed “il controllo visivo delle strutture di appoggio e fondazione con cadenza almeno settimanale (…) al fine di accertare l’insorgenza di lesioni e/o segni di cedimenti strutturali, in attesa della ispezione sui pali di fondazione da fare nel più breve tempo possibile”. Nel frattempo l’ingegnere sollecitava “la regimazione delle acque meteoriche con interventi carattere definitivo”. E sosteneva: “Dovranno essere sottoposte a manutenzione e ripristino tutti i ferri di armatura scoperti, con integrazioni delle parti mancanti e riprofilature della parti in cemento armato. Dovranno essere adeguatamente ispezionati, riparati o addirittura sostituiti gli apparecchi di appoggio in lamiera di acciaio. Dovranno essere oggetto di adeguata manutenzione i parapetti laterali”. Vittorini invitava a prestare particolare attenzione ai “pali di fondazione che, se si rivelassero precari, l’intervento di manutenzione e ripristino potrebbe addirittura essere antieconomico rispetto ad una edificazione ex novo del’intero ponte”. La perizia si concludeva così: “Lo spirito della riapertura del ponte al transito è quello di poter consentire un utilizzo immediato dello stesso in modo da superare prima possibile la criticità del traffico veicolare che si era venuta a creare nell’intero tratto di riviera, dando modo all’Amministrazione comunale di poter pianificare la fine delle indagini e gli interventi necessari in un tempo consono anche se non indeterminato”.

Il ponte è stato riaperto dunque ma intanto declassato da prima a seconda categoria. Conseguenza: l’interdizione ai  mezzi oltre le 3,5 tonnellate di peso ed alti più di 2,80 metri come ben dovrebbero ricordare barriere e dissuasori posti alle estremità del manufatto. «Molti dei pannelli che delimitano l’altezza sono caduti – fa notare ancora Vesperini – e adesso possono passare tutti senza alcun controllo». In più si è reso necessario ridurre le sollecitazioni e bilanciare diversamente i carichi, chiudendo il marciapiede ovest al transito pedonale e separando la pista ciclabile dalla carrabile con l’istallazione del new jersey.

Ora il servizio urbano sul ponte è stato ripristinato solo in ragione di un progetto sperimentale – perfezionato due giorni fa tra Comune e Start – che prevede l’utilizzo di mezzi della portata massima di trenta persone, in funzione dal 6 al 31 agosto. Poi se ne riparlerà la prossima estate.

Il dissuasore privo di alcuni pannelli

I new jersey per incanalare il transito anche pedonale in modo da bilanciare i carichi

 

 


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