di Luca Capponi
(foto e video di Andrea Vagnoni)
Il Boccaccio di Solenghi e la “Roma spogliata” di Barbarossa per chiudere in bellezza “AgriCultura“. Il green festival che per tre giorni ha radunato a Villa Pigna di Folignano migliaia di persone ha confermato quanto di buono fatto vedere l’anno scorso, ai tempi della prima edizione; organizzazione certosina, attenzione sempre viva a tematiche ecologiche e una proposta di qualità pronta a svariare tra convegni, mostre, libri, arte di strada, enogastronomia, degustazioni e big del panorama nazionale. Il tutto a fruizione completamente gratuita, grazie in primis all’impegno di Comune, Regione, Provincia, Camera di Commercio e Pro Loco.
Luca Barbarossa sul palco di “AgriCultura”
L’epilogo di domenica sera 9 settembre è stato simbolico in tal senso, arricchito da un’atmosfera “giusta” che ha fatto impennare il gradimento del pubblico, presente soprattutto nella gremita zona di piazza Bolivar. Lì, a pochi metri di distanza, sono andati in scena prima lo spettacolo “Decameron, un racconto italiano in tempo di peste” con Tullio Solenghi, poi il concerto evento di Luca Barbarossa, incentrato sull’ultimo interessantissimo album “Roma è de tutti”, tutto cantato in romanesco.
L’ex membro del mitico trio con Massimo Lopez e Anna Marchesini, da vero anfitrione, ha condotto il pubblico all’interno delle novelle del poeta e scrittore toscano, con sempiterni personaggi quali Chichibio, Peronella o Federico degli Alberighi, sempre alla prese con lo stile ficcante del Boccaccio. Un vero fuoriclasse del palcoscenico Solenghi, sempre sul pezzo con classe, persino quando deve “tirare le orecchie” a chi anziché godersi la recita si intrattiene telefonicamente nelle prime file della platea.
Tullio Solenghi nel “Decamerone”
Impostazione simile per lo show live del cantante di “Yuppies“, che come noto ama molto interagire e raccontare, con la simpatia che gli è riconosciuta, aneddoti e storie di una carriera iniziata da giovanissimo, all’inizio degli anni ’80. Nella prima parte del concerto Barbarossa ha dato spazio ai pezzi dell’ultimo disco (con l’inedito “Via da Roma” scritto nel 1982 insieme al mito Luigi Magni, il regista di capolavori come “In nome del Papa Re” e “Nell’anno del Signore”), prima di passare ai classici del suo repertorio, dalle sempre toccanti “L’amore rubato” e “Portami a ballare” (con cui vinse Sanremo nel 1992) fino a “Le cose da salvare”, “Ali di cartone”, “Via Margutta” e “Al di là del muro”. Non poteva mancare neanche la sua prima hit, quella “Roma spogliata” che gli spalancò le porte della notorietà. «Ricordo che in qualità di vincitore dell’edizione precedente, il Festival di Castrocaro mi chiamò a consegnare il premio l’anno successivo. -ha raccontato sorridendo Barbarossa- Venni avvicinato da un giovane Eros Ramazzotti che mi chiese “Ma come si fa ad avere successo?”. Ebbene, sono 40 anni che cerco di ricordarmi cosa gli ho risposto».
Le due ore di musica, chiuse con “Passame er sale”, pezzo presentato all’ultimo Festival di Sanremo, hanno dunque chiuso il sipario su “AgriCultura 2018” e su una carrellata di ospiti che ha visto di scena anche Moni Ovadia, Diodato, Enrico Capuano, Tony Esposito e Marco Papa. C’è da scommettere che con qualche ulteriore miglioria tale iniziativa possa diventare, in futuro, un punto fermo della stagione culturale picena.
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